Sudan: a processo per crimini di guerra un capo janjaweed in Darfur
Sudan
Alla sbarra all’Aia Ali Muhammad Ali Abd-Al-Rahman, alias Ali Kushayb
Sudan: a processo per crimini di guerra un comandante janjaweed in Darfur
La Corte penale internazionale ha avviato il processo contro il “colonnello dei colonnelli”, capo delle famigerate milizie filogovernative janjaweed. Dovrà rispondere di 31 capi d’accusa per crimini di guerra e contro l’umanità commessi nei primi anni 2000 nella regione occidentale del Darfur
05 Aprile 2022
Articolo di Bruna Sironi (dal Kenya)
Tempo di lettura 4 minuti

Comincia oggi, 5 aprile 2022, davanti al tribunale della Corte penale internazionale (Cpi) all’Aia, il processo a Ali Muhammad Ali Abd-Al-Rahman, conosciuto come Ali Kushayb, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità durante il conflitto del Darfur.

Ali Kushaib, 64 anni, è leader comunitario di una tribù della zona di Wadi Salih, nel Darfur centrale, a sud del capoluogo, Zalingei. Nelle carte della Cpi si dice che era parte delle Forze di difesa popolare (Pdf), una milizia paragovernativa nata nel 1989, a ridosso del colpo di stato militare che aveva portato al potere il governo islamista di Omar El-Bashir, e inquadrata nell’esercito nazionale.

Nella zona era conosciuto come “colonnello dei colonnelli”; era dunque un capo militare di grande potere ed influenza. Secondo le carte processuali, durante il conflitto in Darfur, negli anni 2000, aveva tenuto i contatti tra le milizie janjaweed e il governo, e aveva partecipato a numerose azioni sul campo, soprattutto tra l’agosto del 2003 e il marzo del 2004.  

Ѐ lungo l’elenco delle operazioni da lui guidate personalmente e risoltesi in carneficine di civili, compresi neonati gettati nel fuoco delle capanne incendiate. La Cpi, che ha spiccato un mandato di cattura nei suoi confronti il 27 aprile del 2007, lo accusa di 504 omicidi, di 20 stupri e di essere causa della fuga di 41mila persone dai loro villaggi.

Secondo le carte processuali, Kushayb agiva per conto di Ahmed Harun, uomo politico di punta in quegli anni a Khartoum. Dal 2003 al 2005 era sottosegretario agli interni. Tra le sue funzioni c’era la gestione del Tavolo per la sicurezza in Darfur che prevedeva il coordinamento delle forze impegnate nella campagna militare contro l’insurrezione, cioè esercito, servizi di intelligence e milizie quali i janjaweed. Secondo numerose testimonianze, Kushayb e Harun si incontravano regolarmente. Le accuse dicono che il primo riceveva armi e denaro dal secondo, ministro in carica nel governo nazionale.

Anche Ahmed Harun è accusato di crimini di guerra e contro l’umanità ed è coimputato nello stesso processo di Ali Kushayb, ma, tecnicamente, è ancora ricercato dal tribunale dell’Aia. Dal 2019 si trova in carcere a Khartoum, arrestato con il deposto presidente El-Bashir, pure ricercato dalla Cpi, e molti altri esponenti del regime del Partito del congresso nazionale (National Congress Party – Ncp) al potere dal 1989, di cui in quel momento era il presidente.

La consegna di El-Bashir, e anche di Harun, al tribunale dell’Aia, è uno dei nodi che ha reso difficile il processo di transizione democratica del paese, interrotto – speriamo non definitivamente naufragato – con il colpo di stato militare del 25 ottobre dell’anno scorso. Il governo civile, guidato dal primo ministro Abdalla Hamdok, dopo molti tentennamenti in agosto ne aveva deliberato l’estradizione, senza indicare una data precisa.

Si può star certi che i militari ora al governo non la indicheranno mai, anche perché i leader attuali, a partire dal presidente del Consiglio sovrano, generale Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, e dal suo vice, Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti, comandante delle famigerate Forze di intervento rapido (Rsf), hanno molti scheletri nell’armadio, proprio per le modalità della loro partecipazione alle operazioni contro l’insurrezione in Darfur.

Quello ad Ali Kushayb non sarà il primo procedimento per i crimini perpetrati in Darfur. Il tribunale dell’Aia ha già processato Bahar Idriss Abu Garda, ex comandante del Movimento per la giustizia e l’uguaglianza (Justice and Equality Movement – Jem), uno dei principali movimenti di opposizione armata darfuriani, e poi di un movimento scissionista da lui stesso formato.

Era accusato di aver attaccato una base della missione di pace a Haskanita, uccidendone dodici uomini. Garda si era presentato spontaneamente al tribunale, proclamandosi innocente. Le accuse nei suoi confronti sono cadute per insufficienza di prove e il procedimento si è chiuso nell’aprile del 2010. Per lo stesso episodio è ricercato Abdallah Banda, pure comandante di un’ala scissionista del Jem.

Ѐancora ricercato anche Abdel Raheem Muhammad Hussein, ministro degli interni e poi ministro della difesa negli anni dell’insurrezione in Darfur.

Ali Kushayb si è consegnato alla Corte penale internazionale nel giugno del 2020 nella Repubblica Centrafricana, dove si era rifugiato all’inizio dello stesso anno, con ogni probabilità per sfuggire all’arresto da parte delle autorità sudanesi. Ci si aspetta che il suo processo, in cui saranno esaminati 31 capi d’accusa per crimini di guerra e contro l’umanità, faccia luce su molti efferati episodi, sul quadro di riferimento politico in cui sono maturati e sulla catena di comando che li ha ordinati. Sarà la prima occasione in cui le tante vittime del conflitto in Darfur potranno avere giustizia.

 

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