Senegal: il corpo delle donne come oggetto politico - Nigrizia
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La denuncia della Rete delle Femministe del Senegal
Senegal: il corpo delle donne come oggetto politico
Con un articolato documento, il collettivo femminista interviene sulla vicenda giudiziaria e politica che ha visto protagonista l’oppositore Ousmane Sonko e la giovane impiegata di un salone massaggi che lo ha accusato di stupro. Un’occasione per raccontare la difficile condizione delle donne in un paese fortemente misogino e patriarcale
06 Luglio 2023
Articolo di Réseau des Féministes du Sénégal (traduzione Irene Bedosti)
Tempo di lettura 11 minuti

Il 1° giugno 2023, la giustizia senegalese ha infine deliberato sul caso Sweet Beauty, nel quale Adji Sarr, giovane donna impiegata nel suddetto salone massaggi, aveva accusato di stupro Ousmane Sonko, presidente del partito politico Pastef e il candidato alla presidenza del 2024.

L’imputato è stato assolto dall’accusa di minacce di morte, ma le accuse di stupro sono state riformulate come “corruzione della gioventù”. È stato anche condannato a 2 anni di carcere, oltre al versamento di 2 milioni di franchi CFA (3mila euro, ndr) alla vittima Adji Sarr, come anche 600.000 franchi CFA (914 euro) alle istituzioni di Giustizia, sotto forma di danni e interessi.

Ndèye Khady Ndiaye, proprietaria del salone di massaggi, è stata condannata a 2 anni di carcere per incitamento alla dissolutezza, con una multa di 600.000 franchi CFA e l’ordine di chiudere il suo salone.

In seguito a questo verdetto, delle manifestazioni violente hanno scosso il Senegal per alcuni giorni, causando morti, lo stupro di alcune donne, il saccheggio di beni pubblici e privati.

Il bilancio è a dir poco macabro. Si contano più di 20 morti secondo le fonti ufficiali, 500 persone arrestate e 8 casi di violenza sessuale su donne sono stati denunciati, come anche numerosi casi di persone scomparse.

Siamo profondamente addolorate per la perdita di vite umane e condanniamo la violenza e la distruzione di proprietà pubbliche e private.

Lettura femminista del verdetto

Siamo rimaste turbate da questo verdetto, che abbiamo trovato ambiguo e confuso. Comunque la si guardi, questa sentenza è un duro colpo per la lotta per i diritti delle donne in Senegal, in particolare per quanto riguarda le conquiste ottenute con la criminalizzazione dello stupro.

Lo stupro non è stato archiviato, ma riclassificato come corruzione giovanile.

Tuttavia, è stata accertata la natura malsana della relazione sessuale tra Ousmane Sonko e Adji Sarr. Gli esperti legali spiegano la corruzione di giovani come una forma di costrizione morale o di pressione psicologica che un adulto impone a un giovane di età inferiore ai 21 anni.

All’epoca dei fatti, Adji Sarr aveva 19 anni e Ousmane Sonko 46. Dato il precario status sociale di Adji Sarr, questo verdetto suggerisce che tra i due ci sia stato un contatto sessuale illecito, ma non uno stupro.

Lo stupro è uno dei crimini più difficili da provare, in un sistema giuridico con delle istituzioni sessiste in cui l’onere della prova ricade sulle spalle dei denuncianti.

Chi crede nella parola dei sopravvissuti, come Adji Sarr, ritiene che la notorietà e i problemi dell’accusato abbiano giocato a suo favore per far riqualificare i fatti come reato punibile con 10 anni di reclusione.

Il dubbio è certamente a vantaggio dell’imputato. Tuttavia, la condanna di Ndèye Khady Ndiaye rafforza il fatto che il salone di massaggi non fosse destinato ad attività lecite, il che dimostra che l’imputato non era lì per un semplice massaggio come aveva dichiarato.

I servizi offerti dal salone, come “body-body, rifiniture”, avevano connotazioni sessuali.

Alcuni dicono che questo non è un processo alla morale, ma dobbiamo interrogarci sul fatto che un uomo di 46 anni frequentasse, a tarda notte e durante il coprifuoco, un luogo in cui una giovane donna di 19 anni, socialmente ed economicamente vulnerabile, svolgeva una professione che la rendeva facile preda.

Ogni sopravvissuta che osa rompere il silenzio deve essere creduta e sostenuta.

Le autorità giudiziarie (per lo più uomini) sembrano riluttanti ad applicare la recente legge che criminalizza lo stupro.

Per ricordare che, nonostante decenni di lotta da parte delle associazioni femminili, lo stupro era considerato un reato semplice in Senegal, la legge che lo criminalizza è stata promulgata nel gennaio 2020, in seguito a diversi casi di stupro seguiti da omicidio.

La riluttanza ad applicare la legge e la frequenza con cui le accuse di stupro vengono riclassificate come reati minori dimostrano la reticenza dei nostri tribunali. Lo stupro è diffuso e comune nel Paese, e gli uomini che ne sono accusati la fanno quasi sempre franca.

