Etiopia: tensione in aumento tra governo e TPLF - Nigrizia
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Le elezioni del 2024 in Tigray al centro del braccio di ferro tra gli ex ribelli e Addis Abeba
Etiopia: tensione in aumento tra governo e TPLF
Un mese fa la Commissione elettorale negava il riconoscimento come partito del movimento, impedendogli, di fatto, di prendere parte alle elezioni del prossimo anno in Tigray
15 Giugno 2023
Articolo di Giuseppe Cavallini
Tempo di lettura 4 minuti
Il premier etiopico Abiy Ahmed (a sinistra) con il presidente del TPLF Debretsion Gebremichael

Dopo vari mesi di miglioramenti nelle relazioni tra le autorità federali e il governo provvisorio del Tigray, potrebbero sorgere nuovi motivi di disputa tra il TPLF (Fronte di liberazione del popolo del Tigray) e il governo di Addis Abeba.

Cessate le ostilità con gli accordi di Pretoria e rimossa la designazione del TPLF come formazione terroristica lo scorso marzo, infatti, i leader tigrini il 12 maggio avevano presentato alla Commissione elettorale un ricorso con la richiesta di essere di nuovo riconosciuti ufficialmente come partito, dopo che nel 2021 il governo aveva cancellato tale riconoscimento in seguito all’azione militare che aveva innescato il conflitto, lanciata nel novembre 2020 dall’esercito del Tigray.

Un’operazione che, per Addis Abeba, aveva rappresentato un’evidente violazione e una rivolta contro l’ordine costituzionale.

La Commissione elettorale guidata da Birtukan Mideksa (NEBE -National Election Board of Ethiopia) ha però respinto il ricorso del TPLF, che intende prendere parte alla competizione elettorale del prossimo anno nel Tigray.

Il respingimento della richiesta di cancellazione del decreto governativo, aveva spiegato Mideksa, è motivata dal fatto che, benché siano decadute le motivazioni originali in base alle quali la decisione era stata presa, non esiste una disposizione legale che ne consenta l’annullamento.

Tensione crescente

Se Addis Abeba dovesse ostinarsi a perseguire questa strada, però, la situazione potrebbe di nuovo precipitare, e il fronte di conflitto con lo Stato-regione del nord potrebbe aggiungersi a quello, mai cessato, nello Stato-regione dell’Oromia.

Il 16 maggio i leader del TPLF avevano protestato contro la decisione della NEBE, sostenendo che “violava gli accordi di pace di Pretoria e ne inficiava la validità”.

L’amministrazione regionale ad interim del Tigray (IRA), dal canto suo, ha definito “inaccettabile sia sul piano legale che politico” che la NEBE avesse rigettato il ricorso, sottolineando che la sentenza minaccia l’esistenza stessa dell’IRA, poiché il TPLF ha un ruolo molto importante in essa.

Obiettivo elezioni

Tra l’altro la NEBE ha recentemente annunciato che ha avviato la preparazione alle elezioni del 2024 in Tigray dopo che nel 2021 le votazioni nazionali non si sono potute tenere nella regione, devastata dalla guerra.

Da notare che nell’accordo di Pretoria il TPLF aveva implicitamente riconosciuto l’illegittimità della competizione elettorale svoltasi nello stato-regione nel settembre 2020, non riconosciuta dal governo.

In vista delle prossime elezioni, la NEBE ha invece registrato altri partiti tigrini, non coinvolti direttamente nel conflitto, tra cui Salsay Weyane Tigray e National Congress Party (Baytona). Partiti che non si sono finora espressi in merito alla decisione di non riconoscere il TPLF.

Braccio di ferro

Le opinioni di tigrini membri di altri partiti rispetto al TPLF variano molto: da chi sostiene che il non riconoscimento potrebbe condurre di nuovo alla guerra, a chi afferma che dietro la decisione della NEBE vi sia la benedizione del primo ministro Abiy Ahmed che mirerebbe alla creazione di un cuneo tra il TPLF, che sta perdendo adesioni e potere, e l’IRA.

C’è chi pensa che le autorità federali ritengano che sono i tigrini oggi ad avere maggior bisogno di Addis Abeba, e non il contrario.

E che Abiy Ahmed cercherà una soluzione negoziata della controversia, per ottenere altre concessioni.

Giochi di potere

Gebremeskel Hailu, professore associato presso la School of Law della Mekelle University, dal canto suo, mette in discussione l’intera legittimità del processo seguito dalla NEBE, che si è resa procuratore e giudice al tempo stesso nei confronti del TPLF.

Secondo lui dovrebbe essere stato un organo neutrale a considerare la legittimità del TPLF come partito e a decidere al riguardo, e sottolinea che, di fatto, il TPLF non ha avuto modo di difendere la propria causa, un diritto non concesso che mette in dubbio la decisione assunta.

Secondo il professore il rifiuto di ridare legalità al TPLF come partito contravviene lo spirito degli accordi di Pretoria perché si è fissato su un’interpretazione estremamente legalistica e ristretta nel decidere.

Benché infatti non vi siano nell’accordo termini specifici che salvaguardano l’esistenza del TPLF, la scelta di formare congiuntamente un’amministrazione regionale provvisoria presume il riconoscimento giuridico del TPLF come organizzazione legittima.

La NEBE aveva peraltro ordinato l’esproprio del fondi del TPLF per coprire i debiti del partito e sostenere l’educazione civica ed elettorale.

Per cui il professore sospetta che il motivo che sta dietro la sua recente decisione sia di fare in modo che il TPLF rimanga finanziariamente debole.

L’opinione di Gebremeskel, inoltre, è che un eventuale nuovo nome e un nuovo programma politico del TPLF potrebbe rivelarsi una benedizione, in quanto ne favorirebbe la riconquista della credibilità perduta.  

Il 22 maggio, Debretsion Gebremichael, presidente del TPLF, in un intervento con la stampa, ha affermato che il suo partito non presenterà una nuova richiesta di registrazione.

«Sarebbe come chiedere a una persona di 50 anni di ricominciare da capo», ha detto «continuerebbe ad esistere ma col rischio di dissolversi e scomparire».

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