Rd Congo. Tshisekedi: “possibile un conflitto armato col Rwanda”
Conflitti e Terrorismo Congo (Rep. dem.) Rwanda
Il presidente accusa la comunità internazionale di “inerzia” dopo un attacco armato su due campi di sfollati in Nord Kivu
Rd Congo. Tshisekedi: “possibile un conflitto armato col Rwanda”
07 Maggio 2024
Articolo di Redazione
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popolazione in fuga dai combattimenti nei dintorni di Goma (Credit: OCHA RDC via X)

Sono state particolarmente dure le reazioni internazionali di condanna per l’attacco armato avvenuto il 3 maggio scorso su due campi di sfollati vicino a Goma, capitale della provincia orientale del Nord Kivu, nella Repubblica democratica del Congo.

I primi a reagire al lancio di almeno cinque missili sui campi di Lac Vert e Mugunga che hanno ucciso 35 persone – tra cui donne e bambini -, sono stati i vertici dell’esercito congolese (FARDC) che hanno attribuito l’attacco alle milizie filo-rwandesi M23, da mesi in avanzata verso Goma.

Alla smentita di una responsabilità da parte del gruppo armato, è seguito l’intervento del dipartimento di stato americano, che ha confermato che i missili provenivano da postazioni delle Forze rwandesi di difesa (RDF) e dell’M23.

Il comunicato esprime “seria preoccupazione per la recente espansione dell’RDF e dell’M23 nella parte orientale della Rd Congo, che ha contribuito allo sfollamento di oltre 2,5 milioni di persone”, e invita entrambe le parti (Kinshasa e Kigali, ndr) a “rispettare i diritti umani e ad aderire agli obblighi del diritto umanitario internazionale”.

La nota prosegue con un appello, evidentemente rivolto al Rwanda, al “rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale degli altri stati”.

Altrettanto decisa la risposta di Kigali che, attraverso il portavoce del governo, ha parlato di accuse “assurde”, negando la responsabilità o il coinvolgimento negli attacchi e accusando Washington di non essere nella posizione per svolgere un ruolo di mediatore.

“La posizione assunta dal governo degli Stati Uniti solleva seri dubbi sulla sua credibilità come facilitatore nella regione e mina la sua capacità di svolgere un ruolo costruttivo verso una soluzione pacifica”, si legge nella dichiarazione.   

Condanna per gli attacchi sui civili e richiamo al rispetto del diritto umanitario sono arrivati anche dall’Unione Europea, dalla Francia, dalla Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale (SADC – impegnata con un suo contingente a sostegno dell’esercito nella regione) e dall’Unione Africana.

La reazione più infuocata è però stata quella del presidente congolese Felix Tshisekedi che da Parigi, dove si trovava in visita, è tornato ad attaccare Kigali, accusando la comunità internazionale e le Nazioni Unite di ambiguità e di praticare doppi standard nei confronti dell’invasore.

“Il nostro vicino – ha dichiarato Tshisekedi in un’intervista esclusiva al quotidiano francese Le Figaro – viola il nostro territorio per saccheggiare i nostri minerali essenziali e terrorizzare le nostre popolazioni” e questo anche grazie all’”inerzia della comunità internazionale”.

“Non chiediamo pietà. Vogliamo che la Francia utilizzi la sua influenza come membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’ONU, proprio come la Cina o gli Stati Uniti, per punire il regime rwandese. Perché dovrebbero esserci doppi standard? Perché dev’essere sanzionata la Russia che invade l’Ucraìna e non il Rwanda che ci attacca da trent’anni? È inspiegabile”, ha aggiunto il presidente.

Che si è poi spinto oltre, ammettendo la possibilità di un conflitto armato con Kigali. “Certo, una guerra è possibile, non ve lo nascondo”, ha dichiarato. “Ma voglio posticipare il più possibile questa scadenza perché preferisco investire tutta la nostra energia e la nostra ricchezza nello sviluppo dei 145 territori della Rd Congo piuttosto che nello sforzo militare”, ha aggiunto.

Dichiarazioni inquietanti – avvallate dal pesante aumento della spesa militare congolese – che non facilitano certo il lavoro delle delegazioni dei due paesi che si incontreranno nei prossimi giorni a Luanda, in Angola, per cercare di trovare un terreno di intesa comune per avviare un dialogo di pace. 

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