Economia: l’Africa orientale in ripresa - Nigrizia
Economia Etiopia Kenya Rwanda Seicelle Tanzania Uganda
Etiopia, Kenya, Rwanda, Seychelles, Tanzania e Uganda i paesi che stanno reagendo meglio
Economia: l’Africa orientale in ripresa
Le economie dei paesi della regione reagiscono bene alle congiunture globali sfavorevoli. Ma la vera ripresa è frenata da debito e deficit fiscale. Mentre le misure imposte dalle istituzioni finanziarie internazionali gravano pesantemente sulla popolazione più fragile
13 Luglio 2023
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 5 minuti

Nelle ultime settimane le istituzioni economiche internazionali hanno diffuso rapporti e previsioni che possono essere lette come piuttosto incoraggianti per il futuro dei paesi dell’Africa orientale, nonostante la congiuntura internazionale sfavorevole.

Secondo l’African Economic Outlook, un rapporto della Banca africana di sviluppo (African Development Bank – AfDB) diffuso alla fine dello scorso maggio, le economie dei paesi della regione cresceranno quest’anno del 5,1%, contro il 4,4% dell’anno scorso, mentre le previsioni per l’anno prossimo ipotizzano un ancor migliore 5,8%.

Economie resilienti, dunque, che stanno recuperando le rilevanti perdite causate dalla pandemia.

Tuttavia molto resta ancora da fare per tornare alla situazione pre-Covid. Ѐ un’osservazione che raffredda di qualche grado l’ottimismo suscitato dalle statistiche.

Secondo un altro rapporto della stessa AfDB, ristretto alla regione (East Africa Regional Economic Outlook 2022), dei 13 paesi considerati (Burundi, Comore, Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Rwanda, Seychelles, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Tanzania e Uganda) quelli che stanno reagendo meglio sono Etiopia, Kenya, Rwanda, Seychelles, Tanzania e Uganda.

Interessante notare il primato dell’Etiopia, nonostante gli anni della guerra in Tigray e la situazione di instabilità complessiva del paese.

Investimenti esteri in aumento

Un altro dato positivo è da considerare la fiducia degli investitori stranieri. East Africa weathers storm to record growth in FDI (L’Africa orientale supera la tempesta con un aumento record degli investimenti stranieri diretti, FDI) titola il settimanale regionale, The East African, nel numero dell’8 luglio scorso.

Tempesta è considerata la turbolenza provocata dalla guerra russa in Ucraìna, con l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità (grano, mais, olii di semi alimentari, fertilizzanti e altro ancora) importati da quei paesi. Senza parlare dell’aumento dei costi per il carburante e l’energia in genere.

Secondo gli ultimi dati dell’UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo), dice l’articolo, globalmente gli FDI sono diminuiti del 12%.

L’impatto negativo si è avuto anche in Africa. La regione più colpita è stata l’Africa meridionale, seguita da quella centrale ed occidentale. Ma l’Africa orientale è andata in controtendenza.

Nella regione i FDI sono passati da 4,9 miliardi di dollari nel 2021 a 5,8 nel 2022.

Il Sud Sudan si colloca al primo posto, con l’80% di aumento in un anno (da 67,5 milioni di dollari nel 2021 a 121 nel 2022). Secondo viene il Kenya con un aumento del 64% (da 463 milioni di dollari nel 2021 a 759 nel 2022). Seguono Uganda e Burundi.

Ma, dice l’UNCTAD, nonostante questi dati positivi, gli investimenti continuano ad essere insufficienti per sostenere lo sviluppo della regione.

Ѐ un’altra nota problematica nella descrizione di una situazione economica che, considerata globalmente, presenta diversi punti contraddittori.

Non si può non ricordare l’inflazione, che è stata dell’8,6% nel 2022, contro il 7,7% dell’anno precedente ed e in costante crescita, trainata dai prezzi del carburante e delle derrate alimentari.

Preoccupa anche la svalutazione di diverse monete dei paesi della regione. Particolarmente significativa quello dello scellino keniano, per cui si prevede il 13,5% nei confronti del dollaro nel corso di quest’anno.

Il macigno del debito

Ma i punti critici non sono finiti. The East African, il 30 ottobre dell’anno scorso titolava: East Africa’s economic recovery falters on debt, fiscal deficits (La ripresa economica dell’Africa orientale è frenata dal debito e dal deficit fiscale).

L’indebitamento varia molto da paese a paese (il più indebitato sarebbe il Sudan, il meno indebitato le isole Comore), ma complessivamente grava in maniera significativa sull’economia regionale.

Per quanto riguarda il Kenya, ad esempio, all’inizio di quest’anno il debito pubblico totale ammontava a 9,182 trillioni di scellini, 4,7 dei quali (pari a circa 35,8 miliardi di dollari) erano costituiti da debito estero, gravato da alti costi per gli interessi.

Ma il governo, per sostenere le sue politiche di sviluppo e pagare gli interessi, ha bisogno di altri prestiti che le istituzioni internazionali hanno promesso (410 milioni di dollari in luglio dal Fondo monetario internazionale, ad esempio) imponendo però pesanti misure, come, l’aumento del gettito fiscale e l’eliminazione dei sussidi per i beni di prima necessità come la farina.

Provvedimenti che non possono non gravare pesantemente sulla popolazione. Queste misure, e altre simili, sono state recepite dalla legge finanziaria recentemente approvata dal parlamento e non ancora entrata in vigore perché bloccata dalla Corte Suprema.

Stabilità a rischio

Intanto però nel paese si sono avute manifestazioni di protesta e scioperi per l’impatto negativo che avrà su gran parte della popolazione, ma in particolar modo sui gruppi sociali più svantaggiati.

Infatti, se l’attenzione viene spostata dai dati finanziari a quelli riguardanti le condizioni di vita della popolazione, si nota un deciso peggioramento rispetto al periodo antecedente la pandemia.

Lo shock provocato all’economia dal blocco di interi settori economici non è stato ancora assorbito.

Sono stati particolarmente colpiti il settore informale, dove trova lavoro una buona parte dei cittadini dei paesi della regione, insieme a turismo, ristorazione, settore alberghiero, piccolo commercio.

Il che si è tradotto nella perdita del lavoro e delle fonti di sussistenza delle fasce più deboli della popolazione, e anche del ceto medio, con un aumento della percentuale di gente che vive sotto la soglia di povertà.

Le istituzioni finanziarie internazionali hanno inciso in modo significativo anche sulle leggi di bilancio di altri paesi della regione, ponendo al centro dell’attenzione esclusivamente l’aumento del Pil, la riduzione del debito, il gettito fiscale e altro del genere.

Ben poca considerazione, invece, all’impatto che queste politiche, largamente impopolari, hanno sulle condizioni di vita della popolazione e sulla stabilità complessiva dei paesi in cui vengono applicate e, in definitiva, della regione intera.

Alcuni osservatori, compreso qualche economista, cominciano a chiedersi se il gioco valga davvero la candela.

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it