La Libia ripiegata nel caos politico - Nigrizia
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Ennesimo fallimento dei tentativi di arrivare alle elezioni. Il paese sempre più frammentato
La Libia ripiegata nel caos politico
Lo ha detto chiaramente, prima di lasciare l’incarico, l’inviato speciale dell’ONU Bathily: i leader che si spartiscono il paese nordafricano non hanno alcuna intenzione di modificare lo stato delle cose. Anche perché pedine di una guerra per procura tra Turchia e Russia per ripartirsi le rispettive zone di influenza
22 Aprile 2024
Articolo di Giuseppe Acconcia
Tempo di lettura 6 minuti

Le dimissioni dell’ottavo inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, il senegalese Abdoulaye Bathily, sono arrivate dopo 18 mesi di sforzi falliti per arrivare a una data plausibile per tenere le prime elezioni politiche dal 2014. Bathily ha consegnato il suo mandato nelle mani del segretario generale dell’ONU, dopo un briefing a porte chiuse sulla situazione in Libia al Consiglio di sicurezza.

Il diplomatico ha fatto riferimento a una “mancanza di volontà politica e di buona fede” per superare il deterioramento della già caotica situazione in cui versa il paese dopo il 2011. Anche la tanto attesa conferenza per la riconciliazione nazionale del 28 aprile è stata spostata a data da destinarsi.

“Le decisioni autoreferenziali dei leader libici di mantenere lo status quo attraverso tattiche e manovre che mirano a rimandare le scelte politiche vengono fatte a spese del popolo libico”, ha proseguito Bathily. Prima di rassegnare le sue dimissioni, il diplomatico aveva assicurato che tutti i tentativi di far sedere intorno a un tavolo tutte le istituzioni libiche si sono scontrati con “una testarda resistenza, richieste non realistiche e indifferenza verso gli interessi dei libici”.

Il futuro di UNSMIL 

Il predecessore di Bathily, lo slovacco Jan Kubis, era rimasto in carica appena un anno prima di dimettersi. La guida ad interim della missione UNSMIL potrebbe andare per il momento alla statunitense Stephanie Khoury, appena nominata vice rappresentate speciale per gli affari politici libici.

La decisione sul nuovo inviato speciale ONU per la Libia verrà presa e annunciata dallo stesso segretario generale Antonio Guterres. Poche ore dopo le dimissioni di Bathily, il rappresentante libico alle Nazioni Unite, l’ambasciatore Taher el-Sonni, aveva incontrato Khoury a New York.

Le reazioni all’annuncio di Bathily 

Il premier di Tripoli Abdel Hamid Dbeibah, in un messaggio ha ringraziato l’impegno delle Nazioni Unite per arrivare ad elezioni politiche. “L’inviato ONU ha sottolineato l’importanza di difendere l’unità del paese e non esasperare le divisioni interne riferendosi a istituzioni e percorsi paralleli che hanno complicato i suoi sforzi diplomatici”, ha aggiunto Dbeibah. 

Non sono mancate neppure le reazioni da parte del governo di Tobruk, guidato da Osama Hammad, avvicendatosi a Fathi Bashaga lo scorso anno. “La continuità di cattive pratiche ha minato gli sforzi di riconciliazione e dialogo”, ha detto Hammad in riferimento alle ennesime dimissioni di un inviato ONU. Hammad ha anche lamentato la “visione limitata” di Bathily nel coinvolgere tutte le istituzioni libiche nel percorso per le elezioni politiche.

Le radici della guerra per procura in Libia 

Le divisioni interne in Libia segnano la spaccatura tra il premier di Tripoli Abdel Hamid Dbeibah, riconosciuto dalla comunità internazionale e successore di Fayez al-Serraj, nominato dopo gli accordi di Skhirat (2015), e il governo della Cirenaica, guidato da Osama Hammad.

Con gli accordi del 2019, Turchia e Russia si spartiscono la Libia in zone di influenza.

