In costante crescita l’export di armi italiane in Egitto - Nigrizia
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Il valore delle vendite più che raddoppiato dal 2021 al 2022
In costante crescita l’export di armi italiane in Egitto
Oltre alle nuove licenze approvate, lo scorso anno sarebbero state sbloccate anche consegne relative a licenze precedenti, per un valore complessivo di oltre 334 milioni di euro. I dati nell’anticipazione del nuovo rapporto di Egyptwide
28 Settembre 2023
Articolo di Giulia Beatrice Filpi
Tempo di lettura 3 minuti

Secondo l’ong Egyptwide, nel 2022 l’Italia avrebbe raddoppiato il valore dei materiali d’armamento venduti all’Egitto, passando dai circa 35 milioni di euro del 2021 a oltre 72 per l’anno successivo.

Il 28 settembre a Roma, insieme ad altre associazioni per i diritti umani, l’organizzazione ha presentato alcuni elementi salienti del nuovo rapporto, che pubblicherà nei prossimi giorni.

La ricerca, condotta negli ultimi due mesi, prosegue e arricchisce lo studio Made in Italy per reprimere in Egitto, diffuso a maggio.

Secondo gli attivisti, l’esportazione di armamenti italiani verso il Cairo sarebbe in costante crescita dal 2018. Oltre alle nuove licenze approvate, nel 2022 sarebbero state sbloccate anche consegne relative a licenze precedenti, per un valore di ulteriori 262 milioni di euro.

Una preoccupante situazione dei diritti umani

Secondo i dati emersi durante l’incontro, il rispetto dei diritti umani in Egitto continua ad essere violato sistematicamente, e la situazione non sarebbe migliorata neanche dopo il lancio, nel 2021, della “Strategia nazionale per i diritti umani” da parte del Cairo.

«I miglioramenti sono solo sulla carta», ha dichiarato Tina Marinari di Amnesty International. Quest’anno, l’organizzazione ha sottolineato come l’Egitto sia ancora maglia nera per quanto riguarda la pena di morte in Africa, con 24 esecuzioni accertate nel 2022, a cui potrebbero aggiungersi sparizioni forzate e uccisioni extra-giudiziali.

Le organizzazioni per i diritti umani stimano inoltre che in carcere in Egitto ci siano circa 60mila prigionieri politici.

Cannelli automatici e materiale esplosivo

L’incontro di oggi ha evidenziato come i materiali esportati dall’Italia potrebbero contribuire a violazioni dei diritti umani e a pratiche sanzionate dal nostro paese.

«Una delle commesse più importanti – è quanto emerso durante l’incontro – ha riguardato cannelli automatici per le pistole. Un pezzo di ricambio che consente di sparare con armi da fuoco di una tipologia obsoleta, che attualmente non sono più in commercio in Italia, né in molti paesi europei, perché associate a un rischio elevato di attivazione involontaria».

Tra le ultime esportazioni monitorate, si segnala anche una «quantità notevole di TNT», «un componente utilizzato nelle mine anti-carro e anti-uomo» ha spiegato a Nigrizia Alice Franchini di Egyptwide.

«Sebbene l’Egitto non sia in guerra con nessuno – ha sottolineato Franchini – ha ceduto armamenti alla coalizione di Kalifa Haftar in Libia, all’Arabia Saudita e agli Emirati nell’aggressione allo Yemen, e ha quasi scatenato un conflitto con l’Etiopia per la gestione della diga sul Nilo (GERD)».

È interessante ricordare, a questo proposito, come nel 1997 l’Italia abbia firmato la Convenzione internazionale per la proibizione dell’uso, stoccaggio, produzione, vendita di mine antiuomo e relativa distruzione. «Non le produciamo. Ma permettiamo ad altri di produrle» è il commento di Franchini.

Repressione senza confini

Al tavolo della conferenza, i relatori hanno deciso di lasciare una sedia vuota per simboleggiare tutti gli attivisti egiziani che, pur avendo ottenuto asilo in Europa, non possono denunciare la situazione dei diritti umani nel loro paese perché tuttora esposti al rischio di ritorsioni.

«Riscontriamo varie forme di intimidazione e censura per silenziare gli attivisti, anche quando questi sono all’estero e gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato», spiega Franchini.

«Le persone vengono soggette a pressioni da parte di persone che, per esempio, le filmano durante gli eventi pubblici oppure vengono minacciate le loro famiglie, o ancora, minacce da parte dell’ambasciata di non rinnovare i passaporti», conclude.

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