Africa: acque agitate per il Nilo - Nigrizia
Ambiente Economia Migrazioni Politica e Società
Nel Delta la linea costiera arretra annualmente dai 35 ai 75 metri
Africa: acque agitate per il Nilo
I cambiamenti climatici, l'inquinamento e lo sfruttamento stanno mettendo sotto pressione il secondo fiume più lungo del mondo, da cui dipende la sopravvivenza di mezzo miliardo di persone
01 Dicembre 2022
Articolo di Bruna Sironi, da Nairobi
Tempo di lettura 6 minuti

All’inizio di novembre, in concomitanza con l’inizio dei lavori di Cop27 in Egitto, The Africa Report, un sito specializzato nell’approfondimento di temi riguardanti il continente africano, ha pubblicato un reportage sulle condizioni del Nilo, il secondo fiume più lungo e importante del pianeta, dopo il Rio delle Amazzoni.

Nel suo percorso, lungo 6.500 chilometri, raccoglie le acque di un vasto bacino che comprende la maggior parte del Corno d’Africa e dell’Africa orientale e attraversa alcuni dei paesi più popolosi del continente, quali l’Etiopia – che ha ormai circa 120 milioni di abitanti, al secondo posto dopo la Nigeria – e l’Egitto, che si avvia velocemente a raggiungere i 110 milioni. Complessivamente vivono nei paesi del bacino circa 500 milioni di persone che dipendono in vari modi e misure dal fiume per la loro sopravvivenza.

Cambiamento climatico

Il titolo dell’articolo è allarmante: The Nile is in mortal danger, from its source to the sea (Il Nilo corre un pericolo mortale, dalla sorgente fino al mare). La prima ragione del deperimento del fiume, dice l’articolo, è il cambiamento climatico, in particolare la riduzione del regime delle piogge nella regione, seguito dall’ipersfruttamento delle sue acque e dall’inquinamento. Tutte cause riconducibili all’intervento dissennato dell’uomo.

Il punto dove è più evidente il loro impatto nefasto è la vasta regione del Delta del Nilo, la più fertile dell’Egitto, dove viene raccolto dal 30% al 40% dei prodotti agricoli e dove vive circa il 50% della popolazione del paese. Negli ultimi sessant’anni, la linea costiera è arretrata annualmente dai 35 ai 75 metri: ben 3 chilometri, se si considera una media di 50 metri all’anno.

Diminuzione della portata

Il fenomeno è causato, in particolare, dalla diminuzione della portata del fiume, passata da 3mila a 2.830 m³ al secondo negli ultimi 50 anni. Ma in futuro la situazione potrebbe peggiorare, e di molto, soprattutto a causa delle sempre più lunghe e frequenti siccità e dell’aumento della temperatura e, dunque, dell’evaporazione.

Secondo studi dell’Unep, l’agenzia dell’Onu per l’ambiente, se la situazione peggiorerà ai ritmi dell’ultimo periodo, il mare potrebbe avanzare di un centinaio di metri all’anno, sommergendo circa 100mila ettari di terreno agricolo nel prossimo decennio.

La diminuzione dell’acqua che arriva al mare permette non solo l’erosione del terreno a opera delle onde, ma anche l’infiltrazione di acqua salmastra, tanto che in diverse aree, fino a 15 chilometri nell’entroterra, i contadini hanno visto diminuire drasticamente i raccolti.

Aumento dalla salinità del suolo

Molti hanno già dovuto cambiare i prodotti coltivati tradizionalmente con altri resistenti all’aumento della salinità del suolo. Molti altri sono costretti a pompare acqua dolce dal fiume per stemperare l’acqua salata infiltratasi dal mare, con un aumento dei costi di produzione altissimo, per parecchi insostenibile.

Secondo stime di agenzie dell’Onu, se il cambiamento climatico provocherà nei prossimi decenni la crescita anche solo di un metro del livello del mare, come previsto dagli esperti del settore, un terzo del territorio del Delta sparirebbe, costringendo almeno 9 milioni di persone a spostarsi e riducendo in modo drammatico la sicurezza alimentare del paese.

