Burundi al voto, ma la svolta è ancora lontana - Nigrizia
Burundi Politica e Società
Elezioni presidenziali
Burundi al voto, ma la svolta è ancora lontana
Il paese alle urne senza misure di prevenzione contro il coronavirus e senza osservatori. Tra i sette candidati in corsa solo il leader dell’opposizione Agathon Rwasa ha le carte per competere con il delfino del presidente uscente Pierre Nkuruziza. Ma l’esito del voto è già scritto dal partito al potere
18 Maggio 2020
Articolo di Aurelio Boscaini
Tempo di lettura 5 minuti
Burundi elezioni presidenziali 2020

Mercoledì 20 maggio 5,1 milioni di burundesi (abarundi in lingua kirundi) sono chiamati alle urne per eleggere il loro nuovo presidente. La campagna elettorale si era aperta il 27 aprile in piena pandemia da Covid-19, ma senza alcuna protezione specifica prevista per i meeting. Prima le elezioni, poi il virus.

Anche perché ufficialmente il Burundi “è protetto dalla grazia divina”, ripete come un mantra il presidente uscente Pierre Nkurunziza: niente virus, quindi. Non si è fatto però scrupolo di espellere i rappresentanti in Burundi dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) che si erano permessi di esprimere qualche dubbio. Perché la presenza del coronavirus in Burundi è, comunque, realtà.

Nkuruziza, leader del partito al potere, il Consiglio nazionale per la difesa della democrazia-Forze per la difesa della democrazia (Cndd-Fdd), aveva sorpreso tutti nel giugno del 2018 annunciando che non si sarebbe ricandidato nel 2020, mentre la Costituzione, che aveva fatto modificare con referendum, glielo avrebbe permesso.

Sette i candidati in corsa. Ma la partita vera si gioca tra il candidato del partito al potere e il capo del maggior partito di opposizione. Il generale Évariste Ndayishimiye è il virtuale “erede” di Nkurunziza. In migliaia si sono riuniti a Bugendana, nella provincia di Gitega, la capitale, nel centro del paese, per un inizio grandioso della sua campagna elettorale.

Alla presenza di diversi diplomatici e altre personalità presenti sotto le tribune dello stadio, si è potuto ascoltare il presidente uscente – 15 anni al potere – tessere l’elogio del suo ex compagno d’armi durante la ribellione e assicurargli il suo più completo e leale appoggio. I due si erano conosciuti nel 1995 nella macchia, al tempo della guerra civile in Burundi (1993-2006): «Abbiamo combattuto insieme, abbiamo sofferto insieme, siamo sfuggiti alla morte insieme… Siamo gli stessi, il nostro destino è legato per la vita e la morte», ha martellato Nkurunziza.

All’apertura della campagna del candidato del Cndd-Fdd, Évariste Ndayishimiye, a Bugendana (Gitega)

Tutt’altro suono di campane per il principale avversario di Ndayishimiye, il leader storico dell’ex ribellione hutu del Fronte nazionale di liberazione e candidato del principale partito di opposizione, il Consiglio nazionale per la libertà (Cnl), Agathon Rwasa. Lui, alla vittoria, ci crede. E ha battuto la campagna elettorale per vincere. È convinto che la gente voglia il cambiamento. La prova l’ha avuta all’inizio della sua campagna presidenziale, il 27 aprile, quando ha riunito nello stadio di Ngozi, feudo settentrionale di Nkurunziza, una folla impressionante.

Quel giorno Rwasa è stato accolto da una moltitudine in delirio, un vero e proprio bagno di folla, con la gente ammassata lungo la strada per chilometri e chilometri fino, appunto, allo stadio, dove ha tenuto il suo meeting. Quel giorno, il Cnl era riuscito a mobilitare le folle, nonostante la repressione e le intimidazioni di cui è stato l’oggetto da parte delle forze di sicurezza che avevano fatto di tutto per impedire alla gente di raggiungere lo stadio.

Militanti del Cnl al raduno in sostegno ad Agathon Rwasa allo stadio di Ngozi

Per Rwasa si tratta di rimettere il Burundi in carreggiata. Di ripartire. Il paese si è isolato dalla comunità internazionale e dalla stessa Unione africana rigettandone sistematicamente le raccomandazioni. Si tratta di rilanciare la cooperazione internazionale per togliere la nazione da un isolamento che non è solo politico ma anche economico.

La sicurezza non può non essere la priorità anche per Rwasa. Il Burundi, infatti, arriva alle elezioni dopo aver vissuto un ciclo di violenze e di violazioni massicce dei diritti umani ‒ almeno 1.200 morti e 400mila sfollati, secondo stime della Corte penale internazionale che aveva aperto un’inchiesta ‒ da quando Nkurunziza nel 2015 si era ripresentato, contro tutto e tutti, per un terzo mandato presidenziale, ottenendo la rielezione a luglio.

Tra la fine dello scorso anno e i primi mesi di questo, Human rights watch (Hrw) ha denunciato diversi casi di assassini, di sparizioni, di arresti arbitrari, di minacce e di torture contro presunti oppositori. La stessa ong denuncia inoltre altri abusi, perpetrati dagli imbonerakure, la fanatica milizia giovanile del partito al potere, che praticano violenze sui civili in uno stato di quasi totale impunità, per permettere al partito del presidente di perpetuarsi al vertice dello stato.

Come andrà? Agathon Rwasa ha fortemente denunciato irregolarità. Non ha temuto di rispondere alle domande, a volte anche imbarazzanti, sul suo passato di complicità con Nkurunziza, cosa che invece si è rifiutato di fare il suo rivale, Ndayishimiye. Tra le irregolarità denunciate da Rwasa ci sono le liste elettorali definitive che, a pochi giorni dallo scrutinio, non sono ancora esposte pubblicamente, cosa che rende impossibile verificarne l’esattezza.

Le tessere elettorali, altra denuncia di Rwasa, sono state consegnate nelle mani dei capi collina che le distribuiscono in primis a chi si dichiara dalla parte del partito al potere… e i seggi elettorali sono presieduti quasi esclusivamente da membri del Cndd-Fdd, in flagrante contraddizione con quanto previsto dal codice elettorale.

Ciò che rende ancor più improbabile una vittoria di Rwasa è infine l’assenza di “osservatori” alle elezioni. Il governo aveva già rifiutato quelli dell’Onu e dell’Unione europea perché ritenuti vicini all’opposizione. Ha rifiutato anche gli osservatori interni, quelli della Chiesa cattolica e della società civile. Anche la missione della Comunità degli stati dell’Africa orientale (Eac) è stata rifiutata, con la scusa che gli inviati avrebbero dovuto sottoporsi alla quarantena, prevista per la lotta contro il Covid-19.

Gli osservatori delle cose burundesi non si fanno troppe illusioni. Certo, le elezioni si terranno e in un clima di grande partecipazione, perché la gente continua a credere che un cambiamento è possibile. La verità, però, è che, purtroppo, ancora una volta “il sole tarda a illuminare le più di mille colline che rendono così bello questo paese, adagiato sulle sponde del lago Tanganika”.

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