Sudan: al-Burhan visita gli alleati Egitto e Arabia Saudita - Nigrizia
Conflitti e Terrorismo Sudan
Primo viaggio all’estero del capo dell’esercito. Con lui anche il direttore delle industrie della difesa
Sudan: al-Burhan visita gli alleati Egitto e Arabia Saudita
29 Agosto 2023
Articolo di Redazione
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Il presidente Abdel Fatah al-Sisi accoglie il presidente del Consiglio militare di transizione sudanese Abdel Fatah al-Burhan al Cairo il 25 maggio 2019

Mentre nella capitale del Sudan, nel Kordofan meridionale e in Darfur continuano i combattimenti tra le forze armate e i paramilitari Forze di supporto rapido (RSF), per la prima volta dall’inizio del conflitto, il 15 aprile, il comandante dell’esercito ha lasciato il suo bunker nel quartier generale dei militari a Khartoum, assediato dalle RSF.

Abdel Fattah al-Burhan è uscito allo scoperto il 24 agosto scorso grazie a una complessa manovra che gli ha permesso di raggiungere la base aerea di Wadi Seidna a Omdurman, situata 22 chilometri a nord di Khartoum. Ѐ poi arrivato a Port Sudan, sul Mar Rosso, dopo una breve sosta ad Atbara nello stato del River Nile.

Lo scopo è un viaggio all’estero iniziato oggi dall’Egitto, dove al-Buhan incontra l’alleato presidente Abdel Fattah al-Sisi. La meta successiva sarà l’altro alleato, l’Arabia Saudita.

Entrambi i paesi sono formalmente impegnati nel tentativo di far sedere i contendenti attorno a un tavolo di trattativa per far finire un conflitto che sta dissanguando il Sudan, con pesanti ripercussioni su tutta la regione.

Prima di lasciare Port Sudan, il generale, rivolgendosi alle truppe della marina militare ha definito le RSF «traditori», sostenendo che non farà accordi con loro e promettendo una vittoria decisiva.

Le RSF «sono completamente esauste, basta un piccolo sforzo e saranno finite», ha detto, confermando che gli sforzi in corso mirano a riorganizzare e mobilitare l’esercito per sedare la ribellione.

Molto probabile, dunque, che il suo primo viaggio all’estero sia finalizzato alla ricerca di sostegno militare e di armamenti.

Ad accompagnarlo, oltre al ministro degli esteri Ali al-Sadiq, ci sono infatti anche il direttore del servizio di intelligence generale Ahmed Ibrahim Mufaddal e il direttore generale del sistema delle industrie della difesa Mirghani Idriss Suleiman.

Di certo le dichiarazioni di al-Burhan gelano le speranze di un’apertura di colloqui tra le parti in guerra e suonano come una risposta ai proclami del leader delle RSF, Mohamed Hamdan Dagalo “Hemeti”, che il giorno prima si era detto disponibile a un cessate il fuoco a lungo termine, presentando un documento, “Sudan Reborn. A Vision for a New State“, che esprime la sua visione di futuro per il paese.

Nel documento si legge: “qualsiasi soluzione attuata deve avviare il paese verso un pieno governo civile basato su norme democratiche e un quadro istituzionale che rappresenti pienamente la diversità etnica del paese”.

E ancora: “Questa soluzione deve affrontare le cause profonde delle guerre del Sudan attraverso un dialogo ampio e inclusivo che coinvolga tutte le parti interessate civili e basarsi sulla costruzione di un nuovo Sudan fondato sulla democrazia, sulla diversità, sulla tolleranza e sulla pace autentica, elementi che possono essere raggiunti e sostenuti solo attraverso giustizia sociale”.

Occorre ricordare che il conflitto in corso molto si gioca sulla propaganda, e che il recente passato di Hemeti dei suoi paramilitari, alleati del regime militare islamista di Omar El-Bashir prima, e dell’esercito di al-Burhan poi, porta a leggere con estrema diffidenza queste dichiarazioni.

Occorre inoltre non dimenticare i legami di Hemeti con il generale Kalifa Haftar in Libia e con gli Emirati Arabi Uniti che sostengono le RSF con la fornitura di armi.

I tentativi di dialogo, intanto proseguono. L’Unione Africana ha annunciato che per settembre un incontro – inizialmente previsto per il 25 agosto – in preparazione di una conferenza di dialogo intra-sudanese.

Tra gli invitati figurano l’ex primo ministro Abdallah Hamdok, rappresentanti di vari blocchi politici, gruppi professionali, movimenti ribelli, accademici e leader della società civile.

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