
Resta alta la tensione nel paese, teatro di una profonda crisi politica e sociale innescata dalla decisione del parlamento di posticipare al prossimo anno le elezioni nazionali e regionali previste a settembre e dall’uccisione del popolare musicista e attivista Oromo Hachalu Hundessa, il 29 giugno.
Un assassinio orchestrato, secondo quanto emerso da un’inchiesta governativa, dagli stessi leader Oromo, appoggiati dall’opposizione tigrina, per screditare l’amministrazione del primo ministro Abiy Ahmed. Un assassinio che invece il leader Oromo Bekele Gerba e il magnate dei media Jawar Mohammed, entrambi in carcere assieme a migliaia di attivisti, attribuiscono agli Amhara e al governo di Abiy Ahmed. A riferirlo a Nigrizia in una testimonianza audio dal paese è p. Giuseppe Cavallini, missionario comboniano con una decennale esperienza nel paese.
Da fine giugno in tutta la regione Oromo si susseguono manifestazioni, proteste infiltrate da manipoli di giovani attivisti che hanno attaccato proprietà private e contribuito, assieme alla repressione delle forze di sicurezza, all’uccisione di circa 200 persone.
Intanto, per cercare di smorzare lo scontro politico, il primo ministro ha licenziato nei giorni scorsi il ministro della difesa Lemma Megersa, di etnia Oromo, ex alleato di Abiy Ahmed, apertamente critico nei confronti delle sue riforme politiche. Lemma si è opposto alla formazione del Prosperity Party, istituito l’anno scorso dal premier in sostituzione del disciolto Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front (Eprdf) con la speranza di unire il paese attraverso una coalizione di partiti etno-regionali.
Ma l’instabilità nel paese sembra destinata a crescere in vista del 17 settembre, data in cui il governo della regione del Tigrai – guidata dall’ex partito al potere in Etiopia, il Tigray Liberation Front – ha annunciato lo svolgimento delle elezioni, in barba a quanto stabilito dal governo di Addis Abeba.