Benin: le mosse dei vescovi - Nigrizia
Benin Chiesa e Missione Politica e Società
In vista delle elezioni presidenziali dell’11 aprile
Benin: le mosse dei vescovi
In uno scenario molto teso per il tentativo delle autorità al potere di sbarazzarsi dei veri oppositori, la Conferenza episcopale cerca soluzioni che garantiscano trasparenza e coesione nazionale
23 Marzo 2021
Articolo di N’Sougan Agoh Nestor Stéphane (da Cotonou)
Tempo di lettura 5 minuti
I vescovi beninesi al lavoro
I vescovi beninesi in riunione (La Croix)

Lo svolgimento nonviolento e trasparente delle elezioni presidenziali dell’11 aprile è, come per la maggior parte della popolazione, la priorità sul tavolo della Conferenza episcopale beninese (Ceb).

I vescovi sono ben consapevoli che, contrariamente a quanto avveniva alcuni decenni fa, le elezioni sono diventate nel paese, da un lato, fonte di controversie all’interno della classe politica e, dall’altro, motivo di grande preoccupazione e frustrazione per la popolazione. Per non parlare delle crisi più gravi con perdita di vite umane, come avvenuto con le elezioni legislative del 2019. E la partita elettorale imminente non è esente da quei rischi.

I vescovi si stanno pertanto muovendo attivamente con iniziative tese alla coesione e dell’unità nazionale attraverso incontri con movimenti politici, audizioni con gli attuali leader, appelli alla popolazione, inviti alla preghiera e altre attività.

Scambi con la classe politica

In quanto attori principali del processo elettorale, i leader politici sono coloro ai quali si sono rivolti per primi i vescovi del Benin per mantenere e rafforzare un clima di pace in questo tempo di grande incertezza, dove in lizza si trovano l’attuale capo dello stato Patrice Talon, e i deboli avversari Corentin Kohou- Iréné Agossa e Allassane Soumanou-Paul Hounkpè.

Le candidature invece di altri contendenti con qualche chances, come il costituzionalista Joël Aïvo del Frd (Fronte per il ripristino della democrazia) o l’ex ministra della giustizia Reckya Madougou, proposta dal partito I democratici (formazione politica dell’ex presidente Boni Yayi), sono state messe fuori gioco.

La disposizione recentemente introdotta nel codice elettorale, votato dal parlamento, prevede infatti la formula dello sponsor: la presentazione delle candidature presidenziali può avvenire solo previa raccolta delle firme di almeno il 10% di deputati e sindaci. Norma molto contestata dall’opposizione che grida contro l’ingiustizia di ridurre, in questo modo, la competizione elettorale ai soli candidati che gravitano attorno agli interessi del presidente.

La Ceb ha incontrato il capo dello stato Patrice Talon per rassicurarsi sulle modalità messe in atto per garantire un processo elettorale regolare. La delegazione guidata dal presidente della Conferenza episcopale, Monsignor Victor Agbanou, Vescovo della Diocesi di Lokossa, nel sudovest del paese, ha invitato tutte le istituzioni della Repubblica e dei partiti politici a un dialogo franco, pacifico, inclusivo, democratico e trasparente.

«È in gioco l’immagine del nostro paese sulla scena internazionale e soprattutto il mantenimento della pace sociale, senza la quale gli sforzi di sviluppo avviati saranno compromessi» ha risposto l’entourage del presidente della Repubblica. Parole di circostanza, che nascondono i veri nodi irrisolti, da parte di autorità che si arroccano su posizioni acquisite e intoccabili, e che hanno paura di una vera competizione aperta.

I vescovi hanno incontrato anche il costituzionalista Joël Aïvo, candidato respinto che in un post sulla sua pagina Facebook, appena dopo la sua esclusione da parte della Corte costituzionale, aveva scritto che sarà il popolo beninese a raccogliere la sfida che gli è stata lanciata. Con lui si è discusso del processo elettorale in relazione alle riforme politiche ed elettorali, e delle sue ambizioni presidenziali negate.

Un altro scambio si è svolto con i vertici del partito I democratici, le cui speranze di partecipazione alla gara elettorale sono state eluse. La loro candidata, Reckya Madougou, all’indomani della sua esclusione, il 5 marzo scorso, in una conferenza stampa, aveva affermato la sua determinazione a battersi per elezioni diverse, veramente trasparenti e capaci di includere i vari attori politici.

Ma qualcosa aveva giù intuito sulla sua sorte. Alla fine del suo intervento molto concitato, di fronte ai giornalisti, in compagnia di Joël Aïvo, la polizia ha intercettato il veicolo su cui si trovava per condurlo a destinazione sconosciuta e incarcerarla nella prigione civile di Apro-Missérété (dipartimento di Ouémé).

Dalle accuse, formulate a distanza di dieci giorni e preparate ad hoc per l’occasione, emerge che Reckya avrebbe pagato un colonnello in pensione per eliminare fisicamente le autorità politico-amministrative dalla città di Parakou (la più grande della parte settentrionale del paese) e, quindi, mettere a repentaglio il processo elettorale.

Uno scenario ben fabbricato dalle autorità – secondo l’opposizione – per danneggiare un avversario la cui stima nell’opinione pubblica stava salendo repentinamente. L’8 marzo scorso, Giornata internazionale dei diritti della donna, diverse personalità e cittadini semplici hanno postato online messaggi non solo per riconoscere il coraggio e l’impegno di Reckya, ma soprattutto per invitare il regime a rilasciarla. 

Inviti al dialogo, alla preghiera e ad azioni di pace

Consapevoli che nessuna iniziativa è mai troppo a favore della pace, i presuli hanno anche indirizzato un messaggio particolare alle autorità del paese e al popolo. Al termine della loro seconda sessione plenaria dell’anno pastorale 2020-2021, tenutasi a Cotonou lo scorso gennaio, i vescovi hanno presentato le loro osservazioni e formulato raccomandazioni relative al processo elettorale.

Dal comunicato di fine dei lavori, letto dal vescovo della diocesi di Abomey, Monsignor Cyrille Houndékon, si intuisce che la Ceb ha perplessità sul processo elettorale: “Come alla vigilia delle elezioni legislative dell’aprile 2019, raccomandiamo vivamente a tutti i partiti politici e alle istituzioni coinvolte nell’organizzazione di dette elezioni di dialogare francamente in vista di un’elezione pacifica, genuinamente inclusiva, democratica e trasparente. Per la posta in gioco di questo appuntamento elettorale, per la pace e la coesione nazionale, da un lato, e per l’immagine del nostro paese sulla scena internazionale dall’altro, raccomandiamo vivamente che tutte le istituzioni coinvolte nell’organizzazione di detto scrutinio giochino il loro ruolo nello spirito del consenso ereditato dalla Conferenza nazionale del febbraio 1990, affinché le prossime elezioni presidenziali siano pacifiche, veramente inclusive e democratiche”.

E per continuare a tenere viva l’ispirazione del meeting PLM Alédjo (l’hotel che ha ospitato la Conferenza delle forze vive della nazione, tenutasi dal 19 al 28 febbraio 1990 e che ha inaugurato l’era del rinnovamento democratico in Benin), la Ceb ha deplorato la banalizzazione o addirittura la decostruzione dei risultati di quel conclave che rimane un faro nella vita politica del paese. Ai fedeli cattolici e alle persone di buona volontà i vescovi raccomandano iniziative di digiuno e preghiera in vista dello svolgimento pacifico delle imminenti consultazioni elettorali.

 

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it