Rd Congo: dure accuse a Tshisekedi dall’arcivescovo Mugalu
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Intervista a The Africa report di mons. Muteba Mugalu
Rd Congo: pesanti accuse al presidente dall’arcivescovo di Lubumbashi
Ha rimproverato il governo di essere «paranoico nella ricerca di capri espiatori» e che «i veri nemici di questo regime sono la corruzione, il malgoverno, la povertà, l’alto costo della vita…». È possibilista sul negoziare la pace con il gruppo M23: «La storia di questo paese ci insegna che questi conflitti si concludono attorno a un tavolo». Ribadisce che la Chiesa non è né governativa né antigovernativa. Un’intervista che condiziona il percorso al voto che si celebrerà il 20 dicembre prossimo
03 Luglio 2023
Articolo di Redazione
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Il presidente Tshisekedi con alcuni componenti della Cenco

In visita il 25 giugno a Mbuji-Mayi, il presidente congolese Félix Tshisekedi aveva denunciato una «pericolosa deriva» all’interno dell’istituzione cattolica. Una risposta piccata, la sua, ai rimproveri rivolti al suo governo, qualche giorno prima, dalla Cenco, la Conferenza episcopale cattolica locale, che aveva criticato la «repressione» delle manifestazioni dell’opposizione, «la strumentalizzazione della giustizia» e un processo elettorale «mal avviato».

Ma la polemica non si è chiusa con le parole del presidente. A stretto giro di posta, infatti, è intervenuto l’arcivescovo di Lubumbashi, Fulgence Muteba Mugalu, a conferma di un contesto di rapporti tesi tra le autorità congolesi e la Chiesa cattolica in vista del voto presidenziale del prossimo 20 dicembre.

Intervistato da The Africa report, l’arcivescovo della capitale della provincia dell’Alto Katanga ha accusato il governo di essere «paranoico nella ricerca di capri espiatori» e che «i veri nemici di questo regime sono la corruzione, il malgoverno, la povertà, l’alto costo della vita, la debolezza dell’economia nazionale, lo scarso accesso della popolazione all’istruzione e alla sanità e, va detto, un certo dilettantismo nella gestione della cosa pubblica».

Già il 20 giugno mons. Mugalu aveva ricordato al presidente che la Chiesa «non è né un partner dell’opposizione né un nemico del regime». E gli aveva rinfacciato «la rara ingordigia» dell’élite congolese.

Riportiamo qui di seguito i passaggi più significativi dell’intervista a The Africa report, realizzata dal giornalista Stanis Bujakera Tshiamala.

L’11 giugno, durante una messa a Lubumbashi e davanti a migliaia di fedeli, lei ha denunciato la «rara ingordigia di un’élite al potere». A chi si rivolgeva?

È risaputo che le immense ricchezze naturali del nostro paese non vanno a beneficio del popolo congolese, né le entrate doganali. Le multinazionali e un’oligarchia politica le hanno monopolizzate con una rapacità scandalosa. Lo dimostra il fatto che il personale politico del paese si è arricchito rapidamente, e questo non si spiega solo con i loro stipendi.

Prendiamo il caso del Katanga: il suo sottosuolo è ricco, ma la popolazione è povera. Prendiamo Kolwezi, della provincia di Lualaba: è la capitale mondiale del cobalto e l’esempio perfetto dello squilibrio tra i profitti degli investitori e i benefici per la popolazione locale. Anche nell’Ituri e nel Kivu, l’oro e il coltan non contribuiscono allo sviluppo locale. La corruzione sta creando scompiglio, si verificano massicce appropriazioni indebite, malgoverno e sperpero di fondi pubblici!

La situazione della sicurezza nella regione del Katanga è preoccupante. Il Presidente Félix Tshisekedi ha affermato che la violenza è il risultato di una manipolazione per minare il suo potere. Cosa ne pensa?

La situazione è davvero precaria e potrebbe deteriorarsi ulteriormente in qualsiasi momento. Ci sono le milizie indipendentiste Maï-Maï, note come Bakata Katanga, le milizie pigmee in parte del Tanganica, le incursioni di gruppi armati dal sud del Maniema, per non parlare dell’insicurezza nelle città, dove rapine, stupri e omicidi hanno raggiunto proporzioni allarmanti.

