Algeria: 10 anni di carcere per l'attivista in esilio Amira Bouraoui
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Altri sei mesi di prigione per il giornalista Mustapha Bendjama
Algeria: 10 anni di carcere per l’attivista in esilio Amira Bouraoui
La giustizia algerina si accanisce contro i due oppositori. La franco-algerina Amira Bouraoui è stata condannata in contumacia per la sua fuga in Tunisia e poi a Parigi, mentre resta in carcere il giornalista Mustapha Bendjama, da oltre un mese in sciopero della fame
08 Novembre 2023
Articolo di Nadia Addezio
Tempo di lettura 4 minuti
Amira Bouraoui e Mustapha Bendjama

Ci si aspettava il rilascio del giornalista Mustapha Bendjama, ma non è stato così. La mattina del 7 novembre è stata pubblicata la sentenza del tribunale di Costantina nell’ambito del processo del 31 ottobre sul caso Amira Bouraoui.

Il verdetto è stato: 6 mesi di reclusione per il giornalista già in custodia cautelare da febbraio e in sciopero della fame dal 3 ottobre, e condanna a 10 anni in contumacia per la giornalista e militante franco-algerina Amira Bouraoui.

Antefatti e processo del 31 ottobre

Il 3 febbraio, nonostante il divieto a lasciare il paese, Bouraoui aveva attraversato il confine algerino con il passaporto della madre, Khadidja Bourdjiba, per recarsi in Tunisia e imbarcarsi in un volo per Parigi.

Riuscita a ottenere assistenza dai servizi consolari francesi grazie alla duplice nazionalità e volata a Lione, dalla fuga della militante era scaturita una crisi diplomatica tra Algeria e Francia. 

Il 31 ottobre si è tenuto al tribunale di Costantina il processo sul caso Bouraoui. Come riporta l’emittente indipendente algerina Radio M, annotando la versione dei fatti secondo le testimonianze degli accusati, il primo della giornata a essere ascoltato è stato Yacine Bentayeb, cugino di Bouraoui, “reo” di aver accompagnato la Bouraoui allo stazionamento dei taxi collettivi e averla aiutata a trovare un posto a sedere.

Bentayeb ha dichiarato innanzi al giudice: «Se avessi avuto intenzione di aiutarla a scappare, l’avrei fatto di nascosto, non portandola allo stazionamento dei taxi collettivi dove ci sono le telecamere di sorveglianza».

La madre della militante franco-algerina – sotto controllo giudiziario dal 19 febbraio -, dal suo canto ha dichiarato che aveva scoperto di aver perso il passaporto solo dopo la partenza della figlia, motivo che l’aveva spinta a sporgere una denuncia per smarrimento.

Trovatosi coinvolto in un processo e a scontare una pena suo malgrado è Djamel Miassi, conducente del taxi collettivo partito da Annaba per stazionare a Tunisi, che ha dichiarato di non conoscere Amira Bouraoui.

Al posto di blocco di Oum Teboul, a 10km dal confine tunisino nella wilaya di El Tarf, aveva mostrato i passaporti dei passeggeri, compreso quello dell’attivista.

Al controllo c’era l’agente della PAF (polizia di frontiera) Tikida Ali, che ha detto di non ricordarsi il motivo per cui non aveva proceduto con il rilevamento biometrico delle impronte digitali di Bouraoui.

La prigionia di Mustapha Bendjama, invece, sarebbe da far risalire all’amicizia con la militante e all’aver saputo – «un anno e mezzo fa», come ricordato dal giornalista – delle intenzioni di Bouraoui di lasciare l’Algeria. Elementi evidentemente inconsistenti per giustificare una detenzione.

Per tale ragione, Bendjama ha cominciato il 3 ottobre uno sciopero della fame, dichiarando ai suoi avvocati: «Lo sciopero della fame è l’ultima risorsa per protestare contro gli abusi, la violazione dei miei diritti e della mia dignità per otto mesi».

Al processo del 31 ottobre, il giornalista ha testimoniato di essere venuto a sapere della fuga di Bouraoui solo il 4 febbraio, quando intanto l’attivista si trovava sotto custodia della polizia tunisina.

Verdetto e processi a carico di Bendjama

La recente sentenza del tribunale di Costantina ha determinato una pena di 6 mesi per Yacine Bentayeb e Djamel Miassi, già da 8 in custodia cautelare.

Il cugino della Bouraoui e il conducente del taxi collettivo sono stati rilasciati in giornata, a poche ore dalla pubblicazione della sentenza.

Lo stesso destino non ha riguardato Bendjama, che resterà nella prigione di Boussouf, a Costantina, per altri 6 mesi. Inoltre, 3 anni per Tikida Ali, 1 anno con sospensione della pena per Khadija Bourdjiba, 10 anni in contumacia per la militante Amira Bouraoui.

Per Mustapha Bendjama devono essere giorni intensi. Il 26 ottobre, infatti, c’è stato anche il processo in appello relativo alle accuse di ricezione di fondi dall’estero e la pubblicazione di informazioni riservate.

Durante l’udienza, la Camera penale del tribunale di Costantina ha condannato a 8 mesi di reclusione il ricercatore di geopolitica algero-canadese Raouf Farrah, rilasciato il giorno stesso, e Bendjama, rimasto in prigione in attesa del processo del 31 ottobre.

A fronte delle ingiustizie che sta vivendo il giornalista algerino, si ricorda che Amnesty International ha lanciato il 20 settembre scorso una petizione per far luce sulla repressione di tutte le voci di dissenso, chiedendo il rilascio immediato e incondizionato dei cittadini e cittadine algerini detenuti arbitrariamente.

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