Senegal: la conta dei morti dopo la condanna a Sonko - Nigrizia
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La sentenza porta all’incandidabilità dell'oppositore alle elezioni presidenziali del 2024 
Senegal: la conta dei morti dopo la condanna a Sonko
Nel fine settimana scorso, almeno 16 morti negli scontri tra forze dell’ordine e manifestanti pro-Sonko, che protestavano contro la condanna a 2 anni di prigione inflitti al leader dell’opposizione. Respinta l’accusa di stupro, è stato riconosciuto il crimine di corruzione della gioventù. Il risultato è la quasi certa incandidabilità del leader dell’opposizione senegalese alle elezioni presidenziali del 2024
05 Giugno 2023
Articolo di Roberto Valussi
Tempo di lettura 3 minuti

Una calma apparente è tornata in Senegal, dopo i violenti scontri di piazza che tra giovedì e domenica scorsi hanno portato ad almeno 16 morti. 

La Croce Rossa ha dichiarato di aver soccorso più di 350 feriti tra i manifestanti e 36 tra le forze dell’ordine. Ieri, il governo ha interrotto l’uso di internet in certe fasce orarie (non specificate) per gli smartphone, mentre aveva già sospeso il funzionamento dei social media e dei servizi di messaggeria da giovedì scorso. 

A far esplodere la protesta è stato l’arrivo, giovedì 1 giugno, della condanna a 2 anni di prigione per Ousmane Sonko, leader del partito Pastef e dell’opposizione senegalese. 

I giudici lo hanno ritenuto colpevole di corruzione della gioventù, ma non di stupro, nei confronti di Adji Sarr, una dipendente di un salone di bellezza e massaggi a Dakar. 

In pratica Sonko è stato ritenuto colpevole di aver avuto un rapporto sessuale, anche se  consenziente, con una ragazza nubile troppo giovane per permetterselo. La Sarr aveva 20 anni all’epoca dei fatti incriminati. L’età minima è di 21 in Senegal, in base all’articolo 324 del codice penale, compreso nella sezione “attentato alla morale”.  

La condanna porta all’incandidabilità di Sonko alle elezioni presidenziali del 2024. 

Non ha neanche diritto a fare ricorso. Lo ha perso nel momento in cui non si è presentato alla prima udienza del processo, iniziato il 23 maggio, in polemica con le autorità giudiziarie su questioni procedurali e di sicurezza. 

2 anni di tensioni giudiziarie

I 16 morti del weekend scorso chiudono un cerchio iniziato con le 14 persone rimaste uccise negli scontri con la polizia nel marzo 2021. Allora la piazza insorse per la prima convocazione in questura relativa alle accuse di stupro della Sarr. Alla base delle manifestazioni, la convinzione di una manipolazione giudiziaria finalizzata ad escludere un rivale politico. 

A loro volta, i partiti di governo hanno accusato Sonko di manipolazione della piazza al fine di evitare il confronto in tribunale. 

Negli ultimi due anni, ogni tappa di avvicinamento al processo è diventata un problema di ordine pubblico a Dakar, mentre il clima politico si faceva sempre più teso. 

Ad arroventare gli animi, ha contribuito un altro processo contro Sonko, intentato per diffamazione dal Ministro del Turismo Mame Mbaye Niang. Il caso si è concluso con la vittoria di quest’ultimo. Già qui, il leader dell’opposizione senegalese rischiava l’incandidabilità. ll processo è arrivato al secondo grado di giudizio a fine aprile. Un terzo grado avrebbe potuto portare alla sua eliminazione dalla lista elettorale. 

Ma a tenere banco, rimaneva il processo per stupro. Ormai convintosi dell’intenzione governativa di volerlo liquidare per vie giudiziarie, Sonko aveva chiamato esplicitamente alla disobbedienza civile già un mese fa. Lo scorso 28 maggio aveva lanciato una ‘’carovana della libertà’’ che lo doveva condurre via terra in un bagno di folla da Ziguinchor, città in cui è sindaco nel sud del Senegal, fino a Dakar. Puntava a mostrare la sua capacità di mobilitazione. Le forze dell’ordine lo hanno bloccato dopo pochi chilometri e trasportato in modo coatto al suo domicilio di Dakar. Si trova lì da allora. Gli è stato possibile comunicare via social, ma non di ricevere visite dai suoi avvocati o dai compagni di partito.

L’altro elemento centrale del clima febbrile per la democrazia senegalese è l’ambiguità di Macky Sall riguardo alla sua candidatura per un terzo mandato presidenziale, uno in più di quanto concesso dalla Costituzione. 

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