Mondiali in Qatar: il riscatto del calcio africano - Nigrizia
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L’Africa sta finalmente uscendo dai margini a cui è stata relegata per decenni
Mondiali in Qatar: il riscatto del calcio africano
È servito quasi un secolo alla Fifa per convincersi a ridurre il gap con gli altri continenti, e in particolare con l’Europa. Un cambiamento che sembra la conseguenza dei segnali di crescita inviati dalle nazionali africane durante l'ultima Coppa del Mondo
21 Dicembre 2022
Articolo di Alex Čizmić
Tempo di lettura 4 minuti
Il Marocco festeggia dopo una vittoria

L’edizione 2022 della Coppa del Mondo verrà ricordata come il torneo del Marocco e del risveglio collettivo dell’Africa calcistica.

La miglior prestazione complessiva nella fase a gironi per le rappresentanti del continente, due squadre qualificate agli ottavi di finale e una in semifinale hanno definitivamente archiviato la fallimentare spedizione di quattro anni prima in Russia come un incidente di percorso. Uno di quei passi indietro inevitabili all’interno di un processo di maturazione.

Il calcio africano, inteso come un insieme di realtà nazionali che crescono a ritmi e con metodi differenti, sta finalmente uscendo dai margini a cui è stato relegato sin dagli albori di questo sport.

I colonizzatori occidentali hanno diffuso il calcio tra le popolazioni locali all’inizio del ventesimo secolo, ma le hanno poi private di risorse e opportunità, ostacolando la formazione di squadre autoctone e impedendo loro di utilizzare le infrastrutture migliori.

Nel 1970, a quarant’anni dalla prima edizione, il Marocco è stata la prima nazionale africana ad accedere ai Mondiali attraverso un percorso di qualificazione continentale. L’edizione messicana è stata la prima in cui alla Confederazione africana del calcio (Caf) è stato garantito un posto tra le partecipanti. In precedenza le migliori nazionali che uscivano dalle fasi eliminatorie africane erano costrette a disputare ulteriori spareggi intercontinentali per potersi qualificare.

L’ultima selezione a subire quest’ingiustizia è stata proprio il Marocco. Nel 1961, dopo aver battuto Tunisia e Ghana nelle qualificazioni africane, i Leoni dell’Atlante hanno dovuto affrontare la Spagna per poter guadagnare l’accesso ai Mondiali dell’anno successivo.

Con una vittoria complessiva per 4-2 tra andata e ritorno, le Furie Rosse hanno spento il sogno di un continente intero di rivedere una propria rappresentante ai Mondiali dopo la partecipazione dell’Egitto nel 1934.

Questa disparità di trattamento ha spinto le nazionali africane a boicottare l’edizione del 1966, forzando la conseguente apertura della Fifa nei confronti del continente. I posti assegnati alla Caf sono gradualmente aumentati fino ai cinque attuali, che le sono stati concessi a partire dai Mondiali del 1998.

Un aumento non sufficiente a evitare che le selezioni più competitive debbano scontrarsi tra loro e alcune di esse rimanere a casa, come accaduto ad Algeria, Egitto e Nigeria alla vigilia dell’edizione che si è appena conclusa.

Un aspetto che Aliou Cissé e Otto Addo, rispettivamente i ct di Senegal e Ghana, hanno sottolineato a più riprese prima e durante il torneo. «Ciò che conta ai Mondiali è l’esperienza, ma come puoi pensare di accumularne se ti qualifichi ai Mondiali ogni venti anni?», dichiarava Cissé al New York Times il 17 novembre.

La proporzione delle partecipanti è stata ritoccata in vista dei Mondiali del 2026, i primi a quarantotto squadre: saranno almeno nove le nazionali africane partecipanti. La decima si giocherà la qualificazione in un playoff intercontinentale che dovrebbe essere allargato a tutte le confederazioni.

È servito quasi un secolo alla Fifa per convincersi a ridurre il gap con gli altri continenti. In particolare con l’Europa, a cui sono assegnati tredici posti ai Mondiali (che saliranno a sedici nel 2026) a fronte di cinquantacinque federazioni, vale a dire solo una in più dell’Africa. Questo cambiamento sembra la conseguenza naturale dei segnali di crescita inviati dalle nazionali africane in Qatar.

Una crescita certificata dalla presenza di cinque tecnici africani al comando delle proprie nazionali. Su tutti quella di Walid Regragui, il ct del Marocco, che ha rinnovato le ambizioni dell’intero continente. Riferendosi ai giornalisti europei nella conferenza stampa precedente alla semifinale contro la Francia, Regragui ha detto: «Per loro erano simpatici gli africani festosi che ballavano, ma quella mentalità è finita. Ora vogliamo vincere».

È dello stesso avviso il presidente della Caf Patrice Motsepe. «Questi sono momenti di orgoglio per il calcio africano ed è importante che lavoriamo sodo e ci concentriamo su ciò che ci aspetta in futuro», ha affermato nella conferenza stampa del 21 dicembre, indetta dal massimo organismo calcistico africano per fare il punto sui Mondiali 2022 con la stampa.

«Il Marocco ci ha fornito le motivazioni per credere che una nazionale africana possa vincere la prossima Coppa del Mondo».

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