Repubblica Centrafricana, il grande caos - Nigrizia
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Parla Mauro Garofalo, negoziatore della Comunità di Sant’Egidio
Repubblica Centrafricana, il grande caos
Il processo di pace resta al palo, l’ex presidente Bozizé, in esilio in Guinea-Bissau, fatica a gestire la sua variegata coalizione di milizie, mentre la Russia con il gruppo Wagner è più attiva che mai. Intanto Touadéra torna all’attacco per garantirsi un terzo mandato. Una situazione esplosiva e un inferno di violenza per la popolazione
31 Maggio 2023
Articolo di Ilaria De Bonis
Tempo di lettura 4 minuti
Immagine illustrativa (Credit: Vatican News)

La popolazione civile della Repubblica Centrafricana soffre terribilmente, stretta nella morsa tra gruppi armati ribelli sempre più acefali, e mercenari russi del gruppo Wagner fuori controllo.

Il processo di pace è fermo al palo – ancorato all’accordo quadro del 2019 che non evolve – ma la presenza dei contractors russi alle dipendenze del presidente Faustin-Archange Touadéra è più viva che mai. Un ulteriore dato rende tutto più fluido e incerto: l’ex presidente François Bozizé dal 3 marzo è in esilio in Guinea Bissau.

«La novità in questo momento – ci spiega al telefono Mauro Garofalo, negoziatore della Comunità di Sant’Egidio per la pace in Repubblica Centrafricana – è che la Coalition Patriotique pour le Changement di Bozizé ha molti problemi. È eterogenea, frammentata, comprende gruppi numericamente estesi che un tempo si facevano la guerra (anti-Balaka ed ex Seleka) ed ora sono forzosamente assieme, ed è priva di regia».

L’idea di un ulteriore quadro negoziale «non piace a nessuno ed è fuori discussione: il quadro è quello benedetto dalle Nazioni Unite e dall’Unione Africana, firmato a Bangui nel 2019 – conferma il diplomatico – Difficilmente si potrebbe dare il via ad un nuovo processo di pace differente da quello».

François Bozizé, presidente dal 2003 al 2013 non è più a N’Djamena, in Ciad, «da dove coordinava le attività del suo gruppo, ma è stato esiliato in Guinea-Bissau e questo ha indebolito molto la sua Coalizione». Un accordo tripartito tra Angola, Ciad e Repubblica Centrafricana, firmato a Luanda (Angola) il 17 febbraio scorso ha deciso per l’esilio in Guinée-Bissau, che ha accettato di accoglierlo per motivi “umanitari”.  

L’evidente indebolimento della Coalition non vuol dire però resa, né disponibilità al dialogo, precisa il diplomatico. La Coalizione patriottica per il cambiamento, pure acefala, «resta attiva e conta al suo interno gruppi numericamente superiori a quelli che avevano firmato l’accordo del 2019».

Con grande rischio per i civili soggetti all’arbitrio. «Ci sono stati per la verità dei colloqui tra governo e i gruppi armati che vorrebbero rientrare nell’accordo di pace ma non sappiamo assolutamente quando questo avverrà e in che termini», precisa ancora Garofalo.  

Dunque, da un lato Bangui vede un governo più forte anche grazie agli appoggi rwandesi e russi; e dall’altro si muovono senza uno scopo gruppi armati ‘ribelli’ che hanno difficoltà a coordinarsi e litigano per la leadership.

In questo contesto Touadéra, dopo aver nominato per decreto, lo scorso novembre, un nuovo presidente della Corte costituzionale – che aveva bocciato un suo primo tentativo di modifica della Costituzione per eliminare il vincolo di due mandati presidenziali e ricandidarsi nel 2025 -, torna all’attacco e indice un referendum costituzionale a luglio.

Civili ostaggio dei gruppi armati

Una situazione esplosiva che rende la vita impossibile alla popolazione, come raccontano i nostri missionari da anni impegnati nel paese. Suor Elvira Tutolo, della congregazione di Santa Giovanna Antida Touret, spiega: «qui si fa a gara a chi uccide di più: le forze armate centrafricane, il gruppo Wagner e le bande armate di ribelli con Bozize… In questa confusione si resta impuniti. E il popolo soffre».

Poi aggiunge: «la Francia e la Russia si combattono a distanza sulla testa e sulla vita del popolo centrafricano. I nostri giovani che avevano acclamato l’arrivo della Russia, stanchi del comportamento dell’ex potenza coloniale, cominciano ora ad accorgersi in quale situazione peggiore siano precipitati».

Mauro Garofalo precisa che la popolazione è ostaggio impotente sia degli atti violenti dei militari governativi che delle azioni dei gruppi armati. «In tutta onestà e pragmatismo – dice però – il secondo anno della presidenza di Touadéra lo Stato ha provato a riaffermare la sua autorità sui diversi territori». E a riportare un poco d’ordine. Ma quel che resta è «un senso di fatica enorme nei confronti dei gruppi armati che hanno messo a ferro e fuoco il paese».  

In questo fosco quadro, sempre meno rassicurante, le armi circolano con facilità e sulle mine anti-uomo si salta quotidianamente. Ne è un’ulteriore conferma l’incidente capitato a padre Norberto Pozzi, missionario carmelitano di 71 anni, originario di Lecco, che lo scorso 10 febbraio è saltato su un ordigno esplosivo ed è stato subito rimpatriato.

Nelle pagine del suo blog padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano prima a Bozoum poi a Baoro, scrive: «mercoledì mattina iniziamo una giornata di formazione sulle pompe dell’acqua, per i nostri alunni della scuola meccanica: questo permetterà loro di riparare le pompe manuali che ci sono in molti villaggi del paese».

E ancora: «Mercoledì pomeriggio parto per Bozoum, per accompagnare Jana e Ludmila, che resteranno nei prossimi giorni. E anche per visitare la comunità. E sono tre mesi esatti da quando l’auto di padre Norberto è esplosa al passaggio su una mina. Coraggio!».

 

 

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