
Burundi
Con l’approvazione di una legge ad personam varata a pochi mesi dalle elezioni di maggio, il presidente uscente si è garantito una serie di vantaggi e lussuosi benefici pagati con denaro pubblico, dei quali godrà una volta divenuto ex Capo dello Stato.
In Burundi chi ha il potere non ha limiti. Soprattutto se questo potere è concentrato nelle mani di una sola persona, Pierre Nkurunziza. Lo ha fatto capire con una mossa a sorpresa, un disegno di legge approvato pochi giorni fa, che gli garantirà una serie di “benefit” nel momento in cui sarà ex presidente. Ne è venuta a conoscenza l’AFP.
La normativa prevede la realizzazione di una villa hollywoodiana, costruita con fondi pubblici in una località a sua scelta, una buonuscita pari a 500mila euro e un assegno mensile a vita. Quasi totale unanimità nell’approvazione, 98 voti a favore e 2 contrari, a dimostrazione che il presidente tiene in pugno – come del resto è noto – ogni attività amministrativa e legislativa del paese.
Incognita elezioni
Capo dello Stato dal 2005, Nkurunziza ha sempre ostacolato, e anche a forza di leggi dell’ultimo minuto, la transizione del potere. Fino al colpo di scena, quando ha annunciato che non si sarebbe presentato alla competizione elettorale del prossimo 20 maggio. Cosa che si era invece assicurato, nel 2018, attraverso una modifica della Costituzione.
Eppure sono in molti a non credere che Nkurunziza rispetterà le sue promesse e a pensare che la legge che lo beneficerebbe così tanto, una volta concluso questo mandato, sia una manovra per mettersi al sicuro qualora queste elezioni prendessero un’altra piega, se fosse cioè davvero costretto a non ripresentarsi e se avvenisse quel miracolo a cui la popolazione si affida: un cambio della guardia.
Dieci anni di terrore
Dal 2015 il paese sta vivendo un momento di forte crisi sociale, cominciata proprio all’annuncio del presidente di correre quell’anno per un nuovo mandato, il terzo. Fu rieletto, ma le proteste furono feroci lasciando a terra migliaia di morti. Secondo la Corte Penale Internazionale solo tra aprile e maggio 2015 le violenze di quei giorni provocarono 1.200 morti e 400mila sfollati.
Proteste che da allora non si sono mai interrotte, nonostante la brutale risposta dei militari e dagli imbonerakure, le milizie che fanno capo al partito al potere, il CNDD-FDD (Consiglio Nazionale per la Difesa della Democrazia-Forze per la Difesa della Democrazia). Da anni le organizzazioni per i diritti umani denunciano e raccolgono prove di esecuzioni extragiudiziali, torture, sparizioni, incarcerazioni senza processo, fosse comuni.
In questo clima, dunque, le elezioni 2020 sono un banco di prova ma anche un momento rischioso per tutti, anche per chi ora ha il potere. Non va dimenticato, inoltre, il mai sopito contrasto tra hutu e tutsi che in passato, dal 1993 al 2005, ha portato ad uno dei più sanguinosi conflitti nell’area.
Proprio a causa della repressione voluta da Nkurunziza nei confronti di chi intendeva ostacolarlo, nel 2016 l’Unione Europea ha bloccato gli aiuti al paese.
Tensioni politiche
Intanto chi vive in Burundi parla di tensione palpabile, non solo quella delle strade ma quella tra il CNDD-FDD e il principale partito di opposizione, CNL (Congresso Nazionale per la Libertà). Sono elezioni importanti, dunque, quelle attese per maggio.
E anche il principale partito dell’alleanza dell’opposizione, CNARED (Consiglio Nazionale per la Conformità al Trattato di Arusha), nella persona del segretario esecutivo Anicet Niyonkuru, ha fatto sapere che tornerà dall’esilio in Belgio per partecipare, per la prima volta dal 2005, alle elezioni, dopo aver boicottato quelle del 2010 e del 2015.
Legge ad personam
In questo quadro, quindi, Nkurunziza cerca di assicurarsi il futuro con una villa, uno stipendio a vita e un assegno di 500mila euro. Una fortuna, in un paese dove il 75% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. E a riprova che si tratterebbe di una legge ad personam c’è un cavillo che distingue tra gli ex capi di Stato eletti a suffragio universale – in questo caso solo Pierre Nkurunziza – e quelli risultanti da “convenzioni o accordi di pace come Sylvestre Ntibantunganya (1994-1996) e Domitien Ndayizeye (2003-2005).
Il disegno di legge esclude anche i presidenti che sono saliti al potere attraverso un colpo di Stato, come Pierre Buyoya (1987-1993, 1996-2003). Infine, il disegno di legge prevede che dal punto di vista giudiziario “le disposizioni a tutela dell’onore, della dignità e dell’integrità fisica del Capo dello Stato si applicano all’ex Capo di Stato” e che la Corte suprema rimane competente nei suoi confronti. Insomma, Nkurunziza, si mette al riparo anche dalla giustizia o da azioni future sul suo operato.
Credit foto: Mutumba Werters