Somalia: il ritorno di Hassan Sheikh Mohamud - Nigrizia
Politica e Società Somalia
Il paese ha un “nuovo” presidente
Somalia: il ritorno di Hassan Sheikh Mohamud
Islamista moderato vicino al movimento della fratellanza islamica, ha impostato la sua campagna sui temi della riconciliazione nazionale. Il primo presidente rieletto nella storia della Somalia ha davanti sfide colossali sul piano umanitario, securitario e finanziario. Tra le prime reazioni il ritorno di un contingente degli Stati uniti dopo il ritiro nel 2021
17 Maggio 2022
Articolo di Bruna Sironi (dal Kenya)
Tempo di lettura 6 minuti
Il presidente uscente Mohamed Abdullahi Mohamed "Farmajo" e il nuovo capo dello stato Hassan Sheikh Mohamud

Domenica 15 maggio, con un ritardo di ben 15 mesi, il nuovo parlamento somalo ha eletto il presidente del paese per i prossimi 5 anni. Il successore di Mohamed Abdullahi Mohamed, conosciuto con il soprannome di Farmajo, presidente uscente, è Hassan Sheikh Mohamud che lo aveva preceduto dal 10 settembre 2012 al 16 febbraio 2017. Ѐ il primo presidente rieletto nella storia della Somalia.

Hassan Sheikh Mohamud è nato il 29 novembre del 1955 in una cittadina rurale del distretto amministrativo di Hiran, nello stato federale di Hirshabelle, nella Somalia centrale. Si è laureato in ingegneria all’Università Nazionale Somala e si è specializzato in India, ma è sempre stato particolarmente interessato all’insegnamento e alla formazione degli insegnanti.

Alla caduta del regime di Siad Barre, nel 1991, ha lavorato per l’Unicef proprio nel settore dell’educazione. Ѐ uno dei pochissimi politici somali a non aver mai lasciato il paese, neppure negli anni piú critici della guerra civile. Nel corso degli anni Novanta è diventato un noto attivista impegnato per la riconciliazione tra i clan e la pace nel paese.

Dal 2001 ha partecipato alle attività dell’organizzazione somala Centro per la ricerca e il dialogo (Centre for Research and Dialogue), con ricerche nel settore della ricostruzione post bellica. Ha lavorato inoltre come consulente di diverse organizzazioni dell’Onu e del governo di transizione.

Ѐ considerato un islamista moderato. Ha legami con al-Islah, la sezione somala della fratellanza musulmana, che, durante gli anni del conflitto, ha giocato un ruolo vitale nella ricostruzione del sistema educativo del paese, aprendo numerose scuole sul modello di quelle islamiche sudanesi ed egiziane.

Ѐ stato anche vicino all’Unione delle corti islamiche che hanno dato un governo stabile al paese all’inizio degli anni Duemila, fino al 2006, quando furono battute dall’Etiopia, di fatto su mandato della comunità internazionale. Per la sua attività, e mentalità, improntata alla riconciliazione e al dialogo, è considerato un avversario pericoloso dal gruppo terroristico al-Shabaab che l’ha fatto segno di diversi attentati.

Hassan Mohamud ha impostato anche la sua campagna elettorale sui temi della riconciliazione, della ricostruzione della fiducia tra il governo centrale e gli stati federali, e sul consolidamento di relazioni pacifiche con i paesi della regione. Ha vinto con 214 voti, contro i 110 di Farmajo che si è piazzato secondo. L’elezione, cui hanno partecipato 327 parlamentari, è avvenuta attraverso tre votazioni successive, durante le quali sono stati eliminati i contendenti che avevano ottenuto minori consensi.

Una corsa per la presidenza “titanica”, titola il quotidiano somalo Garowe online, che si è conclusa a tarda notte, cui hanno partecipato 39 contendenti che avevano pagato 40mila dollari per essere autorizzati dalla commissione elettorale ad entrare in lizza. Hassan Mohamud ha vinto con il sostegno di altri importanti candidati. Alla terza votazione Said Abdullahi Deni, presidente del Puntland e acerrimo oppositore del presidente uscente, il più votato nella prima tornata, e l’ex primo ministro Hassan Ali Khaire, hanno concentrato sul suo nome le proprie preferenze.

Il presidente uscente, Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo, ha ammesso la sconfitta e ha chiesto ai somali di sostenere il nuovo presidente, che è stato immediatamente insediato. Non era scontato dato che aveva fatto di tutto per prolungare il suo mandato (scaduto l’8 febbraio 2021), anche in maniera incostituzionale, impegnando il paese in un braccio di ferro sul processo elettorale che lo ha portato quasi sull’orlo della guerra civile nell’aprile 2021 e ha determinato lo scivolamento della nomina del suo successore di oltre un anno.

