“Il conflitto in Etiopia ha un solo responsabile: il Fronte di liberazione del popolo tigrino” - Nigrizia
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Lettera aperta di Abiy Ahmed al presidente Usa
“Il conflitto in Etiopia ha un solo responsabile: il Fronte di liberazione del popolo tigrino”
Il 18 settembre scorso, il primo ministro ha replicato alle sanzioni Usa minacciate da Joe Biden contro Addis Abeba. Difendendo a spada tratta il proprio operato, accusando di terrorismo il Tplf tratteggiando i caratteri del potere tigrino e chiedendo a Washington pieno sostegno
21 Settembre 2021
Articolo di Berhane Yesus Woldemariam
Tempo di lettura 6 minuti
Abiy Ahmed

Il primo ministro etiopico Abiy Ahmed ha replicato con una lunga lettera aperta alle sanzioni ventilate da Joe Biden. Il presidente Usa ha infatti minacciato di porre in atto un ordine esecutivo (rivolto all’Etiopia ma anche a Tplf (Fronte di liberazione del popolo tigrino), Eritrea e governo regionale amhara) che prevede l’introduzione di sanzioni di varia natura se questi soggetti ostassero proseguire il conflitto civile iniziato nel novembre 2020 nel Tigray, che tuttora imperversa nel nord del paese e che il Tplf ha esteso invadendo le regioni di Afar e Amhara.

L’intento della lettera di Abiy, oltre che porre in contesto storico le motivazioni del conflitto, è di chiarire vari aspetti della vicenda al fine di aiutare il presidente Biden a farsi un quadro meno pregiudiziale e più obiettivo della complessità della situazione. Abiy sottolinea inizialmente come questo conflitto abbia purtroppo affossato le speranze della nuova generazione etiopica di vivere finalmente in un clima di pace dopo gli anni di terrore della dittatura di Menghistu Haile Mariam e in tempi più recenti la guerra di confine contro l’Eritrea (1998-2000), che ha provocato oltre 100mila vittime.

La crisi è scoppiata dopo le tensioni tra governo federale e regione del Tigray sullo svolgimento delle elezioni generali dell’agosto 2020: Addis Abeba aveva deciso di rinviare il voto a causa della pandemia e il Tigray era andato avanti per conto proprio. La causa occasionale è stato un attacco, il 20 novembre 2020, delle forze militari del Tplf contro una caserma dell’esercito federale. Va ricordato che il Tplf, prima dell’arrivo di Abiy Ahmed nel 2018, per 27 anni aveva monopolizzato la scena politica del paese come gruppo dominante della coalizione governativa del Eprdf che nel 1991 aveva sconfitto la dittatura di Menghistu.

«Fatti travisati»

Definendo il Tplf una organizzazione terroristica, Abiy lo rende responsabile del conflitto e della distruzione del paese. Lo accusa apertamente di aver provocato la disastrosa crisi umanitaria venutasi a creare, di servirsi di bambini soldato come carne da cannone, di aver pianificato l’invasione delle regioni Afar e Amhara approfittando del cessate il fuoco unilaterale posto in atto dal governo federale. E ancora, di dare un’immagine distorta degli eventi, demonizzando il governo centrale e giocando il ruolo di vittima di fronte ai governi e all’opinione pubblica internazionale.

Così scrive Abiy: «I numerosi sforzi intrapresi dal governo per dare stabilità alla regione e rispondere alle necessità umanitarie nel contesto di ostilità provocato dal Tplf sono stati totalmente mistificati e travisati. In tal modo, nei mesi scorsi le crescenti e indebite pressioni internazionali su una nazione dell’Africa in pieno sviluppo, con un illimitato potenziale per conseguire prosperità, si è andata ingigantendo lungo questi mesi. Questa incessante pressione – basata su doppi standard – è sorta da una orchestrata distorsione di accadimenti relativi alle operazioni volte a ripristinare ordine e legalità nella regione».

