Sudan: le RSF entrano a Wad Madani - Nigrizia
Armi, Conflitti e Terrorismo Sudan
Il capoluogo dello stato centro-orientale di Gezira è una delle più importanti città e ospita oltre mezzo milione di sfollati
Sudan: le RSF entrano a Wad Madani
19 Dicembre 2023
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 4 minuti
Persone in fuga dai combattimenti

Il 18 dicembre il conflitto sudanese ha avuto una nuova svolta, ancora una volta in favore delle milizie di Mohamed Hamdan Dagalo, alias Hemeti, le Forze di supporto rapido (RFS).

Dopo giorni di combattimento, le RSF hanno vinto la battaglia con la Prima divisione di fanteria dell’esercito nazionale (SAF) che presidiava il ponte Hantoob, all’ingresso di Wad Madani, una delle più importanti città del Sudan e capoluogo dello stato di Gezira, granaio del paese e porta del Sudan orientale, finora saldamente nelle mani dell’esercito.

Wad Madani ha circa 700mila abitanti che avevano accolto circa mezzo milione di sfollati per gli scontri nella capitale Khartoum, che dista poco più di 130 chilometri.

Fino a pochi giorni fa era considerato un porto sicuro, nonostante le difficili condizioni di vita dovute al sovraffollamento, alla scarsità dei beni di prima necessità, all’afflusso minimo degli aiuti umanitari e alla precarietà delle condizioni igieniche che avevano favorito la diffusione di malattie come il colera, che ha già fatto numerose vittime nelle zone più colpite dal conflitto.    

I combattimenti dei giorni scorsi avevano provocato la fuga di migliaia di persone verso le regioni confinanti, e in particolare verso El Gedaref, il primo stato del Sudan orientale che si incontra seguendo una delle direttrici principali del paese che unisce Khartoum a Port Sudan, passando appunto da Wad Madani, Gedaref e Kassala.

Proprio nello stato di El Gedaref l’11 dicembre l’intelligence militare ha detto d’aver intercettato due spedizioni di armi destinate alle RSF, con un totale di 192 fucili automatici. Secondo fonti militari, riferisce il Sudan Tribune, le armi sarebbero state introdotte in Sudan da un paese vicino con il sostegno di una nazione araba.

A Wad Madani già nei giorni scorsi si erano viste lunghissime code di macchine alle pompe di benzina e i prezzi di beni di prima necessità e dei medicinali erano andati alle stelle. Ora si teme che il flusso aumenterà di molto, provocando un’ulteriore crisi in un paese già vicino alla catastrofe umanitaria.

Foto e video, esaminate dagli esperti informatici di Sudan War Monitor, un attendibile sito, editore di un bollettino online che segue con grande precisione le fasi dei combattimenti, mostrano miliziani delle RSF all’interno della guarnigione dell’esercito posta a presidio del ponte Hantoob, da cui sono dilagati in città.

Secondo Sudan War Monitor, le RSF controllano il ponte e alcuni dei quartieri occidentali e settentrionali. L’esercito, però, controllerebbe ancora molte altre zone, tanto da far temere una battaglia tra i due belligeranti come quella per la presa di Khartoum, che ha finito per danneggiare gravemente la città.

Secondo il Sudan Tribune, invece, ieri gli uomini della Prima divisione di fanteria avrebbero di fatto rinunciato a combattere. La grande maggioranza si sarebbe ritirata nella confinante regione del Sennar, abbandonando armi e munizioni. La circostanza ha sollevato numerosi interrogativi sulla capacità, possibilità e volontà dell’esercito di proteggere il paese e la sua popolazione.

In un lungo tweet pubblicato oggi, Hemeti dà invece la sua versione, spiegando che “le Forze di supporto rapido hanno deciso di spostarsi verso il quartier generale della Prima divisione di fanteria sulla base di accurate informazioni di intelligence che confermavano che la leadership delle Forze Armate, in coordinamento con i leader del vecchio regime, aveva mobilitato una forza di decine di migliaia di combattenti per attaccare le RSF a Khartoum”. 

Il giorno precedente la ritirata, le SAF avevano diffuso informazioni relative ad una sconfitta delle RSF, che si erano ritirate – ora sappiamo solo momentaneamente – dalla città. Questo aveva suscitato manifestazioni di giubilo della popolazione che ora si chiede se non fossero notizie false o perlomeno infondate.

Sul suo tweet Hemeti parla della “vittoria di oggi a Madani” come di “un colpo forte e doloroso” per “il vecchio regime nelle istituzioni civili e militari”, chiedendo alle persone fuggite di “rientrare nelle loro case” e assicurando che “i civili nella città di Madani e in tutto lo stato di Gezira rimarranno sani e salvi e protetti”.

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