Algeria-Francia: come arrivare a una memoria condivisa? - Nigrizia
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Riunita a Costantina la commissione nata per venire a capo di una stagione altamente divisiva tra i due paesi
Algeria-Francia: come arrivare a una memoria condivisa?
Un primo passo è stata la restituzione agli algerini di alcuni oggetti appartenuti all’emiro Abdelkader, eroe della resistenza. Complicato sanare le tante ferite. Si tenta, tuttavia, di porre le basi per un possibile reciproco riconoscimento
27 Novembre 2023
Articolo di Luciano Ardesi
Tempo di lettura 5 minuti

Si è riunita per la prima volta in Algeria, a Costantina, la commissione franco-algerina relativa alla memoria della colonizzazione, che al termine dei lavori, il 22 novembre, ha rimesso ai due governi un pacchetto di azioni da intraprendere.

Tra le proposte figura un gesto altamente simbolico: in primo luogo la restituzione agli algerini di alcuni oggetti appartenuti all’emiro Abdelkader, eroe della resistenza algerina e figura di grande spiritualità, sconfitto e fatto prigioniero in Francia nel castello di Amboise (1848-52). Tra questi oggetti, la spada, il burnus, mantello tradizionale, e una copia del Corano. Altri oggetti di personalità eminenti della storia algerina, e in possesso della Francia, dovrebbero essere restituiti con tempi attualmente imprevedibili vista la complessità del loro status giuridico, alcuni infatti sono in mano di privati.

Sul piano più propriamente storico, la commissione propone la stesura di una cronologia dei fatti rilevanti, la compilazione di una bibliografia con fonti di entrambe le parti. Inoltre, viene suggerito lo scambio di ricercatori, una quindicina per ciascun paese, che abbiano accesso alle fonti mediante soggiorni nel paese dell’altra parte.

Si consiglia, poi, un lavoro di ricerca e di identificazione dei cimiteri e delle tombe degli algerini sepolti in Francia. Si discute anche di digitalizzare e mettere a disposizioni centinaia di migliaia di documenti, due milioni approssimativamente, per l’indispensabile lavoro di scambio e confronto delle fonti storiche. Non sarà un lavoro semplice: in Francia alcuni archivi sono ancora sottoposti al segreto militare, come ad esempio quelli relativi agli esperimenti atomici francesi nel Sahara algerino (1960-66).

La disputa

La commissione è stata varata nel gennaio di quest’anno con la designazione dei cinque storici francesi da parte di Parigi da affiancare a quelli già nominati da Algeri. È presieduta, da parte algerina, da Mohamed Lahcen Zighidi, e da Benjam Stora per quella francese.

La costituzione di una commissione mista era stata lanciata nell’agosto 2022 nel corso della visita del presidente francese Macron a Algeri, dopo una lunga disputa proprio sulla memoria della colonizzazione francese in Algeria, che aveva contribuito ad avvelenare il clima tra i due paesi, ma che ovviamente non è stato il solo fattore. Basti ricordare la diversità di posizioni a livello internazionale: la leadership algerina nel movimento dei non allineati, o il tema delle migrazioni algerine in Francia con la comunità del paese nordafricano che rappresenta quella più numerosa. Anche il tema del terrorismo è stato divisivo con vittime cittadini di origine francese in Algeria, ad esempio il rapimento e l’uccisione dei sette monaci di Tibhirine (1996).

Per capire meglio il significato del lavoro della commissione franco-algerina bisogna comprendere come si colloca questa “memoria”, non solo da un unto di vista materiale o umano – come i beni sottratti dalla colonizzazione e il milione tra morti e feriti durante la guerra di liberazione algerina (1954-62) –, ma soprattutto simbolico.

Territorio francese

Nell’immaginario collettivo la Francia, tranne una minoranza, non ha mai perdonato agli algerini di averle fatto perdere ciò che considerava un territorio metropolitano, dove vivevano un milione di europei, in stragrande maggioranza francese residente da più di una generazione. Per Parigi non era una colonia, come altri paesi in Africa subsahariana, o un protettorato, come ad esempio il Marocco.

Oltretutto questa “amputazione” è avvenuta con la più lunga lotta di liberazione di quegli anni che ha dato un posto di primo piano nel mondo decolonizzato all’Algeria. D’altro canto nell’immaginario collettivo algerino, la Francia ha rappresentato la quintessenza, non solo dello sfruttamento economico, tipico di qualunque impresa coloniale, ma della politica di annientamento dell’identità, attraverso massacri che si sono succeduti fin dall’inizio della colonizzazione (1830) e oltre l’indipendenza nazionale (1962) e che continua con l’attentato alla dignità della sua popolazione immigrata in Francia.

Come si arriva a una normalizzazione?

La storia ha sedimentato nella memoria di entrambe le parti tali e tanti dolori, odi, rancori, ricordi di violenze e ingiustizie che diventa impossibile una normalizzazione. Non c’è riuscita la politica degli scambi economici e commerciali, la cultura, la lunga comune frequentazione, si pensi agli algerini che vivono in Francia. Muovendosi su un terreno carsico, le opposte memorie riaffiorano periodicamente, impedendo una completa normalizzazione tra i due paesi.

Ci hanno provato tutti i governi francesi, con alterne vicende. Quanto agli esecutivi algerini, il problema della memoria riaffiora ogniqualvolta si aprono nel paese crisi di democrazia. La memoria diventa, allora, uno strumento di difesa interno, di ricompattamento dell’opinione pubblica disorientata dai suoi dirigenti a causa della mancanza di trasparenza, della lotta tra clan, della corruzione…

Le ammissioni di Macron

Macron è forse colui che con più determinazione ha cercato il superamento degli ostacoli della memoria, favorito dal fatto che lui stesso è estraneo alla colonizzazione diretta, se non altro per ragioni anagrafiche, è nato nel 1977. Ha iniziato con gesti altamente simbolici, come nel 2021 il riconoscimento della responsabilità francese dell’assassinio di Maurice Audin, francese nato in

Algeria ma favorevole all’indipendenza algerina.

Macron ha poi affidato allo storico francese nato in Algeria, Benjamin Stora, il compito di redigere un rapporto sulla questione della memoria e sulle possibile vie di uscita. Reso pubblico nel gennaio 2021, il Rapporto Stora ha suscitato un acceso dibattito in Francia come in Algeria, con critiche da entrambe le parti.

Nel frattempo, nel marzo dello stesso anno l’Eliseo ha riconosciuto la responsabilità dello stato nell’assassinio di Ali Boumendjel, uno dei leader della lotta di liberazione algerina. La disputa mai sopita ha portato infine alla nascita della commissione mista.

È presto per dire se siamo a una vera svolta. In primo luogo siamo solo all’inizio, nuove riunioni si susseguiranno nei prossimi mesi. Inoltre, il lavoro sulla memoria s’intreccia con le alterne vicende delle relazioni diplomatiche dei due paesi. I gesti simbolici con cui dovrebbe essere disseminato il percorso dovranno essere nutriti da una conoscenza condivisa. Non si arriverà a una storia scritta congiuntamente dalle due parti, ma almeno a porre le basi per un possibile reciproco riconoscimento, che non potrà comunque prescindere dalla quotidianità del vissuto dei due popoli.

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