Sottolineando i rapporti di amicizia e di collaborazione tra Etiopia e Stati Uniti, soprattutto in riferimento alla lotta in Somalia al terrorismo di al-Shabaab, affiliato di al-Qaeda, Abiy prosegue: «Per quasi 30 anni le varie componenti e identità unite sotto la bandiera etiopica sono state sfruttate da una cricca che ha esercitato il potere perseguendo i propri interessi a spese di milioni di etiopici, inclusa la popolazione povera della regione tigrina.

La soppressione del dissenso politico – prosegue la missiva – la palese violazione dei diritti umani basilari, il processo di rilocazione e spostamento di popolazioni, il soffocamento dei diritti democratici e l’indebita appropriazione della macchina dello stato e delle sue istituzioni: tutto ciò è avvenuto per l’avidità di un gruppo ristretto che per 27 anni ha dominato il paese rispondendo solo a se stesso; e per il silenzio totale di molte nazioni occidentali, inclusi gli Stati Uniti. Gli anni tra il 2015 e il 2018, che hanno segnato il risveglio del paese e portato alla caduta del potere Tplf grazie a un’ampia insurrezione popolare, testimoniano la presa di posizione che decine di milioni persone hanno assunto in risposta alla politica criminale con cui il Tplf ha soggiogato l’Etiopia.

La policy di mettere i gruppi etnici uno contro l’altro per difendere i propri interessi – sostiene Abiy – non è purtroppo cessata nel 2018, quando la mia amministrazione ha assunto le redini del potere. Si è al contrario evoluta e intensificata sotto altre modalità, vestendo i panni del vittimismo etnico, mentre al tempo stesso finanziava agenti dediti a creare divisione e instabilità in tutte le aree del paese».

«In gioco la sicurezza regionale»

Il primo ministro rimarca quindi – a conferma della volontà popolare di sostenere il governo federale da lui guidato e il mandato offerto al governo di gestire il paese nei prossimi cinque anni – che le elezioni nazionali del 21 giugno 2021 sono state riconosciute libere e trasparenti. E ricorda che 40 milioni di etiopici, pur nel timore espresso da molti sia all’interno del paese che all’estero, hanno condotto l’esercizio elettorale senza gravi episodi di violenza e in pieno clima democratico.

Diversamente dalle precedenti tornate elettorali, sostiene Abiy, quando il governo si era garantito la vittoria attraverso elezioni truccate o comunque manipolate e segnate da gravi atti di violenza.

E il primo ministro aggiunge: «Mentre le minacce alla sicurezza nazionale, regionale e globale continuano a essere una componente basilare della difesa d’interessi da parte degli Usa in molte parti del mondo, nessuno finora ha spiegato perché l’amministrazione Usa non abbia assunto una posizione più risoluta contro il Tplf, che l’ufficio della sicurezza interna statunitense aveva definito organizzazione terroristica per le violenze perpetrate già negli anni ’80».  

Nella parte finale della lettera, oltre a ribadire l’ipocrisia del Tplf, Abiy insiste sulla radicata collaborazione finora offerta dall’Etiopia alla guerra al terrorismo lanciata da anni dagli Usa e scrive a Biden: «Nello stesso modo in cui i suoi predecessori hanno capeggiato la “guerra globale al terrore”, la mia amministrazione, sostenuta da decine di milioni di etiopici che desiderano pace, sviluppo e prosperità, stanno portando avanti nel paese la nostra “guerra al terrore” contro le intenzioni e azioni distruttive del Tplf che pone una seria minaccia sia alla stabilità dell’Etiopia che dell’intero Corno d’Africa.

Come l’Etiopia è fedele alleato degli Usa nel combattere il terrorismo di al-Shabaab, ci attendiamo che gli Usa siano a nostro fianco di fronte all’organizzazione terroristica che minaccia la stabilità delle nazioni del Corno. Il popolo americano e numerosi altri paesi occidentali sono stati fuorviati da relazioni e racconti scorretti come pure da distorsione di dati che per mesi hanno dipinto all’estero le vittime come oppressori e gli oppressori come vittime, attraverso campagne di denigrazione e media digitali monopolizzati da chi appoggia il Tplf. La storia, tuttavia – conclude Abiy – sorride a chi cerca la verità. Perciò sono certo che la verità prevarrà in questa nazione di cui tutti gli etiopici vanno fieri».

 

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