L’accordo tra Etiopia e Somaliland scuote l’Africa orientale - Nigrizia
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Le belligeranti minacce della Somalia non frenano le mire espansioniste di Abiy Ahmed
L’accordo tra Etiopia e Somaliland scuote l’Africa orientale
Monta la tensione a Mogadiscio e nell’intera regione in vista della firma dell’intesa in base alla quale Hargeisa cederà 20 chilometri di costa ad Addis Abeba, in cambio del suo riconoscimento come Stato indipendente
16 Gennaio 2024
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 5 minuti
Il primo ministro etiope Abiy Ahmed (a sinistra) e il presidente del Somaliland presidente del Somaliland Muse Bihi Abdi alla firma del memorandum

Etiopia-Somaliland. L’accordo che ha suscitato uno tsunami nell’Africa orientale. Ѐ il titolo con cui il settimanale regionale The East African commenta l’accordo che garantisce all’Etiopia l’accesso al mare attraverso il porto di Berbera, nel Somaliland.

Il memorandum, firmato l’1 gennaio dal primo ministro etiope Abiy Ahmed e dal presidente del Somaliland Muse Bihi Abdi, assicura per i prossimi 50 anni il diritto di Addis Abeba di usare il porto e 20 chilometri di costa sul Golfo di Aden per fini commerciali.

Inoltre, in forza di un patto di collaborazione militare siglato nei giorni successivi, potrà anche aprirci una sua base navale. La zona sarà accessibile mediante un corridoio che attraverserà il territorio del Somaliland dal confine con l’Etiopia alla costa. Con ogni probabilità, in un futuro molto prossimo la striscia sarà attrezzata con vie di comunicazione che faciliteranno il trasporto delle merci, dei viaggiatori e dei mezzi militari.

In cambio Addis Abeba concederà al paese  quote in compagnie pubbliche etiopiche, come l’Ethiopian Airways, ma soprattutto riconoscerà il Somaliland come uno stato indipendente, un obiettivo cui ambiva dal giorno in cui aveva dichiarato unilateralmente la separazione dalla Somalia, nel 1991, e che sembrava irraggiungibile.

L’accesso al mare è considerato dalla leadership etiopica uno dei punti critici per lo sviluppo del paese. Abiy Ahmed lo aveva indicato come una priorità nel suo programma per il 2024, suscitando immediatamente un’ondata di irrequietezza nella regione, in particolare in Eritrea.

L’accordo del 1 gennaio può essere considerato come un’accelerazione, dovuta probabilmente alla necessità di compattare e rafforzare il suo governo, in crisi a causa della forte instabilità interna e del peso del debito che ne ha causato a dicembre il default.

L’ira di Mogadiscio

Com’era prevedibile, di fronte alla mossa etiopica, la Somalia, che considera il Somaliland come uno dei suoi stati federati, ha reagito immediatamente. Il suo presidente, Hassan Mohamud, ha dichiarato: «Come governo, abbiamo condannato e rigettato la violazione illegale dell’Etiopia della nostra sovranità nazionale e integrità territoriale». «Non un pollice di Somalia può o sarà ceduta da nessuno», invitando i somali a «prepararsi alla difesa della nostra patria».

Le sue dichiarazioni hanno infiammato i somali che sono scesi nelle strade per dimostrare il loro incondizionato appoggio al presidente e sono state immediatamente sostenute dalla comunità internazionale. ONU, Unione Africana, Unione Europea e altri, come Turchia e Cina, hanno espresso in modi diversi la condanna del patto che mette in gioco le relazioni in una regione già oltremodo problematica.

Dopo aver emanato una legge che intenderebbe annullare il memorandum d’intesa, nei giorni successivi il presidente somalo si è recato ad Asmara, per consultazioni con il presidente eritreo Isaias Afwerki. Una mossa che ha molto preoccupato i paesi dell’area e la comunità internazionale, timorosi che la tensione tra Etiopia e Somalia potesse coinvolgere anche l’Eritrea, con conseguenze funeste.

Molti hanno pensato a una possibile apertura di un nuovo conflitto nella già più che instabile regione, considerando l’irritazione di Asmara nei confronti di Addis Abeba a causa dell’accordo di pace per il Tigray.

Ma, da un certo punto di vista, l’incontro era inevitabile dal momento che il patto del primo gennaio ha fatto saltare quello tripartito di cooperazione firmato nel settembre del 2018 tra Mogadiscio, Asmara e Addis Abeba. Era perciò necessario per i due discutere del reciproco riposizionamento nell’alleanza.

Com’era prevedibile, la Somalia ha incassato l’incondizionato appoggio dell’Eritrea. Voci non confermate dicono addirittura che Asmara abbia già inviato un contingente militare a Mogadiscio allo scopo di rafforzare l’esercito somalo che non potrebbe reggere ad uno scontro con quello etiope. Questo genere di indiscrezioni testimoniano, se non altro, il fatto che la tensione nell’area è pericolosamente alta. La faranno probabilmente aumentare ulteriormente nuovi provvedimenti del governo etiopico.

Abiy Ahmed tira dritto

Secondo un post pubblicato oggi su X da Inside Africa (un’agenzia stampa con sede a Nairobi), la rappresentanza diplomatica del Somaliland ad Addis Abeba è stata elevata al rango di ambasciata, mentre il primo ministro Abiy Ahmed si prepara a visitare il Somaliland “indipendente” e a ratificare il controverso accordo.

Sarà la prima visita di un capo di stato straniero, un’occasione considerata davvero storica ad Hargeisa. Per ora la Somalia non ha rilasciato commenti, ma certamente i prossimi giorni saranno cruciali per la stabilità, e forse per la pace, nell’intera regione.

Va detto che altri attori potrebbero essere interessati a sostenere, a vario titolo e in modi diversi, uno dei due contendenti.

Sembra che il presidente somalo sia in costante contatto con l’Egitto che si oppone all’Etiopia a causa del mancato accordo sulla gestione delle acque del Nilo dopo l‘entrata in funzione della GERD, la grande diga etiope sul Nilo Blu.

L’Eritrea, secondo alcuni analisti, si presterebbe a fare da paladina sul campo degli interessi egiziani, oltre che ai propri intenti di rivalsa su Addis Abeba.

L’Etiopia, invece, potrebbe rivolgersi agli Emirati Arabi Uniti, che hanno già una presenza militare e commerciale a Berbera, in forza di un patto del 2019 in cui la gestione del porto era affidata per il 51% alla DP World, gigante emiratino della logistica, e per il resto ad Etiopia (19%) e Somaliland (30%).

Anche nel caso di quell’accordo commerciale Mogadiscio si era strenuamente opposta, ma non era riuscita a bloccarlo.

In conclusione, la decisione di Abiy Ahmed di giocarsi la credibilità interna con una spinta sull’accesso al mare ha già avuto gravi ripercussioni sulla regione e potrebbe fare da catalizzatore per la resa dei conti relativa da altri problemi irrisolti anche oltre la regione stessa. Ma potrebbe non essere senza conseguenze sulla stessa Etiopia, o almeno sulla sua leadership.

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