La British American Tobacco accusata di corruzione - Nigrizia
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Oltre 600mila dollari in “elargizioni” tra il 2008 e il 2013
La British American Tobacco accusata di corruzione
Due nuove ricerche diffuse dall’ong statunitense Stop denunciano potenziali pratiche di corruzione attuate in modo sistematico dalla multinazionale del tabacco per garantirsi il monopolio del mercato in almeno dodici paesi africani. Obbiettivo: dominare un mercato in potenziale espansione
15 Settembre 2021
Articolo di Michele Luppi
Tempo di lettura 4 minuti
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Una storia di affari e corruzione ha travolto nei giorni scorsi la British American Tobacco (Bat), colosso mondiale della produzione delle sigarette, accusata di pratiche illecite in Zimbabwe, Sudafrica e in altri paesi africani. Ad accusare l’azienda – proprietaria, tra gli altri, di marchi come Lucky Strike, Pall Mall e Kent, capace nel 2020 di vendere 650 miliardi di sigarette – sono due distinte inchieste rese pubbliche nei giorni scorsi.

Le prime accuse arrivano dall’ong americana Stopping tobacco organizations and products (Stop), lanciata nel 2018 dall’imprenditore ed ex sindaco di New York Michael Bloomberg, che ha rilanciato due rapporti basati sul lavoro dei ricercatori del Gruppo di ricerca e controllo sul tabacco dell’Università di Bath nel Regno Unito, in cui la corporation viene accusata di aver distribuito più di 600mila dollari sotto forma di denaro, automobili o donazioni elettorali a decine di politici, legislatori, funzionari pubblici, giornalisti e dipendenti di aziende concorrenti, tra il 2008 e il 2013, per favorire le attività dell’azienda.

I membri del gruppo di ricerca, potendo contare anche sulle informazioni di alcuni ex dipendenti della Bat e di documenti riservati, hanno così individuato 236 “pagamenti dubbi” effettuati in Burundi, Comore, Repubblica democratica del Congo, Kenya, Malawi, Rwanda, Sudan, Tanzania, Uganda e Zambia.

“Le potenziali pratiche corrotte del gruppo Bat in Africa non sono state opera di poche mele marce”, ha affermato in una nota Andrew Rowell dell’università di Bath. “La distribuzione geografica di questa attività, le infrastrutture utilizzate e il numero di dipendenti con ruoli di responsabilità coinvolti, suggeriscono che i pagamenti effettuati da Bat erano di routine”, aggiunge Rowell.

Una seconda indagine pubblicata dall’ong Stop si concentra invece sul Sudafrica, uno dei mercati più importanti per la British American Tobacco che controlla circa il 70% del mercato interno di sigarette. Qui, secondo quanto scrivono i ricercatori, la Bat avrebbe messo in piedi un sistema di sorveglianza e controllo illecito, con il coinvolgimento di un’azienda di sicurezza privata, nel tentativo non solo di contrastare la crescita del mercato nero di sigarette, ma anche di ostacolare i competitor che, dal 2000 ad oggi, si sono affacciati su mercato dell’Africa australe.

Accuse che vengono rilanciate in una distinta indagine indipendente dai giornalisti della Bbc, del Bureau of investigative journalism e dalla stessa Università di Bath. L’inchiesta, diffusa dal programma BBC-Panorama, si concentra sullo Zimbabwe e rivela come la Bat avrebbe pagato, a partire dal 2013, tangenti per un valore compreso tra i 300 e i 500mila dollari al partito al potere, lo Zanu-Pf dell’ex presidente Robert Mugabe, allo scopo di ottenere la collaborazione delle autorità nel contrastare le attività delle aziende concorrenti nel paese.

Non è la prima volta che le aziende produttrici di sigarette finiscono nell’occhio del ciclone accusate di pratiche illecite nel continente africano. Un’inchiesta del 2019 dell’ong svizzera Public Eye, rilanciata da Nigrizia, aveva dimostrato come le sigarette prodotte in Svizzera e commercializzate in Marocco da multinazionali del tabacco come Philip Morris e Japan tobacco international (Jti) fossero volutamente più forti (e quindi più tossiche) e capaci di creare più assuefazione di quelle vendute dalle stesse compagnie in Svizzera e Francia.

Ma perché le aziende del tabacco sono così interessate al mercato africano? I ricercatori dell’Università di Bath non hanno dubbi: la crescita della popolazione e la bassa età media (con il 60% degli africani sotto i 25 anni) fanno dell’Africa un mercato fondamentale per i produttori di tabacco, alle prese con il calo delle vendite in Europa e in nord America.

I dati dell’Organizzazione mondiale della sanità mostrano come in Europa le vendite di prodotti legati al tabacco siano calati del 38% negli ultimi vent’anni, grazie alle ripetute campagne di sensibilizzazione e all’aumento dei prezzi. In Africa le previsioni parlano invece di un potenziale aumento del 40% dei consumatori entro il 2025. Non c’è da stupirsi allora se, proprio qui, le lobby del tabacco stiano giocando la loro partita.

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