Minacce esterne e interne

L’elezione si è svolta in una città blindata in cui è stato imposto il coprifuoco dalle 9 di sera di sabato 14 maggio alle 6 del mattino di lunedì 16 maggio. Durante le operazioni di voto, svoltesi presso la sede dell’ex aviazione militare, la sicurezza è stata affidata alla missione di pace transitoria dell’Unione africana (African Union Transition Mission, Atis), chiaro segno del clima in cui il nuovo presidente è stato eletto.

I candidati dell’opposizione, infatti, non si fidavano degli apparati di sicurezza governativi, accusati di essere manovrati dal presidente in carica in suo favore. Inoltre, durante il periodo elettorale, al-Shabaab aveva intensificato i propri attacchi terroristici allo scopo di bloccare o almeno di influenzare il processo, intimidendo nel modo piú “convincente” possibile coloro che dovevano garantirlo.

Target delle loro azioni sono stati indifferentemente leader comunitari da cui dipendeva l’elezione dei parlamentari, alti funzionari governativi ed esponenti dell’opposizione, spesso attaccati nel centro stesso della capitale. Solo la scorsa settimana almeno quattro persone sono state uccise non lontano dall’aeroporto internazionale di Mogadiscio, probabilmente la zona più protetta del paese.

Alla notizia della conclusione della tormentata votazione, le strade di Mogadiscio e delle aree residenziali dei rifugiati somali in Kenya e in altri paesi, si sono riempite di persone che festeggiavano il nuovo presidente e la sua elezione pacifica. Il noto analista politico Rashid Abdi ha twittato: “Oggi la Somalia ha dato una lezione su come disfarsi di una dittatura senza spargimento di sangue”.

Vecchie e nuove sfide

Hassan Mohamud eredita un paese in grave crisi. Sul piano istituzionale, dovrà ricucire la spaccatura con i governi degli stati federali che ha caratterizzato la vita politica somala degli ultimi anni. Dovrà occuparsi di limitare la corruzione pervasiva, il traffico di armi e l’influenza di al-Shabaab, ormai diffusa in quasi ogni settore istituzionale ed economico del paese.

Dovrà affrontare immediatamente la peggiore crisi climatica e alimentare degli ultimi quarant’anni che, secondo dati ufficiali, ha già ridotto sull’orlo della morte per fame almeno 3 milioni e mezzo di persone su una popolazione totale di circa 16 milioni. Lo dovrà fare nel contesto della crisi internazionale provocata dall’aggressione russa all’Ucraina che sta provocando, anche in Somalia, un aumento dei prezzi delle derrate alimentari di base e dell’energia.

Il suo predecessore gli ha lasciato da gestire anche relazioni regionali particolarmente complesse e potenzialmente conflittuali. Tra i primi a congratularsi per la sua elezione è stato il primo ministro etiopico Abiy Ahmed. La Somalia, attraverso l’Eritrea, ha sostenuto, anche con l’invio di un contingente militare, il conflitto di Abiy nel Tigray.

Il cambio a Mogadiscio potrebbe però modificare le alleanze o almeno limitare l’impegno a fianco di Addis Abeba. Lo spera il presidente dello stato regionale del Tigray, Debretsion Gebremichael, che nella sua lettera di congratulazioni sottolinea l’influenza del suo predecessore nell’attuale instabilità della regione. Conta in un cambio di passo anche il Kenya, le cui relazioni diplomatiche con Mogadiscio sono state particolarmente problematiche negli anni scorsi, per la definizione dei confini marittimi.

Pieno sostegno al nuovo presidente è stato espresso anche dalla comunità internazionale. Il suo mandato inizia con lo sblocco di 400 milioni di dollari da parte del Fondo monetario internazionale, aiuti a lungo sospesi a causa dell’impasse politico-elettorale. Una boccata d’ossigeno che suona come un buon auspicio.

Segnali positivi sono arrivati anche da Washington con l’annuncio di Biden del ritorno degli Stati Uniti nel paese con l’invio di un contingente di poco meno di 500 soldati per addestrare ed equipaggiare le forze armate somale. Gli Stati uniti – che hanno una lunga e tormentata storia di presenza nel paese – si erano ritirati l’ultima volta dalla Somalia nel gennaio 2021, su ordine emanato un anno prima dall’allora presidente Trump.

 

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