Tutte le discussioni e le azioni che hanno circondato il processo e il verdetto rivelano una serie di realtà sociali in Senegal, in particolare la vulnerabilità delle ragazze rese tali da un sistema patriarcale che si fortifica sfruttandole.

Il processo che rende vulnerabili le ragazze come Adji Sarr le pone all’incrocio di una serie di oppressioni, tra cui sessismo, classismo e sfruttamento sessuale.

Il deterioramento delle condizioni di vita della popolazione rende particolarmente vulnerabili i giovani e le donne, che sono doppiamente colpite. Che si tratti di istruzione, salute, economia, rappresentanza politica o organi decisionali, i diritti delle donne sono sempre più calpestati.

Utilizzando questa vicenda privata per fini politici, i due schieramenti, l’opposizione e il partito al potere, sono uniti su un punto: stanno minando la parola e il corpo delle donne, accentuando la loro schiavitù in una società fondamentalmente misogina.

L’intero Paese è ora stretto tra i capricci di due uomini potenti.

Il silenzio del Presidente della Repubblica sulla questione del terzo mandato (sciolto solo il 3 luglio con l’annuncio della sua rinuncia a ricandidarsi nel 2024, ndr) è dannoso per le donne e ne accentua la vulnerabilità, perché è servito da pretesto per politicizzare una vicenda privata tra due cittadini senegalesi.

Il corpo di Adji Sarr viene sballottato tra i due campi e usato come sacco da boxe.

Nelle ultime settimane abbiamo assistito a un Simb (il gioco dei falsi leoni. Consiste in una celebrazione tradizionale di origine animista dove alcuni uomini venivano temporaneamente impossessati dallo spirito di un leone) internazionale misogino in cui gli uomini ingaggiano un duello di parole sui media, rendendo invisibile la sopravvissuta e ignorando i fatti originali.

La violenza endemica (sia verbale che fisica) contro donne e ragazze è diffusa nel Paese.

Ad oggi, 36 ragazze di età compresa tra i 6 e i 16 anni sono state abusate sessualmente da un maestro coranico nei dintorni di Touba. L’uomo si è consegnato alle autorità di polizia. Cosa è successo dopo? Non lo sappiamo.

Nel frattempo, le sue vittime vivono il trauma. Si parla già della loro emarginazione nella comunità, dove vengono incolpate di ciò che è accaduto loro.

I femminicidi sono in aumento, le violenze di ogni tipo proliferano, eppure pochi osano rompere il silenzio o intraprendere azioni legali per chiedere une riparazione.

Se a questo si aggiunge il recente indurimento (radicalizzazione) del discorso politico e la chiusura dello spazio civico, si assiste all’avanzata di un discorso maschile auto- centrato in cui le rimostranze delle donne senegalesi rimangono alla periferia e non vengono prese in considerazione.

La banalizzazione dello stupro

Lo stupro sta diventando un fenomeno endemico in Senegal e sono numerose le persone che non sono consapevoli di cosa sia lo stupro.

Nell’immaginario collettivo, lo stupro è solo un flirt che si spinge troppo oltre, un consenso che viene ignorato ma non porta a conseguenze.

Prendendo in giro l’aspetto della sua vittima con commenti abietti come “Se dovessi stuprare, non stuprerei una scimmia con un ictus”, Ousmane Sonko considera la violenza sessuale una forma di adulazione, un favore concesso a qualsiasi donna che lo meriti.

Al di là della caricatura animale e dell’abilismo di queste parole, dobbiamo forse ricordargli che lo stupro non è né romantico né tantomeno una questione di sesso.

Lo stupro è una questione di potere e di controllo che non ha nulla a che vedere con l’aspetto della vittima. Altrimenti non verrebbero violentati né i neonati né i bambini piccoli!

Le accuse secondo cui Adji Sarr sarebbe stata manipolata sono sessiste e infantilizzanti. Queste accuse suggeriscono che le donne stesse sono incapaci di denunciare uno stupro. Rafforzano gli stereotipi sessisti e minimizzano la voce delle donne che denunciano la violenza sessuale.

Anche il valore delle parole delle sopravvissute allo stupro viene messo in discussione.

Ogni volta che una sopravvissuta a uno stupro si fa avanti, ha dovuto affrontare un grande sforzo fisico e psicologico per potersi esporre.

Così come non esiste uno stupratore tipico, non esiste un profilo perfetto di sopravvissuta.

Ogni sopravvissuta ha il proprio modo di affrontare il trauma e di ricostruire la propria vita. Adji Raby Sarr non fa eccezione. E nemmeno il signor Sonko, anche se è conosciuto come “mou sell mi” (il puro, il santo, in lingua wolof).

Lo stupro è un’arma di dominio e le donne sono le prime a pagarne il prezzo. Durante i recenti disordini, otto donne sono state stuprate, tre studentesse all’Università Assane Seck di Ziguinchor e altre cinque da uomini incappucciati che hanno attaccato l’hotel-bar Columbia a Diamniadio.

