
E’ in corso oggi a Lomé, in Togo, una nuova udienza davanti al giudice per i due attivisti togolesi leader del movimento “Dynamique Monseigneur Kpodzro” (DMK), Gerard Djessou e Brigitte Adjamagbo-Johnson, arrestati due settimane fa.
Dopo una custodia cautelare di una settimana i due sono stati interrogati a lungo dalla magistratura nella notte tra venerdì e sabato della scorsa settimana, e sono stati trattenuti in prigione con l’accusa di aver organizzato una manifestazione, vietata ai tempi del Covid-19, coinvolgendo persone sovversive e di attentato alla sicurezza nazionale. Pronta è stata la reazione del loro avvocato che ha condannato questo atto di intimidazione da parte di una magistratura considerata il braccio lungo del regime.
Nel paese, nel frattempo, non si placa il clamore della società civile che chiede con insistenza la liberazione immediata e senza condizioni dei due attivisti e continua a condannare la frode elettorale del 22 febbraio scorso che, secondo la stessa Conferenza episcopale, ha visto vincitore il candidato del cartello delle opposizioni Agbeyomé Kodjio, oggi costretto all’esilio.
Nigrizia, che sta appoggiando la causa della società civile e dell’opposizione togolese, trainate dall’autorità morale del vescovo Philippe Fanoko Kpodzro, anche lui costretto all’esilio, ha raggiunto telefonicamente uno dei leader della protesta che ci aiuta a comprendere il clima che si respira nel paese. Si tratta di Thomas Kokou Nsoukpoe, presidente del partito Blocco d’azione per il cambiamento (Bac), membro della DMK e consigliere speciale del presidente democraticamente eletto, Agbeyomé Messan Kodjo.
Dottor Thomas, i due arresti sono un segno di forza o di debolezza da parte del regime?
Sicuramente sono un segno di debolezza perché non si capisce come un regime che pretende di aver vinto le elezioni presidenziali del 22 febbraio con il 72% dei voti non possa accordare il diritto di manifestare alla Dynamique Monseigneur Kpodzro, alla quale hanno attribuito un 20%. Perché devono comportarsi così se affermano che non hanno paura e che sono sicuri di aver vinto le elezioni?
Dopo questi arresti voi, come DMK, insieme agli altri gruppi della società civile, come vi state organizzando?
Ci stiamo costituendo in Comitato per reclamare la liberazione immediata dei nostri due nostri compagni. Non sono detenuti in buone condizioni sanitarie ma il loro morale è sempre alto perché chi lotta in questo modo deve sempre aspettarsi l’arresto e la prigione.
La vostra speranza di vedere riconosciuto il risultato delle elezioni è fondata su cosa? Il regime è ancora solido al punto da potersi mantenere a lungo al potere?
Secondo l’opinione del popolo togolese è la DMK che ha vinto le elezioni presidenziali. Abbiamo avuto dappertutto i nostri rappresentanti nei seggi che ci hanno comunicato all’uscita i risultati parziali che ci davano tra il 59% e il 61%. E’ stato quello il momento in cui il regime ha cominciato a cacciare i nostri rappresentanti dai seggi. Per questo la DMK ha dichiarato subito che è illegale il comportamento del regime di annunciare come vincitore il presidente in carica.
Qual è il vero sostegno politico ed economico al regime da parte della Francia?
Sicuramente il regime ha il sostegno della Francia, soprattutto della France-Afrique, dell’Unione Africana, della Cedeao (Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale) e dei loro affari. Lo abbiamo toccato con mano quando gli osservatori politici ed elettorali africani e della Cedeao hanno partecipato alla supervisione delle elezioni: nella sala di conferma dei risultati alla Ceni (Commissione elettorale indipendente) abbiamo visto un rappresentante che ha dichiarato la mancanza di diversi verbali fondamentali per la proclamazione ufficiale dei risultati.
Ricordo che la Ceni ci ha messo sei giorni a proclamare quei risultati. Il presidente democraticamente eletto, Agbeyomé Kodjo, ha voluto rivendicare la sua vittoria e noi non facciamo altro che reclamare giustizia per il popolo togolese. Ma la Francia non si è mai pronunciata dopo tutto quello che è successo nel paese.
Quale tipo di appoggio sperate di avere da parte della società civile in Africa e in Europa?
Chiediamo sostegno per la nostra azione di riaffermare la giustizia e la dignità delle urne e per la liberazione dei nostri due compagni. Noi ci siamo mossi e siamo andati a visitare i rappresentanti dei diversi paesi incontrando gli ambasciatori di Francia, Germania, Usa, Ue. Chiediamo l’appoggio dei diversi partiti internazionali per l’organizzazione di marce e manifestazioni di protesta da parte della DMK.
Ma il regime ha sempre il sostegno di questi ambasciatori che sono intimiditi e non sostengono la causa del popolo togolese. Quello che voi farete nella diaspora in Europa è molto importante perché la gente conosca la condizione di miseria del Togo e che ci sono persone che vogliono cambiare il sistema ma che sono costrette all’esilio come monsignor Kpodzro.
Per finire, voi sentite davvero che la popolazione vi appoggia?
La popolazione è con la DMK perché ogni giorno siamo interpellati rispetto alla verità delle urne. La povertà e la miseria della popolazione sono davanti agli occhi di tutti e noi lasciamo continuare il regime con il suo quarto mandato, dopo aver rubato le elezioni, come se niente fosse? Noi ora ci siamo impegnati in una lotta che non può finire e non possiamo adesso incrociare le braccia. Vogliamo che coloro che sono stati costretti all’esilio rientrino nel paese affinché possiamo risolvere insieme tutti questi problemi e il Togo possa prosperare un giorno nella pace.