Eritrea. Base russa nel Mar Rosso? - Nigrizia
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Preoccupa la recente sosta a Massawa di due navi da guerra russe guidate dai vertici della marina
Eritrea. Base russa nel Mar Rosso?
Con una sua base navale nelle strategiche acque africane, Mosca potrebbe completare una sorta di accerchiamento dell’Europa, strangolandola nel rifornimento dei beni che passano dal Canale di Suez
08 Aprile 2024
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 6 minuti
La fregata russa Marshal Shaposhnikov

Quando, all’inizio di marzo, la fregata Marshal Shaposhnikov, cacciatorpediniere della flotta russa dispiegata nel Pacifico è entrata nel Mar Rosso accompagnata dall’incrociatore missilistico Varyag, molti osservatori si sono chiesti con una certa preoccupazione quale potesse essere la missione delle due navi da guerra nel contesto delle attuali relazioni internazionali.

Dallo scoppio del conflitto a Gaza, il Mar Rosso è infatti diventato uno dei punti più caldi del pianeta. Nelle sue acque incrociano diverse missioni militari, tra le quali quella europea, Aspides – le cui operazioni sul campo si svolgono sotto il comando del contrammiraglio italiano Stefano Costantino – che ha il compito di difendere le navi commerciali dei paesi europei dagli attacchi che i ribelli houthi sferrano dal territorio yemenita sotto il loro controllo, per conto dell’Iran e a sostegno di Hamas.

Le speculazioni erano fomentate da dichiarazioni sibilline diffuse dai comunicati della stessa flotta russa nel Pacifico e riprese dalla Tass, l’agenzia di stampa ufficiale di Mosca, secondo cui le navi stavano svolgendo “compiti assegnati nel quadro di riferimento della campagna marina di lungo raggio”. Bloomberg osservava che la loro destinazione non era chiara e questo poteva costituire un fattore di inquietudine in più.

Inoltre nella zona la tensione rischiava di andare alle stelle per la concomitante ripresa degli attacchi houthi contro navi militari americane dopo giorni di relativa calma.  

Ma, almeno ufficialmente, il compito delle navi da guerra russe era di ben altro tenore. Secondo un twitt del ministero dell’Informazione eritreo, il loro obiettivo era celebrare il trentesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Asmara e Mosca.

Le due navi, al comando del vicecomandante della marina russa, ammiraglio Vladimir Kasatonov, si sono infatti dirette verso il porto eritreo di Massawa dove hanno attraccato il 28 marzo, ricevute con tutti gli onori del caso da comandanti militari e membri del governo. Alla fine della missione, la sera del 5 aprile, la delegazione russa ha anche incontrato il presidente Isaias Afeworki, per fare il punto sul raggiungimento degli obbiettivi concordati e il rafforzamento della collaborazione tra i due paesi. Niente di più preciso è, almeno per ora, trapelato.

Ma, seguendo i twitt ufficiali, o ufficiosi, diffusi da Asmara, si può intuire quale fosse uno dei punti all’ordine del giorno. Il 5 aprile, questa volta il Nationaler Interest, Centro di studi politici e strategici (Centre for Policy & Strategic Studies), postava: “La delegazione militare della Federazione russa, guidata dal vicecomandante della marina russa, ammiraglio Vladimir Kasatonov, accompagnato dal capo di stato maggiore dell’esercito eritreo, generale Filipos W/yohannes e da altri comandanti di grado elevato, stanno visitando diverse istituzioni lungo la costa del Mar Rosso”.

Dunque hanno insieme visionato i porti, e non è difficile immaginarne lo scopo: la ricerca di un luogo adatto per una base militare, cosa che spiegherebbe anche la presenza del vicecomandante della marina a capo di una delegazione spacciata per cerimoniale.

La Russia, si sa, è stata a lungo in trattative con il Sudan per una base militare sul Mar Rosso e l’accordo era ormai a portata di mano quando nel paese è scoppiata la guerra di cui, per ora, è difficile prevedere la fine. Ma a Mosca la base serve subito per mettere sotto pressione l’Europa, e l’Occidente in generale, anche con il controllo delle rotte commerciali che passano da quel braccio di mare che, dice il Boston Consulting Group, gruppo specializzato in consulenze aziendali, citato in un articolo di La Repubblica, costituiscono il 12% del commercio globale, il 40% di quello tra l’Asia e il nostro continente, il 30% del traffico globale dei container.

Con una base nel Mar Rosso, Mosca potrebbe completare una sorta di accerchiamento dell’Europa che si troverebbe a dover gestire le pressioni da est, ormai sembra perfino da alcuni paesi membri dell’Unione, e dal Mediterraneo, tramite i regimi amici del Cremlino insediati in tutta la fascia saheliana e le crescenti influenze anche nei paesi dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente, e si troverebbe infine a poter essere strangolata nel rifornimento dei beni strategici che passano dal canale di Suez.

Per Mosca, concordare l’apertura di una base militare in Eritrea dovrebbe essere piuttosto facile e veloce. Il paese è uno dei migliori amici della Russia in Africa. È tra il piccolissimo gruppo che, nell’assemblea generale dell’ONU, ha sempre votato no alle risoluzioni di condanna dell’invasione russa dell’Ucraìna. Per la prima, inizio di marzo 2022, era l’unico paese del continente, in compagnia di Bielorussia, Corea del Nord e Siria. Un anno dopo, 24 febbraio 2023, i paesi africani erano due, Eritrea e Mali.

All’ultimo summit Russia-Africa svoltosi l’anno scorso a San Pietroburgo, il discorso del presidente eritreo è stato decisamente filo-russo. Ne ha ricavato un carico di cereali in regalo, insieme ad alcuni altri paesi africani amici; nel Corno d’Africa la Somalia. Ma gli accordi sono andati oltre e hanno previsto anche una più stretta collaborazione militare.

Di una base militare russa nel paese si è parlato spesso negli ultimi anni. Sembra che uno dei posti presi in considerazione siano state le isole Dahlak, dove l’allora Unione Sovietica aveva avuto una concessione da parte del regime comunista di Addis Abeba, il Derg.

Ci sarebbe però una controindicazione. Dal 2012 sulle isole ci sarebbe una presenza della marina militare israeliana. Dopo lo scoppio della guerra a Gaza, le unità di Tel Aviv sarebbero state attaccate da uomini armati non identificati. Se le informazioni fossero credibili, e non c’è motivo di dubitarne, gli israeliani sarebbero ancora presenti nell’arcipelago, o almeno lo erano fino alla fine dell’ottobre scorso.

Altri scommettono invece sull’uso delle infrastrutture sviluppate, e recentemente abbandonate, degli Emirati Arabi Uniti ad Assab.

Insomma, l’unico dubbio relativo ad una prossima apertura di una base militare russa sulle coste dell’Eritrea riguarda il dove. Con ogni probabilità è stato sciolto durante la missione della delegazione russa svoltasi nel paese negli ultimi giorni.

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