Mozambico: sempre più attacchi a Cabo Delgado
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La prospettiva del governo di riprendere il totale controllo della provincia sembra sfumata. E pesa l'incognita Total
Mozambico: dopo l’illusione del 2023, sempre più attacchi a Cabo Delgado
Lo jihadismo mozambico ha conquistato la fiducia delle popolazioni in alcune aree ed è entrato in una nuova fase. Mostra inoltre sorprendenti capacità di contro-intelligence
20 Febbraio 2024
Articolo di Luca Bussotti
Tempo di lettura 4 minuti

Le illusioni del 2023 si sono sciolte come neve al sole. L’anno passato, infatti, era stato il periodo in apparenza più calmo sul fronte caldo di Cabo Delgado: pochi attacchi, il centro-nord della costa (Palma, Mocimboa da Praia, Afungi) rimesso in sicurezza quasi totale, mentre il governo di Filipe Jacinto Nyusi annunciava a intervalli regolari che la Total avrebbe ripreso l’investimento da 20 miliardi di dollari per lo sfruttamento di gas, interrotto per “cause di forza maggiore” nel marzo del 2021.

Al contrario, già dal 26 dicembre gli attacchi sono ripresi su larga scala, intensificandosi fra gennaio e febbraio. Senza, peraltro, apparenti reazioni apprezzabili da parte dell’esercito mozambicano e dei suoi alleati, le truppe del Rwanda e quelle della Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale (SADC – Missione SAMIM).

L’illusione del 2023

Non si tratta soltanto di nuovi attacchi, portati soprattutto nella parte centro-meridionale di Cabo Delgado. Certo, un massacro come quello accaduto a Mucojo, dove sono caduti circa 25 soldati mozambicani fa notizia. Tuttavia non si è trattato di un’imboscata isolata. Ormai, siamo entrati in una nuova fase del jihadismo mozambicano, di fronte alla quale, come sovente è avvenuto, le autorità locali non riescono a reagire.

Occorre riavvolgere il nastro di qualche mese per comprendere cosa realmente è accaduto nel “tranquillo” 2023. Vi sono almeno due elementi nuovi che non sono stati colti a sufficienza da chi ha il compito di difendere le popolazioni locali. Da questa sottovalutazione si è originata la “grande illusione”, fra l’altro abbondantemente propagandata dal governo mozambicano.

Primo: i gruppi jihadisti hanno fatto un lavoro in profondità con le comunità locali, specialmente rurali. Un lavoro di indottrinamento, con continue riunioni, spiegando le loro ragioni, e instaurando ulteriore odio contro il governo di Maputo fra gli abitanti, da sempre abbandonati a loro stessi. Jihadisti che, in varie circostanze, acquistavano le merci dei contadini a prezzi addirittura maggiori rispetto alle richieste, ingraziandosi così le loro simpatie.

Tutta questa attività non è stata presa nella dovuta considerazione, anzi, le violazioni di diritti umani da parte dell’esercito ufficiale sono proseguite senza soluzione di continuità. Alcuni pescatori, per esempio, sono stati uccisi o torturati da militari dell’esercito, pensando che fossero collaboratori e informatori dei terroristi. Ciò ha confermato che le campagne di odio anti-governativo realizzate dai jihadisti avevano una base concreta visibile.

Secondo: l’uccisione in battaglia (agosto 2023) di Bonomado Omar, o Ibn Omar, considerato il carismatico leader locale dei jihadisti mozambicani. In molti si erano illusi che la caduta di Omar costituisse, se non la fine, per lo meno l’inizio della parabola discendente del terrorismo a Cabo Delgado. I fatti stanno dimostrando che così non è stato.

La nuova fase

Con un sostrato popolare in certe aree non ostile, i terroristi si sono riorganizzati. Fonti locali credibili indicano che si sia addirittura formato un nuovo gruppo, con base nella zona di Macomia, più giovane, dinamico e aggressivo rispetto al precedente, e per adesso non necessariamente in competizione. Sarebbe proprio questo gruppo ad avere scatenato l’inferno nel corso del 2024. I suoi biglietti da visita sono distinguibili rispetto a quelli degli attacchi tradizionali: anzitutto, una chiara retorica anti-cristiana.

Nel posto di blocco che hanno stabilito per entrare a Mucojo (che, secondo quanto si sa da fonti non ufficiali, starebbe ancora sotto il controllo dei jihadisti), negato veementemente dalle autorità locali, passano soltanto autisti musulmani o chi può pagare più di 50mila meticais (equivalente a circa 650 euro). I terroristi hanno addirittura condiviso nelle reti sociali una loro dichiarazione, scritta in portoghese e inglese, spiegando le regole di questo “casello” da loro controllato.

Ancora in senso anti-cristiano, l’attacco di pochi giorni fa a Mazeze (distretto di Chiúre, estremo sud di Cabo Delgado, al confine con la provincia di Nampula) ha visto la distruzione, oltre che del mercato e del piccolo ospedale locale, anche della chiesa e della casa del parroco. In secondo luogo, i jihadisti che hanno portato gli ultimi attacchi rivelano una eccellente capacità di sorprendere l’avversario in varie circostanze, fatto che dimostrerebbe un lavoro di contro-intelligenza di alto livello, assai proeccupante.

E adesso?

Il grande interrogativo che tutti, in Mozambico, si pongono, è quale sarà il futuro di Cabo Delgado e dei suoi abitanti, al netto di ciò che Total vorrà fare rispetto al suo investimento sul gas. La Missione SAMIM ha già annunciato che lascerà il paese a giugno, anche se non è da escludere un ripensamento, viste le condizioni attuali sul terreno. Il Rwanda sta ormai in forze, con più di 2000 effettivi; certo, potrebbe ancora aumentare il numero dei suoi militari, ma il prezzo che il Mozambico dovrà pagare a Kagame sarà poi, prevedibilmente, altissimo. Sullo sfondo, una disponibilità russa nell’aiutare l’alleato mozambicano a debellare il nemico jihadista…La prima volta, con la Wagner, andò male, ma adesso, forse, l’esperienza potrebbe essere più positiva, per gli interessi di Mosca.

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