
Negli ultimi mesi il tema dell’arrivo di cittadini tunisini in Italia è tornato al centro del dibattito pubblico. Le questioni emerse a partire dalla scorsa primavera sono numerose: il blocco dei rimpatri dovuto alla pandemia, l’aumento degli arrivi, le carenze nell’accoglienza, il tema del terrorismo. Osservare come tali questioni sono state affrontate dai governi può aiutarci a comprendere la complessità del fenomeno migratorio tunisino e della sua gestione in Europa.
A partire da luglio, esponenti del governo italiano, sostenuti dalla Commissione europea, si sono a più riprese recati in Tunisia per incontrare i loro omologhi. I media dei due paesi hanno riportato notizie dettagliate riguardo gli accordi raggiunti il 17 agosto a seguito della visita dei ministri di esteri e interni italiani accompagnati dai commissari europei Ylva Johansson e Oliver Varhelyi.
Il governo italiano avrebbe impegnato 11 milioni di euro, risparmiati dal capitolo accoglienza, per fornire alla Tunisia un radar, la manutenzione delle motovedette, programmi di formazione per le guardie di frontiera e un sistema informativo di controllo del mare.
Quanti voli?
La ministra Luciana Lamorgese ha sottolineato, anche in sedi istituzionali, l’importanza degli accordi raggiunti per l’aumento dei voli di rimpatrio. In particolare, ha affermato di aver ottenuto dal governo tunisino «dei voli aggiuntivi che ci hanno consentito di procedere più celermente alle operazioni necessarie di rimpatrio per coloro che non hanno titoli».
Il clamore mediatico suscitato dagli annunciati accordi ha spinto l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, il Forum tunisino per i diritti economici e sociali e Avocats Sans Frontières Tunisie a inviare richieste di accesso ai contenuti degli accordi alle rispettive amministrazioni.
Le risposte ricevute sono incredibilmente poco convergenti. I ministeri dell’interno e degli esteri italiani hanno riferito che alcun accordo è stato firmato e che «sono ancora in corso le necessarie valutazioni in merito a possibili iniziative da finanziare». Al contrario, il ministero dell’interno tunisino ha inviato alle organizzazioni richiedenti una tabella in cui sono riportate donazioni per un totale di circa 10 milioni di euro per l’acquisto di radar, navi ad alta velocità, manutenzione di imbarcazioni, acquisto di autovetture e di motori, a cui si somma il dono di due imbarcazioni rapide di 12 metri, senza tuttavia specificare il donatore e il periodo a cui tali donazioni fanno riferimento.
Le ragioni di tali risposte dovranno essere analizzate alla luce delle ulteriori richieste di informazioni che le organizzazioni stanno avanzando. È però possibile interrogarsi sulle ragioni dei due governi e proporre cautamente alcune ipotesi. Occorre domandarsi per quale motivo, a ridosso dell’incontro del 17 agosto, siano circolate a mezzo stampa notizie estremamente dettagliate sul contenuto dell’accordo così radicalmente smentite dai ministeri italiani.
Sembrerebbe che il governo italiano sia estremamente parco nel fornire informazioni, soprattutto relativamente a importanti impegni economici. Al contrario, il governo tunisino sembra voler sottolineare di agire a fronte di sostanziosi compensi. Misteriosa rimane l’intesa, la cui esistenza è stata confermata dalla ministra in sedi istituzionali, relativa all’aumento dei voli di rimpatrio.
Questa situazione evidenzia la grave mancanza di trasparenza che caratterizza la gestione dei flussi migratori tra i due paesi.
Gli accordi precedenti
L’Italia e la Tunisia hanno sottoscritto numerosi accordi per la gestione congiunta della migrazione, il controllo delle frontiere e il rimpatrio dei cittadini dei due paesi in condizioni di irregolarità: nel 1998, nel 2009, nuovamente nel 2011 e nel 2017. Alcuni di questi accordi, tuttavia, non sono mai stati pubblicati dall’amministrazione.
Il contenuto dell’accordo del 2009 rimane sconosciuto, mentre l’accordo del 2017 è stato ottenuto tramite accesso civico. La fondamentale intesa del 2011, invece, è stata depositata dallo stato durante il processo Khlaifia, dietro richiesta della Corte europea dei diritti umani.
L’accordo di rimpatrio tra Italia e Tunisia è tra i pochi a essere operativi e i rimpatri dei tunisini costituiscono una percentuale importante del totale degli allontanamenti di cittadini stranieri considerati irregolarmente soggiornanti. Inoltre, da diversi anni l’immigrazione dalla Tunisia è percepita come immigrazione di tipo “economico”: generalmente si ritiene che i cittadini tunisini non abbiano la volontà né il bisogno di chiedere protezione internazionale. Questa idea, nonostante i diversi report attestanti le violazioni dei diritti umani nel paese, è estremamente radicata e ha fortemente influenzato prassi e politiche di gestione della migrazione dalla Tunisia, da ultima la decisione di inserire il paese nella lista dei “paesi di origine sicuri”.
Tunisia strategica
La Tunisia ha un’importanza strategica anche per l’Unione europea, come confermato dalla presenza del vicepresidente della Commissione europea Schinas e della commissaria Johansson all’incontro del 17 agosto. La Tunisia è, infatti, fondamentale anche nella gestione dei migranti subsahariani che raggiungono il paese via terra dalla Libia e che si teme possano imbarcarsi da lì verso l’Europa.
A conferma di questo interesse testimonia il “Programma di supporto integrato nella gestione delle frontiere per il Maghreb” finanziato dalla Commissione tramite il Fondo d’Emergenza dell’Ue per l’Africa, in cui sono impegnati oltre 20 milioni per la fornitura di attrezzature e la formazione delle autorità costiere tunisine.
Nel 2018, inoltre, la Commissione ha avanzato la proposta di una piattaforma regionale di sbarco nel paese nordafricano, un meccanismo che avrebbe permesso lo sbarco fuori dal territorio Ue dei migranti soccorsi in acque internazionali e l’avvio in loco delle eventuali procedure per l’asilo. Sebbene la Tunisia abbia tassativamente rifiutato tale proposta, il crescente impegno delle agenzie Onu (Unhcr e Oim) sul suo territorio sembra funzionale all’esternalizzazione delle frontiere europee e del diritto di asilo nel paese nordafricano.
In considerazione delle vicende degli ultimi mesi, è lecito attendersi un rilancio delle proposte avanzate nel corso degli scorsi mesi dall’Italia e dall’Unione europea. Nelle prossime settimane, infatti, la ministra Lamorgese, accompagnata dalla Commissaria Johansson, si recherà nuovamente in visita in Tunisia.
Passaggi parlamentari
Gli accordi di rimpatrio e per il contrasto della migrazione irregolare hanno un impatto profondo sulla vita dei cittadini tunisini che attraversano il Mediterraneo diretti in Italia.
Trattandosi di accordi che hanno conseguenze sui diritti fondamentali, che comprendono importanti impegni economici da parte dell’amministrazione e di cui è evidente la natura politica, è necessario che passino attraverso l’iter di autorizzazione parlamentare e ratifica da parte del capo dello stato. Si tratta di passaggi fondamentali a garanzia della democraticità e trasparenza delle azioni del governo. Inoltre, tali accordi devono essere pubblicati, affinché la società civile possa comprenderne la portata e valutarne la legittimità.