Uganda: l’ufficio Onu per i diritti umani via dal paese a fine mandato
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Il governo non rinnoverà il permesso di operare. "Siamo in grado di tutelare da soli i diritti umani"
Uganda: l’ufficio Onu per i diritti umani via dal paese a fine mandato
08 Febbraio 2023
Articolo di Redazione
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Oppositori vittime di torture protestano davanti alla sede dell'Ohchr a Kampala (Credit: The Monitor)

Il governo ugandese ha annunciato che non rinnoverà il mandato dell’ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) nel paese.

In una lettera inviata all’Ufficio il 3 febbraio, il ministero degli esteri sostiene che l’Uganda abbia compiuto sufficienti progressi nello sviluppo di una capacità interna di monitorare i diritti e che il governo si è impegnato a sufficienza per la promozione e la protezione dei diritti umani.

Il documento motiva la cacciata dell’agenzia Onu con il “forte impegno del governo per la promozione e la protezione dei diritti umani, la pace prevalente in tutto il paese unita a forti istituzioni nazionali per i diritti umani e una vivace società civile con la capacità di monitorare la promozione e la protezione dei diritti umani in tutto il paese”.

Affermazioni che suonano come una beffa, viste le numerose denunce, moltiplicatesi negli ultimi anni, di arresti arbitrari, torture (in molti casi a morte) e intimidazioni nei confronti di oppositori, difensori dei diritti umani e giornalisti non allineati.

Una repressione e un generale deterioramento della situazione dei diritti umani nel paese, aggravatisi in concomitanza con le elezioni del 14 gennaio 2021 – concluse con la riconferma alla presidenza di Yoweri Museveni, al potere dal 1986 – che hanno visto decine di membri dell’opposizione rapiti, arrestati, picchiati e talvolta uccisi.

Una repressione talmente violenta da costringere Stati Uniti e Unione Europea a intervenire con condanne e richiami alla moderazione. Washington si è spinta oltre imponendo sanzioni ad alcuni vertici delle forze di sicurezza (Sfc), guidate dal figlio di Museveni, Muhoozi Kainerugaba.  

Ma il regime non ha ritirato gli artigli, come ha denunciato un anno fa l’Associazione dei medici ugandesi condannando l’aumento dei casi di tortura e chiedendo al governo il permesso di accedere ai centri di detenzione, per offrire cure alle vittime.

In questo contesto opera la Commissione ugandese per i diritti umani (Uhcr), organizzazione governativa istituita nel 2020 e accusata di tacere su molti casi di rapimenti e sevizie.

Una repressione che non ha risparmiato nemmeno la principale organizzazione di difesa dei diritti delle persone Lgbt, sospesa senza motivazioni nell’agosto 2022 dal ministero dell’interno.

L’Ohchr è operativo nel paese dal 2006 con un mandato iniziale di monitoraggio della situazione dei diritti umani nelle aree colpite dal conflitto nell’Uganda settentrionale e nord-orientale. Mandato che nel 2009 è stato ampliato per coprire l’intero paese e tutte le questioni relative ai diritti umani.

Nel febbraio 2020, c’è stato un ulteriore ampliamento con l’istituzione di un centro regionale di formazione sul sistema internazionale dei diritti umani per funzionari governativi degli stati della regione, istituzioni e organizzazioni della società civile.

Con l’uscita dal paese dell’Ufficio dell’Onu la società civile ugandese perde dunque un importante presidio per la tutela i diritti umani. Un presidio vitale in vista delle prossime elezioni, previste nel 2026. (MT)

 

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