“Si depongano le armi e apriamo un dialogo nazionale” - Nigrizia
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Repubblica Centrafricana / Il 27 dicembre si vota (forse)
“Si depongano le armi e apriamo un dialogo nazionale”
Domenica prossima i centrafricani sono chiamati a rinnovare il parlamento e a eleggere il presidente. Ma lo stato non controlla buona parte del paese e i gruppi armati mettono a rischio il voto. L’appello delle società civile: «Serve una concertazione tra tutte le forze vive»
21 Dicembre 2020
Articolo di Crescent Beninga (Portavoce del Gruppo di lavoro della società civile - Gtsc)
Tempo di lettura 3 minuti
seleka
Miliziani seleka (Credit: radiyoyacuvoa.com)

La popolazione centrafricana assiste da un paio di settimane alla recrudescenza della violenza armata gestita oggi dalla Convenzione per il cambiamento… Una nuova ribellione che, va detto, è espressione di una alleanza incestuosa e contro natura che vede da una parte le milizie Seleka (“alleanza”: nel 2013 conquistarono la capitale Bangui e fecero saltare il presidente François Bozizé) e dall’altra gli anti-balaka (milizie sedicenti cristiane che si sono a lungo opposte a Seleka).

Non c’è dubbio alcuno che dietro questa ribellione ci sono uomini politici centrafricani. Si cita con qualche prova l’ex presidente François Bozizé, anche se bisogna portare elementi di prova per confermare la sua mano. Ma c’è di certo per qualche ragione… Questa ribellione oggi non ha opzioni politiche: l’obiettivo è di arrivare a rimandare le elezioni politiche e presidenziali del 27 dicembre e innescare una transizione politica, visto che il presidente uscente Faustin Archange Touadéra non se ne va e anzi si ripresenta per un secondo mandato. Ora, benché la sua governance sia oggetto di dibattito, si tratta di un atto antidemocratico e che renderebbe ancor più fragile la Repubblica Centrafricana che fatica a riprendersi da decenni di conflitto.

La Seleka non ha lezioni da dare ai centrafricani. È già stata al potere e non ha lasciato che il ricordo di uccisioni, drammi di guerra, vandalismi, saccheggi… Lo stesso vale per gli anti-balaka che avevano allora voluto liberare il paese dalle mani della Seleka, ma che purtroppo si sono comportati in maniera ancor più pericolosa e peggiore dei Seleka. Diventa difficile voler pretendere la liberazione del Centrafrica con attori che non hanno in passato dato una buona prova di sé.

Va deplorato inoltre il comportamento degli uomini politici centrafricani che rifiutano di condannare questi atti di violenza. O sono complici dei movimenti ribelli o hanno paura di prendere posizione. Il loro silenzio forte ed eloquente costituisce un ostacolo alla lotta contro questi movimenti armati che sono quasi alle porte della capitale.

Non si comprende nemmeno il comportamento del governo centrafricano che, nonostante l’insicurezza persistente all’interno del paese, insiste ad andare alle elezioni. Ma chi andrà a votare e come? A che servirebbero elezioni così in queste condizioni?

L’urgenza oggi è di aprire al dialogo e andare alla concertazione per facilitare lo scambio tra i vari attori per trovare una soluzione della crisi che è al tempo stesso politica e militare. Il presidente Touadéra deve dar prova di apertura di fronte alle forze vive della nazione e anche nei confronti dei belligeranti per giungere a una soluzione pacifica.

Per avviare questo processo, il Gruppo di lavoro della società civile (Gtsc) chiede le dimissioni di tutti coloro – membri del governo, del gabinetto del primo ministro e del presidente della repubblica – che sono implicati nella realizzazione della Convenzione per il cambiamento. 

Di seguito l’intervento audio originale (in francese) di Crescent Beninga:

 

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