Sta letteralmente perdendo i pezzi il G5 Sahel, l’organizzazione fondata nel 2014 da Mali, Burkina Faso, Niger, Mauritania e Ciad con lo scopo di combattere il terrorismo jihadista.
Al Mali, che aveva lasciato il G5 Sahel nel maggio del 2022, si sono aggiunti Burkina Faso e Niger. Secondo i due stati, l’organizzazione non si è mostrata in grado di raggiungere quegli obiettivi di sicurezza e di sviluppo che si era prefissata.
In un comunicato congiunto, i due paesi saheliani affermano che «il G5 Sahel non può servire gli interessi stranieri a scapito di quelli dei popoli del Sahel, tanto meno accettare il diktat di qualsiasi potere in nome di un partenariato fuorviante che nega il diritto alla sovranità dei nostri popoli e dei nostri Stati». Il riferimento è alla Francia, ex potenza coloniale, e alla Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (ECOWAS/CEDEAO).
Mali, Niger e Burkina Faso sono retti da regimi militari, saliti al potere dopo un colpo di stato, stanno subendo le sanzioni economiche della CEDEAO (che li ha sospesi) e hanno rotto le relazioni con Parigi.
Lo scorso settembre hanno fondato l’Alleanza degli stati del Sahel in funzione antijihadista, ma sembrano avere tutte le intenzioni di farne un patto politico-economico.
In attesa delle reazioni di Ciad e Mauritania, che si ritrovano a dover gestire un “G2 Sahel” privo di prospettive, gli occhi della comunità internazionale sono puntati sulla CEDEAO che deve trovare delle contromisure all’Alleanza degli stati del Sahel che potrebbe attrarre altri paesi dell’area.