Intesa Sanpaolo pesantemente coinvolta nel business delle armi
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Banche armate: denuncia di ReCommon
Intesa Sanpaolo pesantemente coinvolta nel business delle armi
In occasione dell’appuntamento di Torino dell’industria aerospaziale e della difesa, l’associazione ReCommon ha diffuso il rapporto “Soldi a grappolo”. Eccone una sintesi
28 Novembre 2023
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 3 minuti

Intesa Sanpaolo, la principale banca italiana, dal 2016 ad oggi ha destinato al settore degli armamenti 2,135 miliardi di dollari, suddivisi in 1,75 miliardi di finanziamenti e 385 milioni in investimenti. Un business in crescita, tanto che nel 2022, in concomitanza con l’inizio della guerra in Ucraina, l’istituto torinese ha registrato un incremento del 52% negli investimenti rispetto all’anno precedente.

Sono i dati che emergono dal briefing di ReCommonSoldi a grappolo”, lanciato in concomitanza con l’Aerospace & Defense Meeting, in programma fino al 30 novembre proprio a Torino, ormai diventata vetrina per il mercato dell’industria bellica nostrana.

A braccetto con Leonardo

Fiore all’occhiello nel portafoglio della prima banca italiana è Leonardo S.p.a., società leader del settore militare e dell’aerospazio, controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Circa il 63% dei finanziamenti totali di Intesa Sanpaolo al settore aerospazio e difesa dal 2016 a oggi sono a beneficio di Leonardo, in cui la banca ha investito 30 milioni di dollari nel solo 2022.

Val la pena ricordare che la società guidata dall’ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha chiuso il bilancio del 2022 con un utile netto di 932 milioni di euro. Leonardo ha un ruolo di primo piano anche al di fuori dei confini nazionali, dal momento che è la prima società per ricavi derivanti dalla vendita di armi in Europa e la dodicesima a livello mondiale.

Non a caso, Leonardo continua a tessere accordi con le società dell’industria bellica israeliana. Il 30 ottobre 2023, l’esercito degli Stati Uniti d’America ha infatti assegnato a Leonardo e a Elbit System, azienda israeliana nel settore della difesa, lo sviluppo di un nuovo sistema laser che le truppe possono utilizzare sul campo di battaglia per esplorare le posizioni nemiche e coordinare gli attacchi.

Cooperazione con l’industria delle armi israeliana che ha raggiunto il suo picco nel giugno dello scorso anno quando Leonardo ha annunciato di aver firmato un accordo di fusione con Rada Electronic industries, azienda israeliana leader nello sviluppo di Iron Dome, lo scudo antimissilistico di Israele. Un accordo che giunge pochi mesi dopo la sigla di un contratto per la vendita di elicotteri da parte di Leonardo alle forze armate israeliane.

Conflitto in Yemen

Tra gli altri i beneficiari degli investimenti ci sono i big dell’industria bellica a livello mondiale come la francese Thales, la statunitense Raytheon e la tedesca Rheinmetall, tutti in prima linea nella fornitura di armi per il conflitto in Yemen, paese tra i più poveri del Medio Oriente, dilaniato dal 2014 dalla guerra civile e la conseguente crisi umanitaria.

Sul banco degli imputati anche RWM Italia, filiale italiana di Rheinmetall con sede in Sardegna a Domusnovas, nell’iglesiente, che ha realizzato ordigni utilizzati dalla coalizione capeggiata dall’Arabia Saudita per bombardare lo Yemen. I parenti delle vittime di un attacco mortale hanno presentato nel luglio 2023 denuncia contro l’Italia alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU).

Ha dichiarato Daniela Finamore di ReCommon, autrice del briefing: «Come nel caso di quella su ambiente e clima, la policy interna sulle armi di Intesa Sanpaolo è molto lacunosa. La policy riguarda le singole operazioni e non vieta i finanziamenti e gli investimenti nelle società coinvolte nel settore degli armamenti. Queste scappatoie permettono a Intesa Sanpaolo di continuare a foraggiare le casse di Leonardo e di altri colossi dell’industria bellica. Sforzi che vanno nella direzione opposta rispetto ad altre istituzioni finanziarie che hanno deciso di prendere degli impegni ambiziosi per limitare il loro coinvolgimento nel settore degli armamenti».

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