
Fu negli anni Novanta del secolo scorso che nei paesi africani vennero avviate una serie di riforme. Obiettivo: evitare una situazione di potere troppo concentrato nelle mani degli esecutivi. Andavano in questo senso i limiti di mandato. Disattesi, scavalcati o aggirati nel corso degli anni a venire.
Sono 8 i paesi africani dove il presidente non ha alcun limite di mandato, in parole povere può continuare ad essere rieletto e magari restare al potere a vita. In 2 di questi (Gambia e Libia) si sta lavorando a un progetto di riforma costituzionale che dovrà prevedere l’introduzione del limite di due mandati.
A proposito di Costituzione, è proprio questo lo strumento che negli anni ha reso possibile a molti leader la rielezione (spesso scontata a suon di pressioni e di imposizioni). Uno strumento più volte rimodellato per inserire nuove norme o cancellare quelle esistenti.
La tendenza ad aggirare i limiti dei mandati in Africa è cosa ormai nota, e da qualche tempo si è cominciato ad analizzare le profonde conseguenze che tale comportamento ha per la governance, la sicurezza e lo sviluppo del continente.
Dunque, a quegli 8 paesi se ne aggiungono molti altri i cui leader hanno trovato il modo legale, e approvato dalla maggioranza, di ricandidarsi. Solo 7 i casi dove il tentativo di restare al potere modificando la carta costituzionale non è andato a buon fine. Si tratta di Zambia, Malawi, Nigeria, Niger, Senegal, Burkina Faso e Benin.

Operazione riuscita, invece, in 14 paesi. A scorrere la lista sono proprio quelli dove la democrazia è costantemente a rischio o una forma di governo dichiarata ma non applicata nei fatti. L’analisi del Centro di studi strategici dell’Africa (Africa center for strategic studies) sottolinea che già dal 2015 si è diffusa in molti paesi la tendenza a utilizzare la Costituzione per favorire la perpetuazione del potere.
Nonostante ciò, ci sono molte eccezioni e paesi come Benin, Liberia, Mauritania, Senegal e anche le Seychelles hanno, al contrario, rinforzato la normativa sui limiti del mandato. Sono 21 in totale i paesi che continuano a rispettare questi limiti.
Un dato interessante è che mentre il Corno d’Africa e il Nord Africa (vedi Algeria, Egitto, Marocco) mostrano carenza nell’applicazione di un importante principio democratico come, appunto, il limite di mandato, i paesi dell’Africa meridionale e orientale mostrano maggiore aderenza agli standard democratici.
Evitare qualsiasi rinnovamento è l’obiettivo di quei leader che negli anni hanno dominato la scena politica del proprio paese, creando di fatto delle vere e proprie dinastie che da decenni concentrano su di sé ogni decisione, ma anche costruendo degli imperi economici per sé e per il proprio entourage familiare.
Parliamo del Gabon e del Togo dove “regnano” da 53 anni nel primo la dinastia Bongo, nel secondo la dinastia Gnassingbé. Faure Gnassingbé potrebbe ripresentarsi anche per un quinto mandato, nel 2025. C’è poi la Guinea Equatoriale con Teodoro Obiang Nguema, presidente dal 1979 quando, paradosso, abbatté il regime dittatoriale dello zio con un colpo di stato militare.
Questo piccolo paese dell’Africa centrale, ex colonia spagnola, ottenne l’indipendenza nel 1968, ma dal 1972 cominciò una dittatura che di fatto non è mai finita. Citiamo anche il Camerun, con Paul Biya presidente da 38 anni (uno dei casi di riforma – 2008 – per permettergli la ricandidatura). E ancora i casi di eSwatini con il re Mswati III regnante da 34 anni, come 34 anni sono quelli al potere di Yoweri Museveni in Uganda.
In questo caso si è ricorsi a una riforma costituzionale nel 2005 per eliminare il limite dei mandati e nel 2017 per eliminare il limite di età. E ancora il Ciad, con Idriss Déby, 30 anni al potere e che potrà ripresentarsi per il sesto mandato nel 2021 e per il settimo nel 2027. Oltretutto, in questo paese una nuova Costituzione ha anche allungato il periodo di mandato presidenziale, da 5 a 6 anni.

Situazione poco democratica anche in Eritrea con un presidente, Isaias Afwerki, in carica dal 1993, primo e da allora unico presidente del paese. In questo caso – chissà perché non accade per altri – pochi testi, stampa o commentatori hanno dubbi a definirlo un dittatore.
Da “soli” 23 anni, invece, è presidente della Repubblica del Congo Denis Sassou-Nguesso. Qui la nuova Costituzione del 2015 ha eliminato il limite di età, ridotto il mandato da 7 a 5 anni e aumentato la limitazione del mandato a tre.
Nella lista dei presidenti con lunga presenza ci sono anche il Gibuti e il Marocco i cui presidente, Ismail Omar Guelleh e il re Mohammed VI sono in carica da 21 anni. Chiude Paul Kagame, presidente del Rwanda da 20 anni. Anche qui, nel 2015, un controverso referendum ha permesso a Kagame di candidarsi per un terzo mandato di 7 anni, dopodiché potrà candidarsi per altri due mandati di 5 anni. In questo modo potrebbe potenzialmente rimanere al potere fino al 2034.
I leader dei paesi con limiti di mandato sono al potere in media da 4 anni. Coloro che invece hanno modificato o eliminato questi limiti sono al potere, in media, da 10 anni. Tra i leader che si avviano a “sforare” i termini ci sono Alassane Ouattara in Costa d’Avorio e Alpha Condé in Guinea.
Ouattara, con l’adozione della nuova Costituzione del 2016 si è candidato per il terzo mandato nelle elezioni del prossimo ottobre (provocando l’invito al boicottaggio da parte delle opposizioni) e in teoria potrebbe anche cercare il quarto mandato nel 2025. Condé, grazie all’adozione di una nuova Costituzione, derivata da un controverso referendum di quest’anno, può candidarsi per un terzo mandato e in teoria un quarto nel 2026.
Vanno anche considerati quei casi in cui i leader sembrano mettersi da parte (o vengono estromessi) ma poi di fatto continuano ad esercitare il potere dietro le quinte. Secondo l’analisi in questione, è il caso dell’Algeria, della Repubblica democratica del Congo, del Sudan, dello Zimbabwe con lo strapotere dello Zanu-Pf (tra i fondatori era Robert Mugabe, primo ministro del paese dal 1980 e presidente dal 1987 fino al 2017).
Ci sono poi altri elementi che fanno comprendere quanto i limiti (o i non limiti) del mandato presidenziale influiscano su governance e sicurezza. Nove dei 10 paesi dove sono in corso conflitti interni non hanno limiti di termine. Dei 10 paesi africani da cui provengono la maggior parte dei 29 milioni di rifugiati o sfollati interni, 8 non hanno limiti di mandato. E anche gli indici di corruzione sono più alti laddove non esistono i limiti.
Il quadro però non è completo senza ricordare quei presidenti che, in 14 paesi del continente, hanno lasciato il loro incarico al momento della scadenza naturale e fatto spazio ai successori. Citiamo, tra gli altri, Ali Hassan Mwinyi in Tanzania (1995), Jerry Rawlings in Ghana (2001), Daniel arap Moi in Kenya (2002), Alpha Oumar Konaré in Mali (2002), Ellen Johnson Sirleaf in Liberia (2018).