Il corpo delle donne viene mercificato e diventa proprietà pubblica da saccheggiare come le merci rubate durante le manifestazioni, da prendere e consumare a piacimento.

Anche la copertura mediatica degli ultimi due anni ha rivelato la sua parte di misoginia. In un precedente articolo (L’immunità mediatica, un privilegio maschile), abbiamo messo in guardia sul modo in cui il corpo delle donne viene ritratto e trattato dalla stampa senegalese.

Sensazionalismo, adescamento e voyeurismo sono la regola quando si parla di violenza sessuale.

La caccia alle femministe 

Questo verdetto ha reso la situazione ancora più precaria per le femministe che hanno sostenuto Adji Sarr nel suo prendere la parola. Oggi, crederle significa esporsi a lapidazioni e minacce.

Durante i disordini dell’1 e 2 giugno 2023, giovani manifestanti hanno picchiato un’attivista per i diritti delle donne. Allo stesso modo, i nomi e le foto di diverse femministe senegalesi sono stati pubblicati sui social network, spingendo la gente a dare loro la caccia.

Le femministe sono state ostracizzate dalla nazione, escluse per aver avuto l’audacia di esercitare il loro spirito critico rifiutandosi di rispondere all’ingiunzione di rimanere in silenzio.

Queste sono le classiche logiche di silenziamento con cui le femministe si confrontano quotidianamente, sia nella sfera pubblica che in quella privata.

L’ostilità della sfera pubblica senegalese al discorso e all’azione femminista è una realtà pervasiva da diversi anni. Il rifiuto della perdita dei privilegi maschili ha creato un clima deleterio.

È paradossale che in altri casi di abusi sessuali la società faccia appello alle femministe. Ma nel caso Sweet Beauty, le femministe sono state attaccate perché hanno messo in dubbio la parola di Ousmane Sonko.

Le attiviste e le ricercatrici di genere sono usate come un’arma a doppio taglio. Spesso si cerca la loro competenza, mentre le loro parole vengono screditate.

Oggi la voce delle donne deve essere liberata dalle catene in cui è stata imprigionata dal frastuono dei politici assetati di potere. I fatti relativi alla vicenda Sweet Beauty devono essere riportati nella loro implacabile verità, a prescindere da ipotesi, pregiudizi, preconcetti e stereotipi.

La loro cronologia non lascia dubbi nella mente di un essere pensante libero. Una vicenda privata è stata usata a fini politici per proteggere un leader politico dal dover rispondere delle sue azioni.

Che la stessa vicenda sia stata usata dall’altra parte per eliminare un avversario politico è abbastanza probabile, vista la storia recente del Paese.

Confondendo politica e affari privati, i politici sono riusciti a minare la parola e il corpo delle donne, che ora sono esposti agli istinti più feroci di una società fondamentalmente misogina che riconosce alle donne solo il diritto di tacere.

Quello che vogliono le femministe 

Vogliamo un paese più egualitario, dove la pace, la giustizia e la dignità siano per tutt* l* cittadin*.
Noi chiediamo: 

  • L’attuazione di politiche che tengano conto di tutti gli strati
  • Il miglioramento della sicurezza di donne e
  • La piena applicazione della Legge 20.05, che criminalizza lo stupro e la pedofilia.
  • Riservatezza dei dati personali dei sopravvissuti
  • L’istituzione di tribunali specializzati per processare gli autori di aggressioni sessuali.
  • Un’assistenza olistica efficace e gratuita che comprenda interventi medici, psicosociali e legali, oltre una prevenzione e una risposta incentrata sui sopravvissuti.
  • La revisione dei manuali di formazione per tutte le persone coinvolte nell’assistenza ai sopravvissuti, per rafforzare la loro capacità di fornire risposte informate sui traumi.
  • Una formazione più rigorosa della stampa sulla copertura mediatica delle questioni relative alla violenza sessuale e di genere.

L’eccezione senegalese come esempio di democrazia in Africa non è altro che un miraggio. È stata costruita a scapito delle donne, che non hanno espresso la sofferenza che sopportano quotidianamente in una società ipocrita nel trattare donne e bambini.

Stiamo assistendo all’espressione di una mascolinità senegalese in perfetta egemonia sullo sfondo della distruzione e dell’abuso delle donne. Siamo più che mai determinate a togliere il bavaglio che ci sta soffocando.

Niente e nessuno riuscirà a escluderci da questa nazione. Come cittadini a pieno titolo, intendiamo esercitare i nostri diritti e adempiere ai nostri doveri senza cedere ai terroristi delle idee e ai mercenari della penna.

Denunceremo tutti gli abusi, tutte le esazioni, tutti gli eccessi, tutti gli stupri e soprattutto non abbandoneremo mai il nostro spirito critico che ci rende donne libere che non hanno bisogno di maestri.

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