Ghana: la corruzione legata all’estrazione illegale di oro - Nigrizia
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Un report ha scoperchiato lo scandalo che sta coinvolgendo figure rilevanti del governo e del partito al potere
Ghana: la corruzione legata all’estrazione illegale di oro
Un rapporto di un ex ministro dell’ambiente denuncia come siano state “agevolate” imprese private, soprattutto cinesi, nello sfruttamento dei depositi auriferi, per vantaggi personali dei politici. Concesse licenze anche per il disboscamento. Una denuncia che ha scatenato una bufera politica a un anno dal voto
09 Maggio 2023
Articolo di Antonella Sinopoli
Tempo di lettura 4 minuti
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In Ghana, almeno 34 riserve forestali (4.726,2 ettari) su 288 sono sotto minaccia e stanno subendo gli effetti delle attività minerarie illegali, note nel paese come galamsey.

L’estrazione incontrollata dell’oro è andata negli anni crescendo in questo paese, e mentre prima si trattava di una attività artigianale, portata avanti da alcune comunità locali con mezzi rudimentali, oggi il settore è soprattutto nelle mani dei cinesi.

Il numero esatto dei galamseyers in Ghana è in realtà sconosciuto. Si ritiene che sia compreso tra 20mila e 50mila, ma tempo fa il ministro dell’informazione ha affermato che sarebbero almeno dieci volte tanto. E secondo altre fonti, sono circa 3 milioni le persone che fanno affidamento su quest’attività per il proprio sostentamento.

I galamseyers operano principalmente nella parte meridionale del Ghana dove ci sono notevoli riserve di depositi auriferi, di solito nei dintorni delle aree occupate dalle maggiori compagnie minerarie. Ma aree di sfruttamento sono quasi in ogni parte del paese.

La devastazione delle riserve

John Allotey, a capo della Commissione forestale, ha lamentato il rapido esaurimento delle foreste e delle riserve del Ghana, chiedendo misure immediate per fermare la situazione ed ha affermato che «è terribile il livello di devastazione nelle riserve colpite».

Oltretutto la questione si va ad aggiungere al problema della deforestazione e della crescente urbanizzazione. Un’espansione che soddisfa le esigenze – e a volte solo l’avidità – degli esseri umani e che non tiene in alcun conto dei rischi (e della perdita di flora e fauna) che ne deriva con il tempo.

Un report e i risvolti politici

Ma la questione, oltre a essere di natura ambientale – pensiamo anche all’inquinamento delle falde acquifere – ha delicati risvolti politici. In questi giorni nell’occhio del ciclone ci sono alti funzionari del New Patriotic Party (Npp) e molte figure di spicco del governo in carica, accusate di corruzione e di favorire le estrazioni illegali e gestirne, attraverso terzi, i profitti. A metterli sotto accusa è un report firmato da Kwabena Frimpong-Boateng, ex ministro dell’ambiente, della scienza, della tecnologia e dell’innovazione.

Tale report sarebbe stato nelle mani del presidente Nana Akufo-Addo dal 2021. L’ex ministro ha negato di aver fatto trapelare il contenuto del rapporto, ma ha affermato che lo stesso sia stato consegnato al personale del dipartimento investigativo criminale che sta portando avanti indagini sulla vicenda. Tra le persone menzionate nel rapporto ci sono, tra gli altri, Gabby Asare Otchere-Darko, direttore delle comunicazioni della presidenza, Lord Commey, ministro dell’informazione, Oppong Nkrumah, alto esponente del partito e parlamentare.

Sir John, un pericolo per le foreste

Tutto questo ha evidentemente provocato grande scalpore e una vera e propria bufera mediatica. Ovviamente tutte le persone citate hanno negato le accuse. Nel documento si sottolinea soprattutto il coinvolgimento di Kwadwo Owusu Afriyie, noto a tutti come Sir John. Il quale – morto nel 2020 a causa delle conseguenze del Covid 19 – ha ricoperto, tra gli altri, l’incarico di segretario generale dell’Npp ed è stato a capo della Commissione forestale.

Secondo quanto riferito nel report, Sir John non solo consentiva a imprese private, soprattutto cinesi, di sfruttare le miniere per trarne poi vantaggio personale, ma concedeva concessioni per il disboscamento. Attività che hanno inciso in quella che è stata una costante distruzione delle aree forestali. «Il più grande pericolo per le foreste del Ghana era Sir John», ha affermato Boateng.

Le pene pesanti previste

Intanto, il procuratore generale e ministro della giustizia, Godfred Yeboah Dame, ha fatto sapere che al momento sono 727 le persone sotto processo in tutto il paese per il loro presunto coinvolgimento nell’estrazione illegale. I reati contestati sono lo svolgimento di operazioni minerarie e l’acquisto e la vendita di minerali senza licenza. Secondo le normative del paese la condanna per i ghaneani è una multa compresa tra 120mila e 180mila ghana cedi (tra i 9mila e i 13mila euro) e una pena detentiva non inferiore a 15 anni e non superiore a 25. Più severe le pene per i cittadini di altri paesi: una multa tra 1,2 a 3,3 milioni di ghana cedi e la reclusione non inferiore ai 20 e non superiore a 25 anni. La procura ha voluto ricordare che la maggiore severità delle pene è dovuta all’approvazione della legge 995 nel 2019, che dimostrerebbe l’impegno dell’amministrazione Akufo-Addo nel non lasciare nulla di intentato nella lotta contro l’estrazione illegale.

In ogni caso questo “scandalo” arriva ad un anno dalle elezioni e il partito di opposizione, l’Ndc (National Democratic Congress) non resterà a guardare.

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