Smemorato e lontano. Il nostro sguardo sull’Africa - Nigrizia
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Fermoposta / Marzo 2023
Smemorato e lontano. Il nostro sguardo sull’Africa
Come ci ha ricordato papa Francesco, l’Occidente ha gravi responsabilità sulla situazione socio-politica del continente. Ma, anche nelle parrocchie, si preferisce far finta di nulla
01 Marzo 2023
Articolo di Alex Zanotelli
Tempo di lettura 4 minuti
Nella Rd Congo le miniere operano in ambienti di lavoro difficili per i quasi 150mila lavoratori, integrati da circa 40mila bambini, secondo Amnesty International (Credit: Julien Harneis, CC BY-SA 2.0 / Wikimedia Commons)

Questo articolo è uscito sulla rivista Nigrizia di marzo 2023

Con il suo ultimo viaggio, lo scorso febbraio, in Rd Congo e Sud Sudan, papa Francesco ha raccolto e indirizzato l’attenzione dei cristiani e dell’opinione pubblica mondiale sui conflitti che attraversano i due paesi e sulle vicende del continente africano. Ha stigmatizzato le disuguaglianze, ha incoraggiato i giovani cattolici a essere costruttori di pace, ha esortato i leader dei paesi in questione a cercare un terreno di pacificazione e ha chiesto alla comunità internazionale di non distogliere lo sguardo dall’Africa. Caro Alex, pensi che le sue parole saranno ascoltate dalla società e dalla Chiesa italiana, dalla Conferenza episcopale? Ho talora l’impressione che ciò che succede in Africa non incontri l’interesse dei sacerdoti e delle comunità parrocchiali. Ci si limita all’elemosina… Tu come la vedi? (Daniele Nardin – Rovigo)


Noi occidentali abbiamo qualche problemino con l’Africa, anche come Chiesa. Rispondo alle tue domande facendo leva sulle parole pronunciate da papa Francesco nel suo recente viaggio in Rd Congo e Sud Sudan. Francesco ha detto che il mondo deve ricordare i disastri da noi compiuti in Africa lungo i secoli: l’abominio della tratta degli schiavi verso le Americhe; l’aggressione coloniale con lo scopo di sfruttare le risorse; il neocolonialismo politico-economico dei decenni più recenti, che ha continua a depauperare il continente.

E dal papa è arrivata la denuncia netta del colonialismo economico di oggi, che ha lo scopo di mantenere alto il nostro stile di vita. Basta vedere come siamo alla ricerca di idrocarburi e altre risorse minerarie (coltan e cobalto in Rd Congo, gas in Mozambico), spesso in combutta con governi africani corrotti o inadeguati. E non a caso i presidenti del consiglio italiani vanno in Africa solo quando ci sono da trattare questioni petrolifere…

«Giù le mani dall’Africa» è un’altra espressione di Francesco. E qui dobbiamo mettere in questione non solo l’Occidente ma anche la Russia che, attraverso i mercenari dell’impresa privata Wagner, vicina a Putin, sta instaurando relazioni securitarie con molti paesi e la Cina che con il suo approccio economicistico (si è appena assicurata lo sfruttamento della più grande miniera di coltan in Rd Congo) sta accrescendo la sua influenza in molte aree.

Il papa osserva poi che il mondo ricco chiude gli occhi, gli orecchi e la bocca, cioè non si assume nessuna responsabilità riguardo alle condizioni in cui versano intere nazioni. Intende anche dire che l’argomento Africa non fa parte del dibattito dell’Occidente, che però spesso si erge a culla della civiltà e a paladino dei diritti umani fondamentali.

A questo riguardo mi ha preoccupato un editoriale dello storico Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, pubblicato il 30 gennaio. Ha sostenuto che il papa va nel sud del mondo ma si dimentica dell’Europa e che questo non va bene perché il cristianesimo ha le sue radici in Europa. Ma lo storico sa meglio di me che il cristianesimo nasce nel Medio Oriente e che Gesù è ebreo. Ancora una volta uno sguardo coloniale.

Il papa ha anche detto che l’Africa deve contare di più. Ci invita cioè a valorizzare questo continente dove è nato l’homo sapiens, il progenitore di tutti noi. E poi è un continente che ha vitalità, forza e coesione. Lo sintetizza bene la parola ubuntu, in lingua bantu significa “io sono in quanto noi siamo”: un legame di condivisione che unisce l’umanità.

Per venire alla Chiesa, l’Africa conta troppo poco. Quand’è che la Chiesa occidentale prederà sul serio il tema dell’inculturazione della liturgia che renderebbe la Chiesa davvero cattolica? Purtroppo devo convenire con questo lettore: l’Africa interessa poco alle comunità parrocchiali italiane e agli stessi sacerdoti. Credo sia dovuto principalmente alla scarsa conoscenza dell’Africa di oggi e della sua storia (compresi danni fatti dal colonialismo italiano). È quindi necessario che ci si informi di più, che si faccia lo sforzo di capire, che non ci si accontenti di finanziare la costruzione di un ospedale o di una chiesa. Serve consapevolezza.

 

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