Etiopia: Gerd, la diga della discordia - Nigrizia
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Iniziata la produzione di energia idroelettrica
Etiopia: Gerd, la diga della discordia
L’avvio della prima delle 13 turbine della diga più imponente del continente, costruita da Addis Abeba sul Nilo Azzurro, ha irritato Egitto e Sudan che da anni accusano il governo etiopico di agire unilateralmente ignorando i loro diritti sull’uso della sempre più preziosa acqua del grande fiume
23 Febbraio 2022
Articolo di Giuseppe Cavallini
Tempo di lettura 5 minuti
La bandiera dell'Etiopia esposta sulla grande diga della rinascita (Gerd) in occasione dell'avvio della prima turbina il 20 febbraio 2022 (Credit: Afp)

“Ѐ un passo ulteriore in violazione agli accordi sottoscritti nel 2015 nella Dichiarazione d’intenti firmata dal primo ministro etiopico”. Così si legge nella denuncia uscita dal ministero degli esteri egiziano riguardo all’avvio, il 20 febbraio scorso, da parte del premier Abiy Ahmed, della prima delle 13 turbine installate sulla Grande diga della rinascita (Gerd), in costruzione sul Nilo Azzurro, nella regione di Benishangul-Gumuz, a circa 500 km da Addis Abeba e a solo 15 km dal confine con il Sudan.

L’Etiopia ha investito nel mega progetto 4.2 miliardi di dollari, per costruire la diga più imponente dell’Africa e che, una volta pienamente operativa, dovrebbe generare circa 5.2 gigawatt di elettricità. La capacità totale del bacino creato dalla diga è di 70 miliardi di metri cubi d’acqua.

Da tempo l’opera, ritenuta indispensabile da Addis Abeba per soddisfare le necessità idriche del 60% dei propri abitanti, ha generato gravi tensioni tra Etiopia ed Egitto e Sudan, a valle, in merito ai diritti sull’acqua.

I tentativi di trovare una soluzione di compromesso alla controversia sono finora falliti, inclusi quelli portati avanti da istituzioni regionali come l’Unione africana e l’Igad, l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo, come pure da altri mediatori internazionali. Fallimentare è apparsa, per l’appunto, anche la Dichiarazione d’intenti del 2015, non vincolante ma firmata da tutti, che contemplava l’impegno a cooperare e comunicarsi reciprocamente i piani di sviluppo della diga.

Egitto e Sudan

Fino ad oggi, pertanto, l’Egitto, da un lato, teme per la propria sicurezza idrica legata anche alla sua diga di Asswan, finora la più grande del continente, che ha una capacità di 2.1 gigawatt e soddisfa le necessità idriche di agricoltura, abitazioni e apparati industriali, rilasciando annualmente 55.5 miliardi di metri cubi d’acqua.

Le autorità sudanesi, dal canto loro, hanno deprecato l’azione unilaterale di Addis Abeba pur avendo spesso affermato che la Gerd potrebbe regolare il flusso delle acque e ridurre il rischio di inondazioni in Sudan. Temono, inoltre, che la Gerd possa ridurre l’efficienza della propria diga di Roseires, situata presso Ad Damazin.

La disputa, oscurata fino ad oggi dal conflitto tuttora irrisolto nel nord Etiopia tra governo centrale e regione del Tigray, è riemersa pertanto in coincidenza con l’avvio della turbina, che il primo ministro ha voluto inaugurare di persona. «Questa tappa rappresenta una bella notizia per il nostro continente e per le nazioni lambite dal Nilo, con cui intendiamo continuare a lavorare», ha dichiarato tra l’altro Abiy Ahmed premendo il bottone di avvio della turbina.

La prima turbina – secondo quanto comunicato dai media locali – genererà 375 megawatt di elettricità. Fin dall’inizio dei lavori, nel 2011, l’Egitto avanzò le proprie obiezioni al progetto, dipendendo per il 90% della propria riserva idrica dall’acqua del Nilo, e soprattutto da quella proveniente dagli altopiani etiopici.

Addis Abeba, dal canto suo, ha sempre affermato quanto essenziale sia diventato realizzare la diga per poter finalmente soddisfare le necessità di energia elettrica del paese e avviare processi di sviluppo agricolo, potendo così sfruttare al meglio le proprie risorse.

Il Sudan, che per vari anni aveva conservato un atteggiamento di equidistanza nella disputa, sotto pressione egiziana negli ultimi due anni ha scelto di parteggiare per l’Egitto.

Il processo di riempimento del bacino della diga è iniziato nell’estate del 2020, senza che l’Etiopia concordasse con le altre parti la propria iniziativa. In luglio 2021 il governo di Addis annunciò il completamento della seconda fase di riempimento, di nuovo senza alcun previo accordo trilaterale, e la terza fase di riempimento è già stata pianificata per la prossima estate, quando inizieranno le grandi piogge.

L’Egitto ha sempre denunciato queste operazioni fino a sollevare l’ipotesi di un diretto intervento militare, se Addis Abeba proseguisse nei propri piani ignorando la necessità di qualsiasi accordo. Non per nulla, nell’ultimo anno, il Cairo si è mosso firmando accordi militari con vari stati dell’Africa Orientale e ampliando il suo arsenale bellico. 

Scenario geopolitico

Notevoli sono tra l’altro le implicazioni della disputa sulla Gerd dal punto di vista geo-politico. Soprattutto per l’intera area del Mar Rosso, le nazioni del Corno d’Africa e le monarchie del Golfo. Come pure per il più ampio scenario internazionale. La Cina, infatti, ha stabilito una sua base militare a Gibuti, aumentando il numero di basi straniere, e di recente ha nominato il suo primo inviato speciale per il Corno d’Africa. Senza dimenticare che per Pechino, l’Egitto è il secondo partner commerciale in Africa.

Oltre alla Cina, si sono insediate nel Mar Rosso da tempo più o meno lungo basi di Stati Uniti, Francia, Giappone, Arabia Saudita e, dal 2013, anche dell’Italia in chiave anti pirateria. Altre nazioni, come Germania, Regno Unito e Spagna, dal canto loro, si appoggiano a quelle già presenti, mentre Russia e India hanno avanzato proposte di nuove installazioni. 

A motivo della posizione strategica in cui si trova, insomma, l’intera regione costituisce un’area di competizione tra le varie potenze e un’arteria vitale per il flusso commerciale globale. Per questo motivo uno studio condotto dall’Istituto di pace statunitense ha definito la regione “l’area d’incrocio tra i sistemi di sicurezza del Medio Oriente, dell’area Indo-Pacifica e del Mediterraneo”.

In tale quadro competitivo entrerà certamente anche l’eventuale conclusione della controversa vicenda legata alla diga etiopica della Rinascita, che in base alla soluzione conclusiva rappresenterà un precedente per altre dispute dello stesso genere. Queste si moltiplicheranno quando la competizione per l’accesso alle fonti idriche si farà più critico e indispensabile, specie per i paesi in penuria idrica o laddove le fonti d’acqua attraversano più di una nazione.

Come oggi l’Etiopia, alcuni stati si sentiranno in diritto di sfruttare la ricchezza dei propri fiumi per accrescere il proprio sviluppo e soddisfare le necessità d’acqua per le popolazioni, le attività agro-industriali e i possibili guadagni derivanti da un opportuno sfruttamento dei propri bacini idrici. Un’esigenza che si farà ancora più impellente con l’aumento dei periodi di siccità dovuti ai cambiamenti climatici in atto.         

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