L'Europa premia un’inchiesta sulla propaganda russa in Centrafrica
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Intervista al giornalista francese Carol Valade
Premio Caruana Galizia a un’inchiesta sulla propaganda russa in Centrafrica
Un documentario e un reportage raccontano da dietro le quinte il funzionamento della macchina del consenso del Cremlino per consolidare la sua presa sul potere in Repubblica Centrafricana. Nigrizia ha incontrato a Strasburgo Carol Valade, premiato assieme a Clément Di Roma
20 Ottobre 2022
Articolo di Michele Luppi (da Strasburgo)
Tempo di lettura 5 minuti
Manifestazione pro-russa a Bangui (Immagine tratta dal documentario "Centrafrique: le soft power russe")

L’influenza della propaganda russa ad opera del gruppo Wagner e di uomini vicini al Cremlino in Repubblica Centrafricana è al centro dell’inchiesta giornalistica a cui il parlamento europeo ha assegnato, il 19 ottobre, la prima edizione del premio intitolato a Daphne Caruana Galizia.

L’inchiesta, frutto di un lavoro sul campo durato oltre un anno, è stata realizzata da due giornalisti francesi – Carol Valade e Clément Di Roma – e ha portato alla realizzazione del documentario Centrafrique: le soft power russe, trasmesso dalla Tv franco-tedesca Arte e a un reportage per il quotidiano Le Monde.

Dopo diversi mesi di indagini i due giornalisti sono riusciti a guadagnarsi la fiducia degli agenti della propaganda russa nella Repubblica Centrafricana, le cui voci non erano mai state ascoltate in precedenza.

Senza pregiudizi, il loro documentario offre una testimonianza delle vittime dei mercenari ma anche dei loro sostenitori, per comprendere meglio i metodi di questa presa di potere, facilitata dal risentimento nei confronti della Francia.

La consegna del riconoscimento è avvenuta a margine della sessione plenaria che si è tenuta a Strasburgo, alla presenza, tra gli altri, di Matthew Caruana Galizia, il figlio della giornalista maltese di cui, proprio in questi giorni, ricorrono i cinque anni dell’uccisione. A ritirare il premio è stato Carol Valade che ha accettato di rispondere alle domande di Nigrizia.

Cosa si prova a ricevere un premio intitolato alla memoria di Daphne Caruana Galizia?

Questo è per me un grande onore, ma anche una grande responsabilità perché mi fa pensare a tutti i colleghi che hanno dato la vita facendo il proprio lavoro.

Penso all’Ucraìna, al Mali ma anche alla Repubblica Centrafricana dove abbiamo svolto questa inchiesta. Qui nel 2018 tre giornalisti russi (Orhan Djemal, Kirill Radchenko e Alexander Rasstorguyev) sono stati uccisi mentre conducevano investigazioni sul coinvolgimento del gruppo di sicurezza Wagner.

Quello che abbiamo voluto fare in Centrafrica è stato proprio continuare quello che loro avevano iniziato. In fondo il significato di questo premio per me è anche questo: se uccidi un giornalista ci sarà sempre qualcun altro che continuerà il lavoro.

Dalla vostra inchiesta emerge un ruolo di gruppi di potere vicini alla Russia impegnati non solo in campo militare, ma anche nella propaganda. Il documentario si apre con una manifestazione pro-Russia nel cuore di Bangui. Pensa che questo sia un modello replicato dalle compagnie private russe in altri paesi africani? Penso ad esempio al Mali e al Burkina Faso…

Certamente. Il modello portato avanti da compagnie private come Wagner poggia su tre pilastri: il primo è ovviamente quello di provvedere alla sicurezza dietro il pagamento di ingenti somme di denaro. In questo non c’è nulla di strano essendo a tutti gli effetti mercenari. Il secondo pilastro è il coinvolgimento in attività estrattive, come le miniere di oro e diamanti.

Il terzo – ed è la principale novità – è proprio la propaganda e la disinformazione. Abbiamo raccolto prove di come il gruppo pagasse le persone per partecipare alle manifestazioni: ogni persona riceveva l’equivalente di due euro per mezza giornata.

Propaganda per cosa?

Per giustificare la propria presenza nel paese, facendo passare l’idea che loro e la Russia siano lì per il bene dalla gente e la salvezza del paese, non certo per i propri interessi. Ma anche per cercare di coprire i crimini di cui sono stati accusati. Dal 2021 sono circolati report da parte di esperti legati alle Nazioni Unite che denunciavano crimini commessi in Centrafrica proprio da Wagner contro i civili: esecuzioni, stupri, furti, crimini di guerra. Per proteggersi hanno lanciato questa campagna di propaganda dicendo che i rapporti erano falsi e che c’era un tentativo dell’occidente di colpire la Russia.

Pensa che la guerra in Ucraìna stia cambiando il ruolo della Russia e dei gruppi che a lei si rifanno in Africa?

Credo ci siano due aspetti da evidenziare. Se guardo al Centrafrica, quando è iniziata la guerra c’è stata sicuramente una decrescita della presenza di uomini della Wagner perché molti sono stati spostati a combattere in Ucraìna. Quindi dal punto di vista militare c’è stato sicuramente un calo di influenza, ma dal punto di vista politico la presenza oggi è sicuramente più forte.

La Russia oggi guarda ai paesi africani come alleati politici importanti per non rimanere isolata e poter contare su un pacchetto di voti favorevoli (o, almeno, non contrari) in seno alle Nazioni Unite. Per questo è pronta a giocare la carta del cibo e dei fertilizzanti. La strategia dei gruppi che si rifanno al Cremlino è far passare sempre più l’idea che la democrazia non sia l’unico modello possibile, come dimostrerebbe il successo di paesi come Russia, Cina e Turchia.

Crede ci sia un responsabilità anche dell’Europa nell’aver favorito la crescita di questi gruppi?

Alcuni paesi europei hanno sicuramente delle colpe, soprattutto per il passato, ma restando al Centrafrica e guardando agli ultimi anni penso soprattutto alle responsabilità delle Nazioni Unite. Alcune migliaia di uomini del gruppo Wagner sono riusciti in quello che 14mila uomini della Minusca hanno fallito: liberare ampie zone del paese dalle milizie ribelli.

 

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