Ciad: un paese da ricostruire - Nigrizia
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Il racconto
Ciad: un paese da ricostruire
La morte del presidente Idriss Deby non ha influito sulla vita quotidiana della popolazione, preoccupata a sopravvivere in un paese che trent’anni di regime non hanno visto crescere. Una testimonianza dalla città meridionale di Fianga
06 Maggio 2021
Articolo di don Silvano Perissinotto
Tempo di lettura 5 minuti
Sciopero insegnanti Ciad
Insegnanti in sciopero il 5 ottobre 2020 a Fianga (Facebook)

Popoli, tradizioni e culture si incrociano in questo paese sub-sahariano, grande almeno quattro volte l’Italia, nel quale, oltre al francese, si parlano 132 diverse lingue. Le reazioni all’improvvisa morte del presidente Idriss Deby Itno e alla presa del potere da parte di un Consiglio militare transitorio guidato dal figlio Mahamat, sono dunque comprensibilmente diverse a seconda dell’appartenenza linguistica, politica, sociale e religiosa dei cittadini.

Alcuni abitanti di N’Djamena intervistati giorni fa da un giornalista dell’emittente Rfi (Radio France Internationale) parlavano di tristezza e di inquietudine. Qui a Fianga, capoluogo del dipartimento di Mont d’Illi, nella regione di Mayo-Kebbi Est, a circa 400 km a sud della capitale, la gente si esprime spesso con un semplice “paix à son ame”, all’indirizzo del defunto presidente.

I problemi sono altri, perché l’inquietudine della quale parlavano gli intervistati nella capitale, qui si riverbera – come d’altronde in tutto il paese – nell’ordinaria precarietà nella quale vive la maggioranza della popolazione. Ordinaria precarietà di una nazione che è tra le ultime nell’indice di sviluppo umano (186 posto in classifica) e ai primi posti per quanto riguarda la corruzione. Dati che aiutano a capire che questa nuova transizione, dopo 30 anni di presenza al potere della famiglia Deby, trova una popolazione che è solo quotidianamente intenta a sopravvivere.

Uno dei segni del declino dello stato sono le tantissime “cattedrali nel deserto”, spuntate qua e là nel sud del paese all’indomani dell’avvio dell’estrazione petrolifera: ospedali e scuole costruite a metà, perché i lavori sono stati abbandonati quando il prezzo del petrolio è crollato.  

Una precarietà che riguarda agli ambiti più importanti della vita di uno stato democratico: scuola, salute pubblica e lavoro.

Scuola

Ѐ dal 2016 che in Ciad la scuola funziona male a causa di scioperi a singhiozzo, mancanza di salari adeguati, differenze educative fra città e campagna, inadeguatezza nella formazione di maestri e professori, mancanza di mezzi (internet a scuola qui è solo un sogno). Cinque anni che stanno segnando in maniera negativa la formazione delle giovani generazioni e dunque il futuro concreto di questo paese.

Probabilmente almeno 60% delle classi scolastiche viene riparato ogni anno dai genitori con degli steli di miglio. I maestri pagati dai genitori, talvolta ricevono salari così bassi (10 € al mese) che preferiscono passare il loro tempo al mercato o nei bar. I maestri pagati regolarmente dallo stato ricevono invece salari molto più alti (fino a 300 € al mese) e questo divario fa sì che ci siano grosse diversità a livello educativo. Tale differenza è dovuta in parte anche alla mancanza di una visione e di una programmazione dell’attività scolastica sul piano nazionale.

Salute pubblica

Chi va al dispensario o all’ospedale deve pagare una “tassa” per poter essere curato. Questo in sé non è il problema. Il vero problema è che alla tassa normale (il ticket) si applicano poi altre tasse non richieste (corruzione) per cui andare in ospedale diventa un vero e proprio salasso finanziario per gran parte della popolazione.

Accanto alla salute pubblica si trovano poi tutta una serie di personaggi che aprono il loro ambulatorio personale (non autorizzato dallo stato ma tollerato) dove la gente va a farsi curare perché i costi sembrano essere più bassi, rispetto a quelli applicati nei dispensari e negli ospedali. Spesse volte però, non si conosce la provenienza dei medicinali (a parte quelli rubati nelle farmacie degli ospedali e poi rivenduti sul mercato) e quale sia la loro reale efficacia nel combattere le malattie.

Va ribadito che dietro a tali medicinali di scarsa qualità c’è un fiorente mercato transnazionale che fa intascare miliardi di dollari a chi li produce. È un problema presente in tutta l’Africa sub-sahariana e in altri paesi poveri del mondo. In alcuni paesi lo stato tenta di fermare tale redditizio traffico. In altri paesi si fa poco o nulla. Come qui in Ciad. Il risultato negativo di tale situazione è che alcune malattie, invece di essere debellate, diventano più resistenti ai farmaci, e qui in Africa questo è ufficialmente riconosciuto per quanto riguarda la malaria, la tubercolosi e l’anemia C e B.

Lavoro

Allevatori e agricoltori. Questi lavori occupano la vita della maggior parte della gente. C’è poi una classe medio-bassa fatta di amministratori, commercianti, militari, per arrivare poi ad una piccola parte della popolazione detentrice del potere politico ed economico.

La scuola forma soprattutto secondo un’educazione di tipo occidentale, ma sono carenti le scuole professionali e tecniche. In questi ultimi anni sono fiorite molte scuole per infermieri, che però, una volta terminati gli studi non trovano lavoro. E allora sono sempre più gli infermieri che fanno della loro casa un centro di salute con le conseguenze di cui sopra.

La stessa agricoltura permette di avere ciò che serve per vivere (sussistenza) ma sono poche le esperienze per aiutare e formare contadini capaci di andare oltre alla mera economia di sussistenza. Va poi detto che molti giovani dopo la scuola primaria o secondaria cercano lavoro da altre parti e in altri paesi, soprattutto africani. Pochi parlano di questa emigrazione inter-africana, che rappresenta invece il flusso migratorio più importante dell’intero continente.

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