Repubblica Centrafricana: il popolo soffre, necessaria la pace - Nigrizia
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Messaggio della Conferenza episcopale al governo
Repubblica Centrafricana: il popolo soffre, necessaria la pace
I vescovi cattolici denunciano il perdurare del conflitto con un aggravamento delle condizioni di vita della stremata popolazione. Chiedono al governo di trovare soluzioni che portino pace e sicurezza
05 Luglio 2022
Articolo di Redazione
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I vescovi del Centrafrica con il presidente Faustin-Archange Touadéra (a destra) nel gennaio 2020

In un messaggio pubblicato la scorsa settimana, al termine di un’Assemblea Plenaria, la Conferenza episcopale della Repubblica Centrafricana ha mostrato forte preoccupazione per la pace e la stabilità del paese in seguito al blocco di cereali e di carburante causato dalla guerra tra Russia e Ucraìna.

Il paese, come altri del resto in Africa, nonostante le sue ricchezze è tuttora molto dipendente dall’estero ed economicamente non autosufficiente. “Segnati dalla nostra stessa lunga esperienza di conflitto e instabilità politica e militare, riteniamo intollerabile la guerra scoppiata in Europa e invitiamo le parti in conflitto, così come i rispettivi alleati, a cessare senza indugio i combattimenti cercando strade di dialogo per una vera pace”, scrivono tra l’altro i vescovi.

Che puntano il dito anche contro la collaborazione con i russi del gruppo paramilitare Wagner che, nel dare man forte all’esercito centrafricano per riconquistare il territorio nazionale – con la contropartita dello sfruttamento indiscriminato dei giacimenti di oro e diamanti e una serie crescente di gravi violazioni dei diritti umani – “ha posto il paese in una posizione delicata a livello di diplomazia internazionale”. Il governo, sostengono i vescovi, dovrebbe invece cercare soluzioni per alleviare la sofferenza della popolazione, col contributo di tutti i cristiani.

“Guerra significa distruzione umana e materiale, abusi d’ogni sorta e stupri, violazione di diritti umani basilari, violazione di proprietà e luoghi di culto, e strumentalizzazione del credo religioso: quando si sperimenta tutto ciò non si può che augurare agli altri che questi orrori non li colpiscano”, scrivono ancora. “Nei nostri ospedali temiamo che aumenteranno di molto le morti inutili per mancanza di interventi d’emergenza e possibilità di curare la gente, mentre l’aumento dei prezzi di ogni merce e la penuria di carburante sta paralizzando l’attività e la vita socio-economica della nazione”.

Il Centrafrica è un paese ricco di minerali preziosi, terreno di conflitto da decenni, aggravatosi dal marzo 2012, quando gruppi di islamisti armati (seleka) lanciarono un’offensiva contro il governo e attuarono un colpo di stato, deponendo il presidente Francois Bozize (a sua volta al potere con un golpe). In risposta gruppi cristiani formarono una propria milizia (anti-balaka) e il conflitto tra le due parti, secondo il più recente rapporto dell’Ufficio degli affari umanitari delle Nazioni Unite, ha lasciato il 50% della popolazione sfollata con progressivo fenomeno di scarsità di cibo e denutrizione, e mancanza di acqua potabile. Con l’aggravante di una crisi economico-finanziaria senza precedenti.

Negli ultimi mesi la situazione è degenerata, dato che frumento, granoturco, orzo, olio per cucinare e fertilizzanti erano importati da Russia e Ucraìna. Il cammino verso la pace che sembrava a buon punto è stato così messo in discussione e la popolazione resta in balìa dei vari gruppi che tuttora provocano violenza e tiranneggiano la gente.

Nemmeno la presenza di 13.400 soldati della Minusca, la missione delle Nazioni Unite col compito di stabilizzare la situazione e difendere la gente, di recente rinnovata per un altro anno, è riuscita nel proprio compito.

I vescovi avevano peraltro riposto grandi speranze nel cammino sinodale delle comunità cristiane, anche per avviare un sincero dialogo interreligioso con la maggioranza musulmana del paese.

Riprendendo le riflessioni già emerse in un precedente sinodo, i vescovi, nell’ultima parte del messaggio, scrivono: “Seguendo la missione di Cristo, la Chiesa non può essere assimilata a un’organizzazione non governativa (ong) umanitaria. Invitiamo le comunità ecclesiali di base (Ceb), i movimenti e le fraternità, le diverse strutture diocesane, a ripensare il proprio modo di essere e di operare. In questo modo diventeranno luoghi più reali di comunione e compassione, di amore e di ascolto dei poveri, di accompagnamento di persone che vivono in situazioni di sofferenza e di reinserimento degli emarginati”.

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