In calo in Africa gli investimenti nei “minerali critici” - Nigrizia
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L’Agenzia internazionale per l’energia e la Banca africana di sviluppo lanciano un piano per aumentare i finanziamenti
In calo in Africa gli investimenti nei “minerali critici”
Nonostante la crescita globale della richiesta di minerali rari di cui è ricca l'Africa, nel continente gli investimenti in questo settore sono scesi da 1,5 miliardi di dollari nel 2012 a 470 milioni nel 2022
20 Settembre 2023
Articolo di Antonella Sinopoli
Tempo di lettura 4 minuti

Il continente africano è una delle regioni al mondo più ricche di minerali. E di quei minerali, cosiddetti “critici”, indispensabili per la tecnologia di cui ci avvantaggiamo tutti i giorni.

Eppure gli investimenti in questo settore sono scesi da 1,5 miliardi di dollari nel 2012 ai 470 milioni di dollari nel 2022 (dati dell’Agenzia internazionale per l’energia – IEA).

Tutto questo mentre si cerca di guardare ad un futuro più sostenibile, ad esempio spingendo verso le auto elettriche. Anche se, non dobbiamo dimenticarlo, su questo fronte esistono opinioni alquanto discordanti.

Da una parte c’è chi sottolinea l’impatto ambientale assolutamente negativo di questi veicoli, soprattutto per la questione dello smaltimento delle batterie, costituite da materiale come litio, cobalto e nichel; dall’altro – e sono naturalmente le grandi istituzioni che rappresentano le grosse imprese – c’è invece chi cerca di fornire risposte rassicuranti ai cittadini.

Comunque sia, se la quota globale di investimenti in tale tipo di produzioni, e dunque di utilizzo di certi minerali, sta crescendo, la quota dell’Africa nella catena di fornitura è scesa all’8%.

Ha lo scopo dunque di delineare nuove soluzioni di coinvolgimento in tal senso, il nuovo rapporto dell’IEA e della Banca africana di sviluppo (AfDB), il Financing clean energy in Africa. World energy outlook special report.

Il lavoro, lanciato durante l’Africa Climate Summit a Nairobi, si propone come un piano d’azione per migliorare l’accesso al capitale e ai finanziamenti per l’energia pulita nel continente.

Sebbene l’Africa rappresenti un quinto della popolazione mondiale, la regione attualmente attrae solo il 3% degli investimenti energetici globali.

Entro il 2030 – si legge nel rapporto – gli investimenti energetici dovranno raddoppiare fino a superare i 200 miliardi di dollari l’anno, affinché i paesi africani possano raggiungere gli obiettivi di sviluppo legati all’energia, compreso l’accesso universale all’energia moderna, rispettando al tempo stesso i loro contributi determinati a livello nazionale.

Ma oltre agli investimenti per sfruttare un’economia che andrebbe principalmente a vantaggio di tutti quei paesi al mondo che producono più inquinamento di tutti, bisogna pensare alla situazione energetica dell’Africa. Quella che ricade sulla vita quotidiana dei cittadini.

Il continente rimane, da questo punto di vista, il più povero al mondo visto che rappresenta solo il 6% del consumo energetico globale. E così, mentre si parla di auto non inquinanti e di sostenibilità ambientale, la “semplice” domanda di energia elettrica in Africa rimane inevasa.

Nonostante innegabili progressi nell’ultimo decennio, oggi, quasi 600 milioni di africani non hanno accesso all’elettricità, e circa un miliardo non ha accesso all’energia pulita per cucinare.

Per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile – così spesso disattesi – l’Africa deve collegare all’elettricità 90 milioni di persone ogni anno per i prossimi otto anni e sottrarre ogni anno 130 milioni di persone ai combustibili dannosi e inquinanti usati per cucinare.

In termini di denaro significa un investimento di oltre 20 miliardi di dollari all’anno per le infrastrutture per l’energia elettrica e 2,5 miliardi di dollari per la seconda criticità.

Una spesa equivalente – suggerisce il report – all’investimento necessario per costruire un nuovo terminale GNL (gas naturale liquido) all’anno.

Dunque sarebbe il caso – si sottolinea – di sfruttare l’enorme potenziale delle fonti energetiche rinnovabili. Quello che si propone, in sostanza, è un vero e proprio salto. Un po’ come è accaduto per cellulari e smartphone che sono subentrati sul mercato prima che gli africani avessero il telefono fisso in casa.

La questione – che si presume sarà alquanto dibattuta – è che per fare questo leap si insiste sul ruolo della comunità internazionale, chiamata a incrementare gli investimenti nell’energia pulita in Africa.

E dunque si parla della necessità di finanziamenti agevolati – o finanziamenti da parte di istituzioni finanziarie e donatori per lo sviluppo – che facciano da catalizzatore a tale tipo di programma economico.

Lo studio rileva che per mobilitare 90 miliardi di dollari di investimenti nel settore privato entro il 2030 è necessario un capitale agevolato di circa 28 miliardi di dollari all’anno, un aumento di oltre dieci volte rispetto a oggi.

Un appunto anche alle istituzioni finanziarie locali che dovrebbero triplicarsi entro la fine del decennio.

Per aprire la strada a maggiori investimenti, suggerisce l’IEA, i governi africani dovrebbero, dal canto loro, effettuare indagini geologiche più dettagliate sulle loro risorse, rafforzare il controllo sugli abusi ambientali e sul rispetto dei diritti umani nelle miniere e in generale avere un focus specifico sui “fattori ESG” dove E sta environmental (ambiente), S per social (gli individui) e G per governance (in questo senso intesa come la possibilità di fare profitto senza rischi).

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