Se da una parte il Cairo ha sempre appoggiato il generale Khalifa Haftar e le istituzioni di Tobruk in Cirenaica, insieme ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Russia, ai contractors del gruppo Wagner, alle milizie 106, 201 e 604, e al premier Hammad che ha faticato non poco a prendere le redini del potere, dall’altra, la Turchia con il Qatar, mercenari siriani e turcomanni, si sono schierati con le autorità di Tripoli, le milizie di Misurata, al fianco del governo di unità nazionale del premier Dbeibah.

Non solo, la guerra per procura in Libia si combatte con l’uso dei droni cinesi Wing Loong, controllati dagli Emirati, messi a dura prova nei cieli di Tripoli e di Misurata dagli aerei turchi senza pilota Bayraktar, che hanno dominato per mesi la Tripolitania.

Eppure un accordo dietro le quinte tra i due governi di Tripoli e Tobruk è stato raggiunto, con la mediazione degli Emirati Arabi Uniti, per la nomina di Farhat Bengdara a guida della compagnia petrolifera nazionale (NOC). Proprio per discutere di produzione ed esportazione di petrolio si incontra oggi, 22 aprile, a Tunisi, il comitato tripartito a cui partecipano il presidente tunisino Kais Saied, il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune e il leader del Consiglio presidenziale libico Mohamed al-Menfi.

Continua anche a crescere la competizione tra le milizie libiche per guidare il business delle migrazioni che ha trasformato i centri di detenzione del paese in lager e il Mediterraneo centrale in un cimitero per migranti. Secondo l’Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati (UNHCR), nelle scorse settimane gli sbarchi di migranti provenienti dalla Libia (8.609) in Italia hanno superato i migranti provenienti dalla Tunisia (7.014).

Il riavvicinamento tra Egitto e Turchia in Libia 

A segnare una possibile evoluzione nei rapporti tra Tripoli e Tobruk è arrivato il riavvicinamento tra autorità turche ed egiziane, concretizzatosi con la visita del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, al Cairo lo scorso febbraio.

Egitto e Turchia condividono una posizione comune in merito al conflitto in corso a Gaza, la cooperazione tra i due paesi si estenderà dall’ambito economico, del gas ed energetico al settore della difesa che inciderà non poco sugli equilibri in Libia, con la fornitura di droni turchi Bayraktar TB2 anche all’Egitto.

Come procede la ricostruzione a Derna 

Rispetto alle iniziali buone intenzioni per una risposta unitaria al disastro dell’alluvione di Derna che lo scorso autunno ha causato circa 20mila morti, non è stata creata una piattaforma nazionale per la ricostruzione del paese.

E così le stesse divisioni tra le varie istituzioni libiche che hanno impedito di arginare il disastro senza precedenti, avvenuto nella città costiera libia, permangono anche in fase di ricostruzione.

Se il governo di Tripoli ha annunciato il rifinanziamento del fondo per la ricostruzione di Derna e Bengasi per 418 milioni di dollari, il governo di Tobruk ha lanciato la creazione di un fondo per la ricostruzione, gestito dai figli di Haftar, Saddam e Belgassim, per un valore di 2 miliardi di dollari.

La Banca centrale libica è in attesa del disco verde nella Banca mondiale, che lamenta scarsa trasparenza da parte di entrambi i governi libici, per distribuire i fondi per la ricostruzione. E così molte famiglie rimaste senza casa a Derna ancora non hanno ricevuto il sussidio promesso dal governo di Hammad.

Le divisioni in Libia sembrano sempre più radicate e insuperabili. Le difficoltà confermate dall’ex inviato ONU Bathily per avviare il dialogo nazionale e procedere ad una campagna elettorale che avrebbe potuto portare il paese a superare il pantano politico, sembrano sempre più difficili da sanare.

E saranno le stesse che dovrà affrontare il nuovo inviato ONU per la Libia nel prossimo futuro. Non solo, anche la possibilità di ripartire dal disastro di Derna per affermare un percorso di riconciliazione nazionale sembra un’occasione persa per la Libia post-Gheddafi.

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