Mozambico: il contrabbando di legname prospera a Cabo Delgado
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Con questo business illegale si arriva a guadagnare fino a 1,8 milioni di dollari al mese, denuncia il governo
Mozambico: il contrabbando di legname prospera a Cabo Delgado
La provincia è da sette anni terra di conflitto. E i proventi di questo commercio potrebbero finire in tasca ai miliziani
20 Marzo 2024
Articolo di Brando Ricci
Tempo di lettura 5 minuti
Le foreste di Cabo Delgado. Foto di Ton Rulkens

Non solo gas naturale e rubini. Anche il legname potrebbe giocare un ruolo nella “maledizione delle risorse” che attanaglia Cabo Delgado, provincia settentrionale del Mozambico teatro da sette anni di un conflitto fra milizie armate ed esercito regolare. Fra le dinamiche scatenanti della guerra, a detta di diversi analisti concordanti, soprattutto le disfunzioni insite nei processi di sfruttamento di alcune delle ricchezze della regione.

Questi arricchiscono investitori stranieri ed elite ma non migliorano le condizioni delle popolazioni della provincia, tradizionalmente fra le più povere e trascurate del Mozambico. Da qui la rabbia e il senso di esclusione che funge da propellente per i gruppi armati, che a loro volta potrebbero sostenersi con lo sfruttamento di alcune materie prime.

Sarebbe appunto il caso del legname, bene impiegato massicciamente nel contrabbando. Il condizionale è d’obbligo. A fornire una panoramica sulla questione è l’annuale Rapporto nazionale di valutazione del rischio di finanziamento del terrorismo prodotto dal governo, a cui ha avuto accesso l’agenzia lusofona Lusa. Nel testo si specifica però che non è ancora possibile individuare una connessione certa fra i proventi della vendita illegale di legname e il finanziamento del terrorismo. Le aree di Cabo Delgado coinvolte però, epicentro di attività delle milizie, fanno pensare che il nesso ci sia.

I numeri in questione sono più che significativi. Stando alla ricerca di Maputo, i contrabbandieri di legname guadagnano dai loro affari 125 milioni di meticais al mese, circa 1,8 milioni di euro. Nel testo si spiega: «Le risorse sfruttate illegalmente hanno un alto valore commerciale, con i maggiori clienti provenienti dall’Asia, spinti da appetiti commerciali alla ricerca di materie prime».

Il Mozambico dispone di un vero e proprio tesoro a livello forestale. La selva copre oltre 31 milioni di ettari di terra, circa il 40% dei quasi 80 milioni di ettari di estensione del paese (799mila chilometri quadrati). Di questi poi, circa il 25% ricade in aree protette. Sebbene queste ultime, secondo l’analisi delle autorità di Maputo, presentino «un quadro giuridico solido e aggiornato che risponde adeguatamente agli standard normativi internazionali» tutto il resto dello scenario mozambicano mostra lacune importanti sul piano della governance. «Al di fuori delle aree di conservazione e nelle aree dove esiste una minaccia terroristica attiva, il monitoraggio è carente e/o quasi inesistente», si legge infatti sul documento del governo. Questo stessa dinamica si osserva anche lungo la costa, con il rischio che «il terrorismo possa finanziarsi anche con la pesca illegale».

Anche per quanto riguarda il controllo del riciclaggio di denaro e quindi di possibili flussi di finanziamento del terrorismo, lo stato mozambicano si dimostra carente. A oggi Mozambico fa parte della cosiddetta “lista grigia” stilata dalla Financial Action Task Force (FATF), un’organizzazione internazionale che sostiene i governi nel contrasto a riciclaggio e finanziamento di gruppi eversivi. I paesi della lista, che dal FATF vengono definiti «sottoposti a monitoraggio rafforzato», non si mostrano efficaci nel controllo di questi fenomeni e per questo collaborano con l’ente nell’ottica di migliorarne la gestione. 

Proprio in quest’ottica, nei giorni scorsi il Parlamento mozambicano ha approvato una serie di emendamenti alla legge che disciplina la materia in questione. Il nuovo provvedimento, secondo il ministro dell’economia Max Tonela, mira a «promuovere la trasparenza, l’efficienza e la sicurezza nel settore finanziario nazionale». Fra le misure previste dalla legge, l’obbligo per le aziende a dichiarare il nome del loro proprietario, procedura prima non richiesta in modo formale. 

Modifiche urgenti, vista la situazione denunciata nel testo del governo già citato. Il documento descrive uno panorama segnato da grande impunita: ogni anno vengono effettuate migliaia di segnalazioni di sospetto riciclaggio. Solo nel 2022, solo l’8,7% degli 8.500 episodi denunciati ha portato all’apertura di un processo e solo lo 0,35% è giunto a una sentenza. 

I canali tramite cui si sostengono le milizie attive a Cabo Delgado, auto dichiaratesi affiliate allo stato Islamico, sono diversi. Secondo il rappresentante in Mozambico dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC), Antonio de vivo, diversi segnali indicano che fra questi ci possa essere anche il traffico internazionale di stupefacenti.

La grande insidia dei crimini ambientali 

I crimini ambientali però, meritano sempre più attenzione. In questa definizione rientra anche il contrabbando di legname, a cui è connesso anche il disboscamento illegale. Un fenomeno che ha contribuito a fare dell’Africa il continente dove si è persa la maggior quantità di superficie forestale fra il 2010 e il 2020, con un tasso di ben 3,94 milioni di ettari distrutti ogni anno stando ai dati di un report della FAO. In questo stesso documento si calcola che il Mozambico è il decimo paese per territorio forestale perso ogni anno a causa della deforestazione, circa 223mila ettari ogni 12 mesi fra il 2010 e il 2020, pari allo 0,59% del totale delle foreste ogni anno.

Come specifica una scheda del WWF, il disboscamento illegale rappresenta la ragione di una parte minoritaria di questo disboscamento – la maggior parte è causato da attività agricole – ma la problematica è presente da anni nel paese e non accenna a diminuire di portata.

Dopo diversi mesi di relativa calma, da settimane le milizie armate sono tornate a colpire con regolarità a Cabo Delgado, tornando anche a occupare alcuni villaggi. Decine di migliaia di persone hanno dovuto lasciare le loro case per colpa delle ostilità. Il conflitto ha causato in tutto quasi un milioni di sfollati interni, di cui diverse centinaia di migliaia sono già tornati nelle loro case, ora nuovamente minacciate dalle violenze. 

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