
Mentre gli Stati Uniti bruciano e il mondo fa conti con la pandemia di Covid-19, qualcosa di particolare sta succedendo in questo piccolo angolo d’Africa, lo Zambia. Non stiamo parlando di una sorta di rivoluzione cubana in terra zambiana ma le condizioni per un cambio radicale di mentalità e coscienza politica ci sono tutte.
Il popolo zambiano ha cominciato il suo cammino di speranza dal giorno uno, da quando si ventilava la possibilità d’indipendenza dai colonizzatori britannici. Sono passati 56 anni da quel leggendario 24 ottobre 1964 ma le condizioni di una gran parte della popolazione non sono migliorate e sembrano ancora dover aspettare il prossimo messia politico per migliorare le loro esistenze di poveri e impoveriti.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso, e scatenato la protesta dei giovani, è stato il tentativo, da parte del ministro del distretto di Lusaka, Bowman Lusambo, di mettere a tacere alcune voci di giovani artisti che su Facebook hanno espresso educatamente la propria preoccupazione su temi come la corruzione e la gestione della cosa pubblica, e sul pericolo di un neo-colonialismo che avvantaggia gli investitori stranieri e toglie dignità, possibilità e risorse naturali alla popolazione locale.
Queste lamentele si sono fatte più forti dopo che il sindaco di Lusaka, Miles Sampa, ha fatto chiudere alcune attività di cittadini cinesi per maltrattamento nei confronti di lavoratori zambiani. Non sono rare le notizie di violazioni di diritti, condizioni lavorative illegali, sfruttamento sotto la minaccia di perdere il posto di lavoro da parte di investitori stranieri, cinesi in primis, nei confronti di lavoratori zambiani.
Il comportamento del sindaco è piaciuto molto alla popolazione, ma un po’ un meno alle autorità cinesi, tanto che, dopo qualche giorno, Sampa ha dovuto indire una conferenza stampa durante la quale si è scusato pubblicamente per il suo comportamento poco politically correct nei confronti della comunità cinese e delle competenze dei suoi colleghi di governo.
Non è difficile pensare che queste scuse siano arrivate in seguito a pressioni politiche per continuare a mantenere buone relazioni con la Cina, grande investitore nel paese, nei confronti del quale lo Zambia ha un debito in dollari con troppi zeri.
Le preoccupazioni dei giovani artisti sono tanto vere quanto attuali e riguardano il futuro del loro paese. Si tratta di B-Flow, cantante e attivista, ricevuto anche da Barack Obama negli Usa al tempo della sua presidenza, di Chella Tukuka, fotografo molto attivo nei social media, e di Kings Malembe Malembe, un cantante gospel legato al Patriotic Front, il partito al governo.
Il ministro ha tacciato i tre di mancanza di rispetto, usando parole forti ed anche insulti nei loro confronti, denigrando anche tutta la loro generazione, ordinando di smetterla di infangare il buon nome del governo e del suo presidente. Li ha accusati di essere stati pagati dall’opposizione per mettere in cattiva luce il lavoro dell’esecutivo, imponendo un ultimatum di 24 ore per scusarsi pubblicamente.
L’unico a farlo è stato Kings – forse proprio per il rapporto stretto con il partito – che ha così perso popolarità, credibilità e rispetto tra i giovani. Il cantante ha insomma salvato i suoi interessi sacrificando la reputazione.
Gli altri due artisti non solo si sono rifiutati di scusarsi ma hanno addirittura rincarato la dose, accusando il ministro di atteggiamenti dittatoriali e violazioni di diritti fondamentali di una democrazia, come il diritto di espressione. A loro si sono uniti moltissimi giovani, non tutti schierati politicamente.
Rivendicano il diritto di poter dire la loro su temi che riguardano tutto il popolo zambiano e il suo futuro, di chiedere trasparenza nelle operazioni del governo, di rendere i governanti responsabili delle loro azioni e non padri-padroni. Chiedono, insomma, di essere liberi di esercitare i propri diritti, senza paura di essere minacciati dal potere di turno.
Questo fatto rappresenta una rivoluzione, una novità sconosciuta alla società civile zambiana che ha così sdoganato dinamiche che restavano segregate al gioco politico di maggioranza e opposizione.
I social media stanno giocando un ruolo molto importante in questa presa di coscienza delle nuove generazioni. Attraverso Facebook, Instagram e Youtube, le voci si uniscono e i giovani si organizzano. Questi mezzi potrebbero essere decisivi anche per le elezioni che si terranno nell’agosto 2021, considerando che la maggioranza della popolazione dello Zambia è composta proprio da giovani.
Le nuove generazioni stanno prendendo le distanze dai comportamenti passivi dei loro antenati, vogliono partecipare, essere protagonisti ed hanno la piena consapevolezza di contare qualcosa e di poter cambiare il loro destino e quello del loro paese. Per questo è nato un movimento #WeAreTheFuture (siamo il futuro) che ha come motto “we can speak up” (possiamo dire la nostra), supportato anche da alcuni zambiani della diaspora come Lillian Mutambo, famosa youtuber di base in Inghilterra.
Nello stesso modo in cui il video della morte di George Floyd, pubblicato sui social, ha incendiato il paese a stelle e strisce e indignato il mondo, il video di questi dei due artisti che si sono rifiutati di scusarsi per aver esercitato il loro dovere di cittadini, potrebbe cambiare le sorti del paese e soprattutto il ruolo dei giovani nelle politiche governative dello Zambia.
La nuova rivoluzione potrebbe essere in atto con metodi e distanze diverse, ma con la stessa passione, in grado di mettere a disposizione competenze, intelligenze e amore per la giustizia.
Qualcosa di nuovo potrebbe nascere. Ora il futuro è nelle mani dei giovani. Sta a loro lasciare tutto alle emozioni del momento o lottare fino ad ottenere il cambiamento che il paese aspetta da tanto, troppo tempo.