Rd Congo: la Chiesa cattolica contro il ripristino della pena di morte
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La Conferenza episcopale congolese e la FIACAT chiedono al governo di rivedere la decisione
Rd Congo: la Chiesa cattolica contro il ripristino della pena di morte
22 Marzo 2024
Articolo di Redazione
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(Credit: Pinterest)

La revoca della moratoria sulla pena di morte, annunciata lo scorso 17 marzo nella Repubblica democratica del Congo, ha suscitato la reazione negativa di molte organizzazioni per i diritti umani, comprese le istituzioni cattoliche e la Conferenza episcopale.

Il cardinale Fridolin Ambongo, pastore di Kinshasa, ha affermato di ritenere «anormale che un governo che si dichiara responsabile possa prendere una decisione del genere».

E ha aggiunto di trovare ironico che la pena di morte venga comminata a persone considerate traditrici, mentre i più grandi traditori sono in realtà coloro che detengono il potere.

Ambongo è presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM) ed è membro del Consiglio cardinalizio di papa Francesco.

In reazione al ripristino della pena capitale da parte del governo congolese, la FIACAT – una federazione internazionale di ong cattoliche per l’abolizione della tortura e della pena di morte – ha dichiarato di aver seguito lo sviluppo “con shock e sgomento” e ha denunciato “le drammatiche conseguenze di una eventuale ripresa delle esecuzioni, nel caso in cui questa proposta dovesse essere applicata”.

Il gruppo ha sostenuto che solo lo stato di diritto e il rafforzamento della giustizia possono aiutare a combattere l’impunità. Più di 800 persone condannate a morte sono detenute nelle carceri della Rd Congo.

Nel 2022, il Congo aveva votato per la prima volta contro la risoluzione delle Nazioni Unite per una moratoria universale sulle esecuzioni.

La FIACAT sostiene che ciò è in controtendenza rispetto al fatto che nel 2023, 27 stati africani hanno sospeso o abolito la pena capitale. Il gruppo ha chiesto al presidente Felix Tshisekedi di ritirare la legislazione e di concentrare invece l’attenzione sul “letargo” che ha caratterizzato il sistema giudiziario, estremamente disfunzionale.

Il governo ha giustificato la misura come risposta drastica alla crescente violenza e agli attacchi dei gruppi armati nelle province orientali. E, in particolare, per scoraggiare la collaborazione con i ribelli dell’M23 da parte di cittadini, militari e personale di polizia.

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