Nigeria: nuove minacce alla libertà di stampa - Nigrizia
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In parlamento due contestati disegni di legge
Nigeria: nuove minacce alla libertà di stampa
Le proteste di giornalisti, editori e proprietari dei media che denunciano un tentativo di “oscuramento dell’informazione”, sono per il momento riuscite a sospendere l’approvazione delle nuove norme. Ma il pericolo resta concreto
15 Luglio 2021
Articolo di Antonella Sinopoli
Tempo di lettura 5 minuti
information blackout
La protesta sulle prime pagine dei principali quotidiani nigeriani (Credit: Facebook)

Nella classifica 2021 del World Press Freedom Index la Nigeria è 120 su 180 paesi. Era al 115simo posto nel 2020. “La Nigeria è al momento uno dei paesi più pericolosi e difficili dell’Africa occidentale per i giornalisti che sono spesso spiati, attaccati, arrestati arbitrariamente o addirittura uccisi”. Così scrive Reporter senza Frontiere. Difficile per gli operatori della stampa operare in un clima di intimidazione e controllo che si sta facendo sempre più pressante.

L’ultimo caso è la proposta di due disegni di legge, uno riguarda modifiche del Nigerian Press Council (organismo che si occupa degli aspetti etici e degli standard di qualità giornalistici), l’altro della National Broadcasting Commission (autorità di regolamentazione delle trasmissioni radiotelevisive). La notizia ha generato immediate reazioni e non solo da parte dei giornalisti, ma anche degli editori e dei proprietari dei media.

Qualche giorno fa l’Unione dei giornalisti nigeriani (Nuj), la Nigerian Guild of Editors (Nge) e la Newspapers Proprietors Association of Nigeria (Npan) hanno sponsorizzato un annuncio sulle prime pagine dei maggiori quotidiani nigeriani e su piattaforme online. Information Blackout il titolo a commento dell’immagine di un volto imbavagliato, simbolo – appunto – dei rischi che correrebbe la libertà di stampa se i disegni di legge dovessero essere approvati.

Uniti nella protesta come forse non si era mai visto, per evitare quello che giornalisti, editori e proprietari hanno definito un tentativo di “oscuramento dell’informazione”. Misure – hanno aggiunto le organizzazioni – che non vanno solo contro i media ma che toccano il diritto dei cittadini di sapere e di essere ascoltati. Una protesta che ha sortito l’effetto sperato, almeno per il momento.

È stato lo stesso Olusegun Odebunmi, presidente del Comitato della camera per l’informazione, l’orientamento nazionale, l’etica e i valori e proponente dei disegni di legge, ad annunciarne la sospensione. «Daremo alle parti più tempo per la discussione», ha detto.

Tra gli elementi controversi del disegno di legge dell’Npc (Nigerian Press Council) c’è l’introduzione di una norma che prevede che il ministro dell’informazione approvi un codice nazionale della stampa per guidare la condotta dei media. Un’altra sezione del disegno di legge introduce una multa pari ad oltre 10mila euro e/o una pena detentiva di due anni da comminare ai giornalisti per la diffusione di notizie false.

Mentre per i media la multa raddoppia, si prevede la chiusura della testata per un anno e un risarcimento alla persona che si ritiene danneggiata da una fake news che può arrivare a 40mila euro. L’Npc avrà anche il potere di prendere in considerazione e approvare o meno le domande per l’istituzione di nuove testate e – “con l’approvazione del ministro” – di concedere licenze di trasmissione.

Per quanto riguarda la Nbc si propone il conferimento di un mandato per regolamentare i media online, ma anche i social media, e si parla di un abbonamento per il servizio radiotelevisivo. Tre o quattro settimane è il tempo concesso alle organizzazioni per ulteriori consultazioni, fare eventuali proposte alternative o mitiganti rispetto a quelle già avanzate. Ma Odebunmi ha anche chiarito: «l’Assemblea nazionale ha il potere di esaminare l’atto già presentato».

Secondo i media e i suoi rappresentanti si tratta di un’operazione politica con cui si sta tentando di rendere i media nigeriani “un dipartimento o un’estensione dell’ufficio del ministro dell’informazione”. Del resto è abbastanza stravagante solo l’idea – si sottolinea – che sia un ministro ad approvare il codice per l’esercizio della professione giornalistica.

Dietro quello che nei disegni di legge viene definito “interesse pubblico” si nasconderebbe soltanto un modo per imbavagliare, controllare, reprimere l’informazione che oltretutto avrebbe così scarsa capacità e raggio d’azione nel suo naturale ruolo di watchdog per raccontare o prevenire illegalità a livello pubblico. Nel corso delle proteste degli ultimi giorni si è fatto anche riferimento al carattere aggressivo del governo nei confronti della stampa.

Alcuni giornalisti, negli ultimi tempi, sono stati presi di mira addirittura ricorrendo al Treason Act, reato di alto tradimento, mentre altri sono stati costretti a lasciare il paese. L’impressione – si legge in alcuni commenti – è che il governo nigeriano sotto la presidenza di Muhammadu Buhari stia diventando sempre più contrario alla libertà di parola. E si ricorda che lo scorso ottobre, la Nbc aveva multato Channels Television, Arise Television e Africa Independent Television per quella che era stata definita “copertura non professionale” delle proteste #EndSars contro la brutalità della polizia.

A maggio poi, Channels Television e Inspiration FM si sono viste commutare una multa per aver intervistato e mandato in onda Emma Powerful, portavoce degli indigeni del Biafra (Ipob), organizzazione separatista il cui leader, Nnambi Kanu, è stato recentemente arrestato.

Intanto ricordiamo che dal 5 giugno scorso il presidente Buhari ha bloccato l’accesso a Twitter nel paese. Una sorta di ritorsione contro il social statunitense, reo di avergli rimosso un tweet per violazione delle politiche della piattaforma. E probabilmente il capo di Stato nigeriano non ha mai digerito l’amplificazione resa possibile da Twitter – attraverso i suoi milioni di utenti anche in Nigeria – del movimento #EndSars nell’ottobre dello scorso anno. Movimento che condannava la brutalità e l’oppressione della polizia – accusata anche di arresti ed esecuzioni extragiudiziali – in varie parti del paese. 

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