Il razzismo delle destre - Nigrizia
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Dossier di Lunaria / Tra parole, social e norme un focus su xenofobia e nazionalismo
Il razzismo delle destre
Cronache di ordinario razzismo che diventa sempre più istituzionale. A partire dalle parole che utilizza per arrivare ai decreti che emana. Un razzismo trasversale online e offline, dentro i social così come nelle chat di messaggistica privata. I canali si moltiplicano, il messaggio rimane uguale
12 Giugno 2023
Articolo di Jessica Cugini
Tempo di lettura 5 minuti
Manifestazione anti-razzismo di senegalesi a Firenze (Credit: Lunaria)

Etnia e razza. Parole che escono da bocche ministeriali per definire l’identità italica, da difendere dal pericolo della “sostituzione etnica”. Lo afferma senza mezzi termini, a partire dalla premessa, il dossier di Lunaria, pubblicato sul sito di Cronache di ordinario razzismo, che ha per titolo Il razzismo nell’anno del ritorno delle destre al potere, una sessantina di pagine, scritte dalla presidente di Lunaria, Grazia Naletto insieme e a Stefania N’Kombo, José Teresa e Roberta Pomponi.

Un focus che parte dal monitoraggio di 366 casi tra episodi personali, denunce di associazioni, articoli sui media, avvenuti nel 2022, per fare il punto su quel che sono oggi “razzismo, xenofobia, nazionalismo, sessismo, omolesbobitransfobia e classismo”, temi evidenti che «si intrecciano perfettamente nell’operato di un governo che non fa niente per nascondere le sue intenzioni. Anzi, le esplicita e le rivendica in modo chiaro, forte del consenso ottenuto alle urne».

Al setaccio 239 violenze verbali, 64 violenze fisiche, 13 danneggiamenti e 55 casi di discriminazione. Alla luce delle quali si cerca di comprendere la commistione tra fatti, narrazione, comunicazioni mediatiche, riforme istituzionali e prassi che, si intende, non iniziano oggi e non hanno a che fare esclusivamente con i partiti dell’attuale maggioranza di governo.

Ma che comunque riguardano la politica, basti pensare che sono 90 i «casi di propaganda politica veicolata attraverso i social media, la diffusione di volantini, manifesti, striscioni e pubblicazioni o dichiarazioni pubbliche con contenuti di carattere discriminatorio».

Tra i social e la messaggistica

Il razzismo che emerge dal dossier è quotidiano, strutturale e riguarda la vita pubblica, come quella sociale, politica e culturale. E seppur il campione selezionato può sembrare minimo, il fenomeno, si comprende, è ampio e diffuso in tutto lo stivale.

Quello “urlato” che arriva alle cronache e nelle bocche ministeriali è solo la punta di un iceberg, che ha un’estensione più subdola e insidiosa (ma non meno organizzata e sistematica) nei social e nelle chat.

Perché le parole ostili e le violenze sono online come offline, negli spazi pubblici tanto quelli privati. Così, accanto ai tradizionali canali di propaganda del razzismo sui social si aggiungono quelli della messaggistica privata in cui la possibilità di colpire e ridurre il rischio di essere sanzionati si moltiplica.

Esemplificativi oltre gli episodi che riguardano singole persone, sono quelli che hanno a che vedere con i gruppi e le organizzazioni neofasciste, xenofobe e razziste.

«È la stessa polizia postale a evidenziare un incremento dell’utilizzo di questi canali da parte di questi movimenti in un resoconto delle attività svolte nel 2022, sottolineando come siano privilegiate “tutte quelle piattaforme che per la propria policy garantiscono l’anonimato e rendono più complicata l’identificazione degli autori dei messaggi».

Con le destre al potere

E proprio sulle destre si concentra la seconda parte del dossier, che sottolinea come, dopo un biennio di sostanziale invisibilità del tema migratorio (se non per la narrazione delle persone ucraìne arrivate nel nostro paese) si torni a cavalcare il tema partendo dall’utilizzo del linguaggio: «sul piano retorico e simbolico, la “nazione” ha ormai sostituito lo “stato”; i migranti, i richiedenti asilo e persino i naufraghi sono identificati con i “clandestini”; la “difesa dei confini nazionali ed europei” è tornata una priorità al fine di scongiurare la “sostituzione etnica” degli italiani “bianchi” da parte dei migranti africani “neri” e per tutelare “l’identità italiana”; nuove “invasioni” provenienti dai paesi africani sono annunciate come imminenti e volte a minacciare la “nostra sicurezza”. In questa cornice, la criminalizzazione dei migranti e di chiunque difende i loro diritti diventa uno degli assi portanti del razzismo istituzionale».

E così riprende la campagna di criminalizzazione contro le ong, che arriva a diventare un decreto: il decreto cosiddetto Piantedosi che ostacola i salvataggi in mare, vietandone più di uno, sanzionando e assegnando alle navi porti lontani, proprio per rendere maggiormente difficoltosa l’azione umanitaria.

Ma, come se non bastasse, segue il decreto Cutro, che prende nome dalla tragedia avvenuta il 26 febbraio scorso. Una tragedia evitabile, stando a quanto raccontano le intercettazioni da cui sono partite varie inchieste della magistratura. Tragedia cui è seguita una passerella governativa.

Un decreto che rende una corsa a ostacoli l’ottenimento del permesso di soggiorno, smantella la protezione speciale, colpisce il sistema di accoglienza per mantenere uno stato di emergenza permanente, incrementando il numero dei Centri per il rimpatrio, nonostante sia oramai palese che non funzionino e che siano solo una forma istituzionalizzata di detenzione che va contro i diritti delle persone migranti.

Stereotipi da decostruire

Che siano poi tanti gli stereotipi da decostruire sulla popolazione di origine straniera che abita nel nostro paese lo dimostrano non solo i fatti di cronaca ma anche le storie della pallavolista Paola Egonu e del TikToker Khaby Lame, che più volte si sono esposti, non senza essere oggetto di critiche e di incitamenti a ringraziare. Perché se si ha successo in Italia è perché l’Italia concede loro di averlo.

Da qui l’invito del dossier a «decostruire l’immaginario razzista attraverso un cambiamento della rappresentazione delle persone con background migratorio nei media, nel mondo dello spettacolo o dell’arte».

Perché è di certo importante che chi abita qui diventi riferimento e soggetto di riferimento per una parte di società sempre più numerosa e che spesso sceglie di diventare italiana, ma è altrettanto importante che si ammetta il razzismo che abita nel nostro paese e lo si contrasti culturalmente.

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