Questo è il caso soprattutto di Lubumbashi. Ci sono anche giovani di alcuni partiti politici che si comportano come miliziani. E nonostante la loro buona volontà, i servizi di sicurezza sono sopraffatti.

È facilmente ipotizzabile che l’obiettivo sia quello di intimidire le popolazioni delle città per motivi politici. E per capire cosa sta succedendo, dovremmo smettere di mandare a Kinshasa i delinquenti arrestati a Lubumbashi, perché tornano sempre liberi.

Come si può ripristinare la pace nell’est del paese? È necessario negoziare con il gruppo ribelle M23?

La storia di questo paese ci insegna che i conflitti di questo tipo normalmente si concludono attorno a un tavolo. I congolesi hanno questa straordinaria capacità di guardarsi dritto negli occhi, di parlarsi e di riconciliarsi dopo essersi sparati addosso (…).

Come risponde all’accusa dell’Unione per la democrazia e il progresso sociale (Udps) – al governo – che la Chiesa si schiera con l’opposizione?

La Chiesa non si schiera con nessuno. Difende semplicemente il bene comune, i valori evangelici, la giustizia, la legge, i principi democratici e, soprattutto, l’inalienabile dignità della persona umana. Non facciamo politica, ma ci impegniamo nell’etica della politica per il bene del nostro paese e dei suoi abitanti più vulnerabili. La Cenco non è né un partner dell’opposizione né un nemico del regime. Propone, ma non impone, anche se l’autorità morale di cui gode giustifica l’ascolto e il rispetto. (…). Ripeto i vescovi congolesi non sono gli avversari di chi è al potere. I veri nemici di questo regime sono la corruzione, il malgoverno, la povertà, l’alto costo della vita, la debolezza dell’economia nazionale, lo scarso accesso della popolazione all’istruzione e alla sanità e, va detto, un certo dilettantismo nella gestione della cosa pubblica. Le accuse dell’Udps sono quindi infondate. Sono il frutto di una paranoica ricerca di capri espiatori volta a mascherare le debolezze della nostra classe dirigente.

Quali sono le “linee rosse” che non devono essere superate (nel processo elettorale, ndr)?  

Il rifiuto di condurre un’adeguata revisione del registro elettorale, la mancanza di consultazione tra le parti coinvolte nel processo elettorale, la mancanza di consenso sulle liste degli elettori e sulla mappatura dei seggi, il rifiuto di schierare i nostri osservatori e i testimoni dei candidati, e così via.

Se le autorità continueranno a rimanere sorde e a forzare la questione, ci sentiremo obbligati a fare una dichiarazione solenne sulla credibilità del processo in corso.

Lei è stato artefice del forum di riconciliazione dei leader katanghesi del maggio 2022, che si è concluso con una stretta di mano tra l’ex presidente Joseph Kabila e Moïse Katumbi, considerato il suo nemico giurato. Guardando indietro, direbbe che è stato un successo?

Riconciliare persone che non hanno nulla in comune è un’impresa titanica. Ci sono voluti nove mesi di duro lavoro, preghiere, contatti e discussioni per arrivare a questo forum e a questa stretta di mano. Per me rimarrà una pagina memorabile nella storia del mio ministero e, sì, credo che questa riconciliazione sia stata sincera. (…).

Come valuta i primi cinque anni di mandato di Félix Tshisekedi?

Sono consapevole che il suo compito è arduo e non sono in grado di dargli lezioni. Sta facendo quello che può, ma si è circondato di persone non all’altezza (…) ed è lui a pagarne il prezzo.

Per entrare nella storia del Congo, deve giocare una partita democratica franca e sincera, rispettando i principi fondamentali dello stato di diritto, e organizzare elezioni libere, credibili, trasparenti e inclusive. Ha tutto l’interesse a liberarsi dalle lobby di pastori e ciarlatani assetati di denaro che lo circondano, dai cortigiani del suo gruppo etnico e dai fanatici dell’Udps, che finora non hanno fatto altro che infangare la sua immagine.

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