Sognando insieme - Nigrizia
Chiesa e Missione Pace e Diritti Sud Sudan
Sud Sudan/Parla il nuovo vescovo di Rumbek
Sognando insieme
Christian Carlassare, missionario comboniano appena nominato vescovo, interpreta il suo episcopato come il proseguo di due sogni e impegni: per il paese che ha sete di pace e per la Chiesa chiamata a rispondere alle provocazioni di papa Francesco.
14 Marzo 2021
Articolo di Filippo Ivardi Ganapini
Tempo di lettura 5 minuti
carlassare

Papa Francesco l’ha scelto perché ama il popolo, consuma le suole dei suoi sandali per incontrare persone, famiglie e comunità e ha l’odore delle pecore. Soprattutto padre Christian sa ancora sognare come chiede Francesco nell’enciclica Fratelli Tutti (Ft): “Com’è importante sognare insieme! Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi solo quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme. Sogniamo come un’unica umanità…” (Ft 8)

Il sogno per il Sud Sudan

Dentro una terra martoriata dai conflitti, padre Christian sogna che la violenza si tramuti in tenerezza, la rabbia in un cuore pacificato, l’insoddisfazione in coraggio nel darsi da fare, la paura in fiducia e dialogo come dichiara a Nigrizia

Le sfide del paese sono sempre state al centro delle preoccupazioni di padre Christian. Oggi il Sud Sudan è sempre più in ginocchio a causa dei continui scontri intercomunitari, della terribile crisi economica che ha portato in insicurezza alimentare metà della sua popolazione, del petrolio e dell’oro espropriati alla gente e del Covid che imperversa.

Scriveva Christian sulle pagine di Nigrizia nello scorso mese di febbraio: “le dinamiche della guerra si sono appropriate delle logiche politiche, il paese è dominato da un élite militare che ne divora le risorse ed è smembrato attraverso tutto il territorio in molti gruppi etnici costretti a salvaguardare l’accesso alle risorse e la loro stessa esistenza”.

Il Sud Sudan arranca a un anno dalla formazione del governo di unità nazionale incapace di agire in profondità sulle cause strutturali dell’impoverimento della gente. Anche la firma della pace il 18 settembre 2018, il cui processo era stato criticato dalle Chiese e la successiva formazione del governo non avevano troppo illuso la popolazione. Da allora, come da copione, le violenze si sono riaccese nelle regioni di Jonglei, Alto Nilo, Bahr-al-Ghazal ed Equatoria.

Siamo ai livelli più alti di scontri dalla firma della pace dopo un conflitto che ha insanguinato il paese dal 2013. L’indipendenza del 2011 e la nascita del 54° paese africano, comunque tra mille incognite, erano state salutate con grande entusiasmo da una popolazione ormai stanca di lotte fratricide per la terra, il bestiame e il petrolio.

Il sogno per la Chiesa del Sud Sudan

Oggi il giovanissimo paese è tornato a vivere con l’incubo di scontri continui e per questo padre Christian continua a sognare una Chiesa che non si arrende ma che è pronta a fare la sua parte per opporre alla violenza e all’odio la parola di speranza e di amore del Vangelo. Una Chiesa del popolo, delle piccole comunità cristiane, domestica, fondata sull’esperienza di Gesù di Nazaret, povera e per poveri, vicina alla gente:

Il percorso di padre Christian

La terra di san Daniele Comboni, il Sudan, era nei sogni di padre Christian sin dai banchi di scuola. Del resto a Schio (Vi), sua terra natale, ha respirato la testimonianza di Santa Josephina Bakhita originaria del Darfur, nella parte occidentale del Sudan. Straordinaria donna e suora sudanese che ha incontrato Gesù Cristo e dato una svolta alla sua vita dopo essere stata ripetutamente venduta ai commercianti di schiavi.

Christian coltivava così in tenera età il desiderio appassionato di addentrarsi nell’Africa Centrale per condividere, con quei fratelli e sorelle fuori dall’orbita degli interessi umani ma al centro dei riflettori di Dio, quel Vangelo che ha sempre accompagnato i suoi passi. Già il giorno della sua nascita é eloquente per un missionario: 1 ottobre, giorno di Santa Teresa del Bambino Gesù patrona delle missioni.

Era il 1977 e Dio cominciava la sua opera in lui facendogli incontrare i missionari comboniani. Dopo gli studi filosofici a Firenze e il noviziato a Venegono Superiore (VA) studia teologia a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana dal 2000 al 2004. Proprio nel settembre del 2004 è ordinato sacerdote a Verona seguendo le orme di Daniele Comboni.

Qualche mese di studio dell’inglese e via verso il Sudan tra il popolo nuer presso la Holy Trinity Parish (Old Fangak County), nello stato di Jonglei, dove rimane per undici anni. Di questo popolo Christian si innamora imparando bene la lingua e la cultura. Dal 2017 si occupa a Juba, capitale del Sud Sudan, della formazione dei giovani comboniani sudanesi durante i primi passi missionari. Dal 2020 ad oggi è stato Vicario Generale della Diocesi di Malakal.

La nuova sfida a Rumbek

L’8 marzo scorso papa Francesco l’ha nominato vescovo nella giovanissima diocesi di Rumbek, a sud del paese, nata solo nel 1975, dove sono presenti soprattutto cristiani dinka, l’altra grande etnia del paese. 13 parrocchie, 60.000 Km² di superficie nell’intero stato dei Laghi e una parte dello stato di Warrap, oltre un milione e mezzo di abitanti con il 12% circa di battezzati la diocesi presenta diverse sfide per padre Christian: immergersi in una nuova lingua e cultura sempre in forte rivalità con quella nuer, lavorare sodo per la pace e la riconciliazione, mettersi in ascolto di comunità e preti non sempre facili da accompagnare, accogliere il testimone e la scomoda eredità del suo predecessore e “padre del popolo”, Cesare Mazzolari, morto nel luglio del 2011, una settimana dopo la dichiarazione dell’indipendenza.

Un pastore appassionato che ha condiviso con il popolo sudanese la lunga agonia di guerre, violenze e espropriazioni di risorse liberando schiavi, costruendo scuole, dando coraggio alle comunità cristiane.

La sera del 9 luglio 2011, giorno della proclamazione dell’indipendenza del Sud Sudan padre Cesare condivideva con i confratelli: “È un sogno che si è avverato. Siamo agli inizi di una nuova storia. Ora il mondo intero dovrà impegnarsi a far sì che il domani di questa nuova nazione sia migliore del suo martoriato passato. E noi comboniani, come in passato, siamo chiamati a fare la nostra parte”. Nigrizia cammina con te e con il tuo popolo, caro Christian, per fare la nostra parte. Insieme teniamo alto quel sogno.

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