L'Africa meridionale nella morsa della siccità - Nigrizia
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Lo Zambia ha dichiarato uno stato di emergenza nazionale. Lo Zimbabwe pensa a importare cibo ed elettricità
L’Africa meridionale nella morsa della siccità
Gli effetti più duri su agricoltura e approvvigionamento di energia. La colpa è soprattutto di El Niño
08 Marzo 2024
Articolo di Brando Ricci
Tempo di lettura 4 minuti
Il parco nazionale di Hwange, Zimbabwe. Fonte: Wikipedia

Febbraio è stato il mese più secco degli ultimi 40 anni in larga parte di Botswana, Zambia e Zimbabwe. La siccità sta colpendo duramente soprattutto questi ultimi due paesi, con conseguenze devastanti sui raccolti – e quindi sulla sicurezza alimentare – e sull’approvvigionamento di energia elettrica. Vista la gravità della situazione, la settimana scorsa il presidente dello Zambia, Hakainde Hichilema, ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale.

La stagione delle piogge sta avendo un andamento anomalo in quasi tutta l’Africa meridionale, dove generalmente dura da ottobre ad aprile, toccando il picco proprio fra gennaio e marzo. La causa principale di questa alterazione climatica è da individuarsi nelle conseguenze del fenomeno meteorologico noto come El Niño, a cui si sommano gli effetti del riscaldamento globale. El Niño causa un aumento della temperatura delle acque dell’Oceano Pacifico centrale e meridionale. Questa dinamica provoca a sua volta una serie di mutamenti climatici in buona parte del pianeta, generando in modo particolare un incremento degli eventi estremi. 

I dati peggiori di sempre 

L’Africa australe in genere, riscontra una diminuzione nella quantità delle precipitazioni. Delle stime provvisorie elaborate dal Santa Barbara’s Climate Hazards Center dell’Università della California, rilanciate dal portale Bloomberg, mostrano che in larga parte dello Zambia e dello Zimbabwe, il febbraio appena trascorso è stato il meno piovoso da quando sono iniziate le rilevazioni, ovvero dal 1981. Lo stesso si può dire per tutto il Botswana centro-settentrionale.

Lo scenario descritto dal centro statunitense è confermato dal monitoraggio stagionale del Programma alimentare mondiale (Pam). Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, a febbraio Zimbabwe, Botswana e Zambia – ma anche Malawi e Mozambico – hanno ricevuto meno del 20% delle precipitazioni che normalmente si verificano nella regione durante il mese. Secondo il Pam, almeno da fine gennaio si sta verificando una condizione che può essere definita di “siccità”. Si prevede che i livelli di precipitazioni tipici di questa fase si prolunghino almeno fino a marzo inoltrato.

Gli effetti sono già devastanti. Secondo quanto denunciato dal presidente zambiano Hichilema in occasione dell’annuncio dell’emergenza nazionale, il 45% delle colture del paese è andato distrutto proprio durante il periodo di maturazione del grano. Il prezzo di questa materia prima è aumentato del 76% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. La situazione nel vicino Zimbabwe non è più rosea: a dicembre il governo ha previsto per il 2024 un dimezzamento della quantità del grano raccolto rispetto al 2023 – circa 1,1 milioni di tonnellate contro 2,3 milioni – e ben al di sotto della quantità di questo cereale necessario per l’approvvigionamento della popolazione, pari a circa 1,8 milioni di tonnellate. Lo Zimbabwe prevede di dover importare oltre un milioni di tonnellate di grano dai paesi vicini. A rifornire Harare sono in genere lo Zambia, la cui agricoltura versa in condizioni quasi più critiche, e il Sudafrica. Pretoria non sembra disporre della quantità di cereale sufficiente, anche perchè diversi altri paesi della regione potrebbero aver bisogno di grano come Harare. Il tutto mentre circa 2,7 milioni di persone, su una popolazione totale di 16 milioni, necessitano di aiuti umanitari secondo quanto riportato da autorità locali e PAM.

Una regione al buio 

La mancanza d’acqua colpisce un altro settore nevralgico per i due paesi: la loro rete elettrica. Lo Zambia fa affidamento sull’idroelettrico per l’85% della sua produzione, lo Zimbabwe per il 70%. Due numeri bastano quindi a far capire l’entità della crisi: il grande fiume Zambesi che attraversa entrambi i territori è a circa un quarto della sua portata. La diga di Kabira, che si trova al confine e rifornisce entrambi i paesi, è al 15% della sua capacità secondo quanto riportato dal portale di notizie New Zimbabwe. Il  bacino della struttura rifornisce Lusaka per il 30% del suo fabbisogno e Harare per il 50%. 

Gli effetti non hanno tardato a palesarsi. La società elettrica statale zambiana ZESCO ha annunciato razionamenti di energia per otto ore al giorno a partire da lunedì. Secondo i media dello Zimbabwe, in cui già si verificano continui blackout, l’unica strada rimasta per il paese è importare l’energia. Il vicino Sudafrica, in genere punto di riferimento per tutta la regione, vive a sua volta una crisi delle rete elettrica nazionale fra le peggiori al mondo. Resta il Mozambico: l’anno scorso il paese ha fatto registrare un surplus nella produzione di energia, che ha esportato verso i suoi vicini. Questo eccesso è dovuto anche al fatto che solo il 36% della popolazione ha accesso alla rete elettrica. Il fabbisogno soddisfatto quindi, è molto inferiore a quello reale.

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