In conclusione, i climatologi dicono che un’area considerata il granaio dell’Egitto e di parte dell’Africa orientale è ora la terza del pianeta per l’impatto negativo derivato dai cambiamenti climatici.

Calo dei sedimenti

Ma un altro problema contribuisce a mettere in pericolo il territorio del Delta: la diminuzione dei sedimenti trasportati dal fiume che formavano barriere naturali alla sua foce. Il fenomeno è iniziato con la costruzione della diga di Assuan, negli anni Sessanta. Il limo, originato dal dilavamento dell’humus dell’altipiano etiopico e trasportato in grandi quantità dalle acque del fiume, si deposita ora in gran parte sul fondo dello sterminato bacino formato dallo sbarramento, il lago Nasser, e lì rimane inutilizzato. Prima della costruzione della diga raggiungevano in buona parte la foce, fermandosi sulle barriere già esistenti e rendendole di anno in anno più forti ed efficaci. Così si erano formati i promontori di Damietta e Rosetta, che ora sono quasi scomparsi, lasciando privo di protezione un lungo tratto della costa del Delta.

Prima di raggiungere la foce, durante le annuali esondazioni, il limo si depositava sui terreni circostanti il letto del fiume, strappandoli al deserto e rendendoli fertilissimi senza bisogno di ulteriori interventi. Il fenomeno naturale era considerato di fondamentale importanza per la sicurezza alimentare e la prosperità del paese fin dai tempi dell’antico Egitto.

Ora la stretta striscia di terreno che costeggia il Nilo, dove si concentra metà della popolazione e della produzione agricola egiziana (l’altra si trova nella regione del Delta), deve ricorrere a metodi di coltivazione che prevedono irrigazione e uso di fertilizzanti e pesticidi chimici che finiscono per inquinare il terreno e il fiume, oltre che determinare un aumento dei costi e una diminuzione dei guadagni per i produttori.

Questo avviene lungo tutto il corso del Nilo, dove sono stati costruiti innumerevoli sbarramenti. Ultimo la GERD, la Grande diga della rinascita etiopica, che con ogni probabilità contribuirà in modo sostanziale a rendere sterili le acque del fiume, mettendo fine a uno dei suoi più importanti contributi al benessere dell’ambiente e della popolazione rivierasca.

Cala anche il lago Vittoria?

Gli esperti nutrono preoccupazioni anche per il lago Vittoria, dove ha origine il Nilo Bianco, uno dei due rami del fiume. L’altro è il Nilo Azzurro che si forma in Etiopia. I due bracci si congiungono a Khartoum, la capitale del Sudan, per proseguire verso nord come un unico corso d’acqua.

Il livello del lago, il più grande del continente, è tutt’altro che stabile. Mentre durante alcune stagioni di piogge particolarmente abbondanti tende ad alzarsi, sul lungo periodo il livello invece diminuirà. Così dicono ricerche basate su dati climatici e idrogeologici che risalgono al lontano passato del continente. Ma le condizioni climatiche ed idrogeologiche sono solo un elemento di preoccupazione. Il più importante è lo sfruttamento intensivo delle sue acque per uso umano. Nell’arco di alcuni secoli, dicono gli esperti, il lago Vittoria potrebbe sparire, come sta sparendo il lago Ciad, con conseguenze facilmente immaginabili per il Nilo e per le condizioni di vita e le possibilità di sopravvivenza nella vasta regione che attraversa.

Ma la situazione è decisamente critica anche ora. La popolazione dei paesi del bacino del Nilo è destinata a crescere in maniera preoccupante nei prossimi anni. Ad esempio, i demografi stimano che egiziani e sudanesi raddoppieranno entro il 2050. Non molto diverso è il tasso di crescita demografica degli altri paesi della regione. Questo non farà che aumentare, e di molto, la pressione umana sul Nilo, già in sofferenza.

Sul grande fiume africano, dice l’articolo, pende dunque una bomba a orologeria già innescata. Per fermare in tempo l’orologio che ticchetta inesorabilmente ci vorrebbe una volontà politica e una unità di intenti che per ora non è neanche pensabile sognare.

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it