È drammatico il bilancio delle vittime nella Repubblica democratica del Congo, dopo l’attacco avvenuto nella città orientale di Kishishe, a circa 70 km da Goma, martedì 29 novembre. Neanche cinque giorni dopo il proclamato cessate il fuoco.
Almeno 272 i civili rimasti uccisi, tra cui anche dei bambini: sono le ultime stime, che peggiorano significativamente il bilancio iniziale, di 50 decessi.
Un massacro, l’ennesimo in una regione che da troppi anni non trova pace, a discapito dei suoi cittadini. Centinaia di migliaia ormai gli sfollati costretti ad abbandonare le proprie case a causa della continua instabilità, solo negli ultimi mesi.
Responsabile dell’attacco, stando alle dichiarazioni delle forze armate congolesi, l’M23, nonostante i rappresentanti del Movimento abbiamo declinato ogni responsabilità nell’accaduto.
L’M23, per altro, non era stato ammesso alle trattative di pace svoltesi a Luanda, in Angola, verso la fine di novembre.
Assente, anche se invitato, il presidente rwandese Paul Kagame. Al suo posto, il ministro degli esteri Vincent Biruta.
Il presidente Felix Tshisekedi ha indetto tre giorni di lutto nazionale, a partire dal 3 dicembre. In silenzio anche la comunità internazionale (ma il lutto non c’entra).
Fa scandalo infatti la notizia secondo cui il 1° dicembre l’Unione Europea ha approvato lo stanziamento di 20 milioni di dollari da destinare all’esercito rwandese per la lotta al terrorismo nella regione di Cabo Delgado, in Mozambico.
Fondi che vanno quindi allo stesso esercito che si ritiene coinvolto in quella che sembra sempre più assumere i connotati di una vera e propria guerra, nella quale risulta sempre più opaco e critico il ruolo dei caschi blu della missione Monusco.
Ad alzarsi, per ora, solo la voce del segretario di stato statunitense Antony Blinken, che ha esortato pubblicamente il Rwanda a smettere una volta per tutte di sostenere l’M23, in nome di una pace necessaria e di una stabilità non più procrastinabile. Un fatto non indifferente, se si considera che il Rwanda è il maggiore alleato degli Usa in Africa.
Ma a quanto pare, non basta. È gelida la risposta di Kigali, che ancora una volta sceglie di negare ogni responsabilità, definendo sbagliato e fuorviante l’approccio internazionale. (AB)