Tunisia: alta tensione a Sfax - Nigrizia
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La violenza è aumentata dopo il discorso di febbraio del presidente Saied, il quale è intervenuto pesantemente pure ieri
Tunisia: alta tensione a Sfax
Crescono gli scontri tra subsahariani e popolazione locale. Ci è scappato pure un morto tunisino. Poche settimane fa a morire era stato un beninese. I residenti sono scesi in piazza per protestare contro la presenza dei migranti. Le ong locali parlano di deportazioni in Libia di alcuni di loro
05 Luglio 2023
Articolo di Redazione
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Continua a esserci alta tensione a Sfax, in Tunisia, tradizionale punto di partenza per molti migranti in cerca di nuove opportunità in Europa. Da 3 giorni, di notte, ci sono scontri tra migranti subsahariani e popolazione locale. Lunedì è morto un tunisino. Grazie alle telecamere di sorveglianza, sono state individuate tre persone subsahariane che, ha spiegato il portavoce del tribunale di Sfax, sono state arrestate per «omicidio premeditato».

L’episodio, dai contorni ancora nebulosi, rischia di innescare una nuova spirale di violenza nel paese nordafricano più vicino alle coste dell’Italia, ormai prossimo al default finanziario secondo tutte le agenzie di rating.

Si tratta, comunque, della seconda vittima in poco più di un mese dopo l’uccisione di un 30enne del Benin, aggredito da un gruppo di giovani di Sfax.

La tensione è aumentata negli ultimi mesi e la scorsa settimana centinaia di residenti sono scesi in piazza per protestare contro la presenza dei migranti, che considerano una “minaccia” alla loro sicurezza.

Sfax centrale per le partenze

Secondo i media locali, la polizia è spesso intervenuta usando gas lacrimogeni per porre fine agli scontri. Sfax, nella Tunisia centrorientale, è il punto di partenza di un gran numero di attraversamenti di migranti verso l’Italia. I suoi abitanti protestano regolarmente contro la loro presenza nella città e ne chiedono la partenza.

La Guardia nazionale di Tunisi, si legge in una nota, ha fermato negli ultimi giorni 300 migranti di vari paesi dell’Africa subsahariana.

Discorso di odio

Nei quartieri popolari, dove normalmente vivono molti subsahariani, spesso scoppiano violenze verbali e fisiche tra le due parti. Questa violenza è aumentata dopo un discorso del 21 febbraio del presidente Kais Saied, quando ha chiesto una rigorosa applicazione della legge sulle condizioni di soggiorno in Tunisia, ipotizzando che ci sia, attraverso il fenomeno migratorio, un tentativo di cambiare la composizione demografica del paese per «considerare la Tunisia come uno stato africano senza affiliazione araba e islamica». Parole ampiamente rilanciate sui social network dai movimenti populisti e che hanno diffuso un odio razziale che probabilmente covava, ma non era dichiarato.

E ieri Saied è tornato sul tema affermando che «la Tunisia rifiuta di essere un paese di transito per i cittadini subsahariani”

Diverse ong locali e internazionali hanno poi denunciato «gli incitamenti all’odio e le intimidazioni contro i migranti (provenienti dall’Africa subsahariana) trasmessi sui social network che contribuiscono alla mobilitazione contro i gruppi più vulnerabili e alimentano comportamenti violenti nei loro confronti».

Il Forum tunisino per i diritti economici e sociali ha stimato che sarebbero 21mila i subsahariani che a vario titolo sono presenti sul suolo tunisino. Molti se ne sono andati dal paese dopo le prime violenze ai loro danni scattate in seguito all’annuncio di Saied.

Respingimenti forzati

Secondo la ricostruzione di Refugees in Libya sarebbero avvenuti anche alcuni respingimenti forzati di migranti verso la Libia, dove tante cose succedono senza che possano essere verificate. La mattina del 2 luglio un gruppo di venti migranti e richiedenti asilo sarebbe stato espulso verso il confine a sud della Tunisia da militari e agenti delle forze di sicurezza.

 

E proprio ieri c’è stato un colloquio telefonico tra Saied e il primo ministro libico di Tripoli Abdelhamid Dbeibah. Il tema principale del colloqui, stando all’ufficio stampa della presidenza tunisina, sarebbe stato proprio come affrontare il fenomeno dell’immigrazione irregolare.

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