Sudan: alla CPI ripreso il processo a Ali Kushayb per crimini in Darfur
Armi, Conflitti e Terrorismo Sudan
L’ex capo delle milizie janjaweed deve rispondere di 31 capi di accusa davanti alla Corte penale internazionale
Sudan: ripreso il processo della CPI ad Ali Kushayb per i crimini in Darfur
19 Ottobre 2023
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 3 minuti

Ѐ ripreso nei giorni scorsi alla Corte penale internazionale dell’Aja (CPI), in Olanda, il processo ad Ali Muhammad Ali Abdelrahman, conosciuto come Ali Kushayb, il colonnello dei colonnelli, uno dei più importanti leader delle milizie janjaweed che hanno devastato il Darfur nel primo decennio di questo secolo.

Dovrà rispondere di 31 capi di accusa per fatti accaduti in gran maggioranza tra l’agosto del 2003 e il marzo del 2004, durante i quali si registrarono 504 vittime civili, 20 stupri e la fuga di 41mila persone dai numerosi villaggi attaccati nel periodo, di pochi mesi, considerato.

Ali Kushayb ha militato anche nelle Forze di difesa popolare (PDF), nate a ridosso del colpo di Stato orchestrato nel 1989 dal Fronte nazionale islamico che ha portato al potere il presidente Omar El-Bashir, deposto da una mobilitazione popolare nell’aprile del 2019.

Le PDF erano una milizia islamica inquadrata nell’esercito nazionale, incaricata in particolare di proteggere il governo islamista, garantendo l’adesione della cittadinanza e la punizione esemplare degli oppositori.

Nella fase del processo iniziata il 16 ottobre verranno sentiti diversi testimoni dei crimini di cui Ali Kushayb è accusato. Tutti saranno indicati con una sigla per proteggerne l’identità, segno chiaro del pericolo di esporsi, ancora adesso, a quasi vent’anni dai fatti in esame.

I colpevoli e i committenti di quelle efferate azioni sono infatti ancora tutti, o quasi, a piede libero.

El-Bashir e Ahmad Harun ancora a piede libero

Il processo che si celebra all’Aja dovrebbe avere un altro imputato, Ahmad Harun, che nel periodo considerato era sottosegretario al ministero degli interni nel governo sudanese.

Tra le sue funzioni, la gestione del Tavolo per la sicurezza in Darfur che prevedeva il coordinamento delle forze impegnate nella campagna militare contro l’insurrezione nella regione, cioè l’esercito, i servizi di intelligence e le milizie tribali o private, tra cui spiccavano i janjaweed.

Ahmad Harun è effettivamente ricercato dalla Corte penale internazionale fin dall’aprile del 2007 ma risulta finora latitante. Così come lo stesso presidente, ricercato per 10 imputazioni che comprendono crimini di guerra e contro l’umanità e 3 tentati genocidi.

El-Bashir e Ahmad Harun, insieme ad alcuni altri leader pure ricercati dalla CPI, sono stati imprigionati all’indomani della caduta del regime.

Le discussioni sulla loro consegna al tribunale internazionale si sono prolungate per mesi durante il governo di transizione e hanno costituito un punto di frizione tra i militari, che li hanno protetti, e le forze civili.

Allo scoppio del conflitto, il 15 aprile scorso, tutti sono riusciti ad evadere dal carcere di massima sicurezza dove erano rinchiusi.

El-Bashir sarebbe ora in un ospedale militare dell’esercito ad Omdurman. Nelle scorse settimane Ahmad Harun sarebbe stato segnalato nel Sudan Orientale dove starebbe sostenendo attivamente il ritorno al potere del vecchio regime islamista, trainato da molti leader dell’esercito.

Ali Kushayb è dunque finora l’unico a dover rispondere davanti ad un tribunale dei crimini commessi in Darfur.

Dallo scoppio del conflitto tra l’esercito nazionale e le milizie delle Forze di intervento rapido (RSF), sei mesi fa, il Darfur è di nuovo teatro di crimini efferati, compreso almeno un tentativo di genocidio, quello ai danni dei masalit, stanziati nel Darfur Occidentale.

Non si può non chiedersi quale impatto abbia avuto sulle modalità dello scontro nella regione la quasi totale impunità dei responsabili delle atrocità precedenti.

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